Adelchi Virgili: Sono stato vicino al punto di smettere

Ci sono storie nello sport fatte di passione, forza, intelligenza e motivazione. Storie fatte non di successi sportivi ma che vedono protagoniste persone vere, uomini che nel momento più difficile dimostrano la solidità della loro personalità e soprattutto ci insegnano a come trarre benefici dagli stop, anche quelli all'apparenza più crudeli e più difficili da accettare.

A tu per tu con Adelchi Virgili. “A Tirrenia, questo inverno, ho passato momenti durissimi, ma nonostante le superficialità che sono state commesse non ho sensi di rivalsa. Voglio solo fare bene, lo devo alla mia famiglia che mi mette nelle condizioni di fare ciò che amo”.
Lo sport, a volte, sa regalarci storie fatte di passione, forza, intelligenza e motivazione. Storie fatte non di successi sportivi ma che vedono protagoniste persone vere, uomini che nel momento più difficile dimostrano la solidità della loro personalità e soprattutto ci insegnano a come trarre benefici dagli stop, anche quelli all’’apparenza più crudeli e più difficili da accettare.

E lo sa bene Adelchi Virgili, classe ’90, talento da vendere e, con tutta probabilità, il giocatore italiano più amato e seguito tra quelli nelle retrovie della classifica Atp, ranking che oggi lo vede posizionarsi intorno alla 600esima posizione.

La sua storia, chi segue il tennis, la conosce bene. Enfant prodige, a 14 anni entra nel team Piatti a Montecarlo ma poi, ancora bambino, una lunga serie di infortuni lo accompagnerà per tutti gli anni a venire. Una striscia di guai fisici che avrebbe stroncato chiunque e  che sembrava finalmente terminata all’inizio dell’ultima preparazione invernale.
“E poi invece  – interviene Virgili – c’è stata l’ultima mazzata che è stata quella che mi ha quasi  fatto prendere la decisione di smettere. Questo inverno grazie ad Umberto Rianna che mi ha voluto fortemente, ero nel centro tecnico federale di Tirrenia per svolgere una dura fase di preparazione che mi avrebbe permesso di provare ad affrontare una stagione agonistica come si deve.

Purtroppo, però, sono stati trascurati alcuni avvertimenti che avevo lanciato, sicuramente è stato sottovalutato l’aspetto fisioterapico, fondamentale nello sport e nel tennis di oggi, e alla fine della storia mi sono ritrovato con tre ernie al disco. Non accuso nessuno, anche se ci può essere questa tentazione, continuo unicamente a credere in me stesso e questo recupero lo dimostra”.
adelchi virgili al challenger di Perugia

Abbiamo incontrato Adelchi Virgili in occasione dei turni di qualificazione dell’Atp Challenger di Perugia,  che hanno visto il toscano battere prima Galdos, poi Heras e qualificarsi così per il main draw. C’’è da dire che assistere ad una partita di Virgili riconcilia con il tennis.

Gioco d’’anticipo, palle corte, straordinari colpi in cross. Il tutto giocando con il dolore sempre presente.
“Le sensazioni sono discrete, non sono al 100%, è vero gioco sempre con un po’ di dolore ma ci sono abituato, non prendo mai antidolorifici perché sarebbe assurdo nelle mie condizioni. Ho bisogno di sentire continuamente il mio corpo come reagisce. Se li prendessi sicuramente non avvertirei dolore ma poi magari la notte starei malissimo. In più, a cause delle ernie, per evitare l’operazione, ho utilizzato la tecnica intraforaminale ossigeno e ozono terapia. Questo comporta un lavoro addizionale per rafforzare i muscoli che proteggono le vertebre”.
Un lavoro che Adelchi sta svolgendo lontano dai riflettori, nel circolo dove è nato tennisticamente e non più presso il centro tecnico federale di Tirrenia.
“Tirrenia? A parte Umberto Rianna e  qualche contatto con dei ragazzi,  dai “piani alti”  negli ultimi tempi c’è stato silenzio assoluto. Non nego che mi avrebbe fatto piacere ricevere almeno una telefonata, ma ripeto, nessuna accusa da parte mia”.
adelchi virgili

Ora Adelchi si allena a Firenze insieme a Riccardo Calcini, il preparatore atletico che lo segue da 3 anni, da dopo la scomparsa di Dario Pistolozzi (ex campione di giavellotto scomparso prematuramente a soli 43 anni per una grave malattia fulminante) e Giacomo dal Pra che lo segue dal punto di visto fisioterapico ed osteopatico.
“E poi c’è la mia famiglia. Mio padre mi ha cresciuto tennisticamente partendo da zero, a me e ai miei fratelli. Partire da zero avendo solo il proprio padre come coach è una cosa rara nel tennis. Di solito il genitore arriva in una seconda fase, quando già il grosso del lavoro di impostazione è stato svolto.  Ma devo dire che ha fatto un gran lavoro e non mi ha mai messo pressione. Anzi, a volte voglio mettermela un po’ io perché, per come sono fatto, ne ho bisogno”.
E a proposito di pressione viene quasi naturale il paragone con la nuova generazione di tennisti italiani, chiamati sin da giovanissimi a dover dare velocemente delle risposte sul campo. Basti pensare a Donati e, in misura ancora maggiore, a Gianluigi Quinzi :
“Non so se sono la persona giusta per dare consigli, ma a Gianluigi voglio bene. Deve fare il suo percorso, si trova in un’ un’età delicata in cui si vuole vincere, spaccare il mondo e poi magari guardi i tuoi coetanei che salgono in classifica. Ma ognuno ha il suo cammino, umano e tennistico. Saremmo ottusi se pensassimo il contrario. C’è bisogno solamente di tanto lavoro e, se non ti crei troppo ansia, il momento giusto arriva.”
virgili quinzi
Oggi “Bobo” è un uomo felice. “Cosa potrei volere di più? Gioco a tennis, cerco di curarmi al massimo e di fare tutto al meglio delle mie possibilità senza risparmiarmi. Non esco la sera, il tennis è il mio lavoro ma sono fortunato perché faccio quello che mi piace e non è un sacrificio. Il tennis fa parte di me non ho bisogno di prendermi delle rivincite, e se viene qualcosa di positivo sono felice per le persone a me vicine.

 L’’obiettivo più grande è quello di stare bene e migliorarmi. Mi piacerebbe se il prossimo anno riuscissi ad arrivare a qualche qualificazione slam per esempio. E una volta arrivato lì, sempre che riesca a trovare un buon equilibrio fisico, chi lo sa se il mio gioco non si adatti meglio a quel livello?
Noi di Tennis Circus te lo auguriamo sinceramente caro “Bobo”. Te lo meriti.

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