Campioni Mondiali Juniores: grandi promesse, più o meno mantenute…

Il titolo di campione mondiale a livello juniores venne istituito dalla Federazione Internazionale nel 1978: in questa piccola scheda proviamo a verificare quale sia stata la carriera ed i risultati ottenuti dai giocatori insigniti nel corso degli anni di questo prestigioso titolo.

Il titolo di campione mondiale a livello juniores venne istituito dalla Federazione Internazionale nel 1978 per premiare, con dei criteri in parte simili a quelli utilizzati per la compilazione della classifica ATP, il giovane che avesse ottenuto i migliori risultati nei tornei di categoria (principalmente i tornei dello Slam e l’Orange Bowl, ma non solo). In questa piccola scheda proviamo a verificare quale sia stata la carriera ed i risultati ottenuti dai giocatori insigniti nel corso degli anni di questo prestigioso titolo, prendendo in esame, almeno per il momento il periodo che va dall’istituzione del titolo al 1990.

Campioni Mondiali Juniores (1978-1990) – 1°parte (Maschile)

Il 1978 propone come campione l’allora cecoslovacco Ivan Lendl (1960), uno che non ha certo bisogno di presentazioni: 94 titoli ATP, 8 successi Slam su 19 finali disputate, 270 settimane da n.1 del mondo, spiegano solo in parte la grandezza di questo giocatore. Il campione 1979 giunge invece dall’Ecuador, paese che già diede i natali ad un’altra grande promessa mancata, Ricardo Ycaza, uno che da junior se la giocava con John McEnroe: in questo caso si tratta di Raul Viver (1961), giocatore dotato di buon talento ma di scarse qualità agonistiche, il quale arrivò al massimo al 94°posto mondiale, facendo centro solo in qualche torneo challenger, prima di intraprendere una discreta carriera come tecnico e capitano di Coppa Davis.

Il 1980 vede invece in vetta un giocatore destinato ad una carriera certamente migliore: parliamo del francese Thierry Tulasne (1963), capace di arrivare al 10° posto mondiale intorno alla metà degli anni ’80; giocatore tignoso, dotato di grande carica agonistica, si distinse soprattutto sulla terra rossa, dove conquistò 8 delle 9 finali ATP disputate (5 le vittorie: Bastad, Bologna, Palermo, Barcellona e Metz indoor).

Grande annata quella del 1981 che vede sugli scudi un altro grande giocatore, l’australiano Pat Cash (1965), indiementicato campione di Wimbledon 1987: giocatore dal carattere estroso ma molto fragile fisicamente, votato ad un brillantissimo serve & volley, vinse altri sei titoli ATP, arrivando sino al quarto posto mondiale e contribuendo alla conquista della Coppa Davis nel 1983 e 1986; non riuscì però a trionfare nell’agognato torneo di casa, l’Australian Open, nel quale perse le finali del 1987 e 1988 rispettivamente contro Edberg e Wilander ed entrambe in 5 combattuti set.

La qualità rimane altissima anche col campione 1982, il mancino francese Guy Forget (1965), giocatore di talento spesso ottimo “piazzato” nei tornei dello Slam (mai oltre i quarti di finale), ma vincitore di ben 11 titoli (fra cui due Master Series nel suo anno d’oro, il 1991: Cincinnati e Parigi Bercy, entrambi in finale su Pete Sampras), in una carriera di tutto rispetto, che l’ha visto arrampicarsi sino al quarto posto del ranking ATP. Ottimo doppista, vanta anche 28 titoli e 2 finali Slam nella specialità. Col campione 1983 si sale ancora di livello: unico giocatore capace di completare il Grande Slam a livello giovanile, fu ovviamente premiato lo straordinario svedese Stefan Edberg (1966), un altro per il quale ogni parola è superflua: n.1 del mondo sia in singolare che in doppio, 2 Australian Open, 2 Wimbledon, 2 Us Open (solo una finale a Parigi, persa con Michael Chang), la Coppa Davis, 36 altri titoli sono il biglietto da visita di uno dei giganti del nostro sport.

