Jeff Borowiak, il polacco che entrò nella storia

Uno dei personaggi più atipici e particolari della storia del tennis è stato senza dubbio l’americano di Berkeley Jeff Borowiak, di origine polacca. Dopo un’eccellente attività a livello giovanile ed universitario (vinse il prestigioso titolo individuale NCAA nel 1970 – oltre che quello a squadre con l’UCLA – e perse la finale dell’Orange Bowl 1967 contro Mike Estep), Borowiak intraprese la carriera professionistica, ottenendo dei risultati di tutto rispetto.

Classe 1949, già alla fine degli anni ’60 lo ricordiamo protagonista di una buona attività in California: si aggiudicò nel 1967 i Northern California Championships e nel 1969 l’importante Charlie Farrell Invitation di Palm Springs. Nel 1971 arrivò al quarto turno a Wimbledon ed in finale al WCT di Colonia, sconfitto da Lutz; nel 1972 perse da Cliff Richey la finale di Bretton Woods. Ottima annata il 1974, impreziosita, fra l’altro, dai primi due titoli ATP (a Oslo su Karl Meiler ed Charlotte su Dick Stockton) e dalla finale al WCT di New Orleans (persa col grande John Newcombe).

Dopo due buone annate (ricordiamo soprattutto la finale al WCT di Atlanta, sconfitto da Ilie Nastase dopo aver battuto niente meno che Bjorn Borg) giocò molto bene nel 1977, quando raggiunse il best ranking ATP (n°20) e vinse ben tre tornei: a Dayton (su Buster Mottram), Gstaad (su J.Francois Caujolle) e Montreal (su Jaime Fillol), oltre a svariati piazzamenti. Negli anni seguenti il rendimento scese invece notevolmente, così come il ranking ATP: gli appassionati italiani lo ricordano vincitore a sorpresa su Adriano Panatta al secondo turno del Roland Garros nel 1978…..per il resto ben pochi acuti da segnalare, mentre Jeff arriva quasi a sfiorare il 200° posto mondiale. Ritrovò un buon tennis nel 1981 quando, ormai 32enne, disputò le ultime due finali ATP, a Tampa e Johannesbourg giocò bene a Wimbledon. Gioca ancora sino alla metà degli anni ’80 senza ottenere altri risultati di rilievo.
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Borowiak attualmente vive a Seattle in un modesto appartamento: là si dedica al pianoforte (è un eccellente musicista, visto che suona anche il flauto) ed alla meditazione buddhista. Solo occasionalmente tiene qualche lezione di tennis, per arrotondare. Già quando giocava si ricordano delle interviste nelle quali spiegava la sua curiosa filosofia ed il modo originale di intendere la vita: e non sarebbe potuto essere diversamente, poiché il suo mentore e padre spirituale fu l’ex-giocatore danese Torben Ulrich certamente il personaggio più particolare che si sia mai visto in giro nel circuito: musicista (è tra l’altro il padre di Lars Ulrich, il batterista dei Metallica), conduttore radiofonico, pittore, attore e filosofo, con tanto di originalissimo sito internet www.torbenulrich.com.

Dopo un match giocato a Philadelphia e terminato ben oltre l’una di notte davanti a soli sei spettatori, di cui uno era il mitico fuoriclasse della NBA Wilt Chamberlin, il 18enne Jeff fu come folgorato dal quasi quarantenne Ulrich, che gli trasmise il suo modo naif di interpretare la professione di tennista e la vita in genere. Filosofia, religione buddhista, musica, uso di sostanze “non convenzionali” entrarono nella vita di Jeff che, in alcuni periodi, arrivò a girare l’Europa in moto o con un pullmino, con le racchette tenute insieme da uno spago. Ma nonostante tutto a tennis sapeva giocarci eccome, se è vero che, oltre ai risultati sopra menzionati, in carriera ha battuto due volte Borg, Newcombe, Connors, Smith, Ramirez, Gerulaitis, Gene e Sandy Mayer, Gottfried, Solomon, Richey Metreveli, Okker, Clerc…oltre ad un giovane Edberg ed a leggende del calibro di Frank Sedgman e Neale Fraser!

Di Andrea Cherchi

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