Decisamente meno fortunato il 1984 con l’assegnazione del titolo al mancino australiano Mark Kratzmann (1966), buon giocatore d’attacco ma alla resa dei conti piuttosto fragile sia mentalmente che fisicamente, il quale arrivò al 50° posto ATP in singolare, ritagliandosi un buon ruolo come doppista (specie in coppia col connazionale Darren Cahill), specialità nella quale conquistò 18 titoli, raggiungendo il 5° posto mondiale; dopo il ritiro si è “riciclato” come giocatore professionista di cricket. Il primo dei due italiani ad essere insigniti di questo titolo in campo maschile è, nel 1985, il romano Claudio Pistolesi (1967): dotato di un gran dritto, ottenne dei discreti risultati in singolare (best ranking 71°) ed un titolo ATP a Bari nel 1987, giocando però il torneo migliore a Montecarlo nel 1988, quando batté il n.2 del mondo Mats Wilander in un grande match, prima di perdere nei quarti dall’argentino Martin Jaite.

foto andrea cherchi

Migliore fu la carriera del vincitore per l’annata 1986, lo spagnolo Javier Sanchez (1968), fratello minore di Emilio ed Arantxa, capace di arrivare al 23° posto mondiale in singolare (4 titoli, Buenos Aires, Tel Aviv e 2 volte Bologna su 12 finali disputate), raggiungendo 2 volte i quarti di finale agli Us Open e vincendo 26 titoli di doppio, con vari compagni. Ancora l’Australia è il paese d’origine del campione 1987, Jason Stoltenberg (1970): giocatore dotato di un buon braccio ma non di grandisismo temperamento, arrivò in semifinale a Wimbledon nel 1996, sconfitto dal futuro campione Richard Krajicek. Per lui 4 titoli ATP, su ben 13 finali giocate (Manchester, Birmingham e due volte Coral Springs) ed un best ranking di n°19, oltre ad alcuni titoli in doppio ed alla partecipazione alla Coppa Davis.

Il venezuelano Nicolas Pereira (1970), cui fu assegnato il titolo nel 1988, era un giocatore d’attacco, senza dubbio dotato di notevole talento ma, per limiti fisici e caratteriali, non riuscì ad esplodere nel tennis professionistico: nonostante alcune vittorie su giocatori di alto profilo (Gilbert, Gomez e soprattutto Becker ed Edberg) ed un grande match perso al quinto set a Wimbledon dal n.1 del mondo Ivan Lendl, la sua carriera non decollò limitandosi a raggiungere il 74esimo posto mondiale ed a conquistare 2 tornei ATP (Bogotà 1994 e Newport 1996), prima di ritirarsi ancora giovane per seri problemi al ginocchio.

L’alloro del 1989 andò allo svedese Nicklas Kulti (1971): balzato agli onori della cronaca quando, a soli 14 anni venne etichettato come “nuovo Borg”, ottenendo un ricco sponsor, ebbe una carriera importante a livello giovanile, non seguita da una altrettanto brillante fra i pro. Dotato di grande fisico e ottimo servizio, si aggiudicò tre tornei di singolare (2 volte Adelaide ed una Halle, più altre 4 finali: best ranking n°32) e 13 in doppio (per lo più con i connazionali Tillstroem e Bjorkman); fu inoltre membro, soprattutto in doppio, del team svedese di Coppa Davis e lo ricordiamo protagonista della vittoriosa finale di Milano contro l’Italia, nel 1998.

Chiudiamo tornando in Italia col campione 1990, il faentino Andrea Gaudenzi (1973): qualcuno ricorderà come il suo impatto col circuito pro sia stato molto problematico, soprattutto nella fase in cui fu seguito dal controverso ex- giocatore sudafricano Bob Hewitt. Il passaggio sotto l’ala di Ronnie Leitgeb ed al gruppo di lavoro del fortissimo Thomas Muster, snaturò un po’ il suo gioco, inizialmente votato all’attacco, optando per un notevole sviluppo della resistenza atletica e della massa muscolare. Trasformatosi in solido “regolarista”, pur essendo spesso afflitto da gravissimi guai fisici (clamoroso l’infortunio che lo costrinse a gettare la spugna sul 6-6 al quinto del primo match della finale di Davis a Milano contro la Svezia, nel 1998), Andrea si costruì una carriera di tutto rispetto, raggiungendo un best ranking di n°18 e conquistando 3 titoli ATP su nove finali giocate (Casablanca 1998, St.Polten e Bastad 2001), oltre alle eccellenti prestazioni in Coppa Davis. E’ infine uno dei non tanti giocatori che può dire di aver battuto due leggende come Pete Sampras e Roger Federer (accadde nel 2002, rispettivamente a Parigi e Roma), prima di ritirarsi a 30 anni ormai vessato da innumerevoli problemi fisici.

di Andrea Cherchi

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