Alla scoperta di un mondo nascosto: Viktoriya Stadnyk si racconta tra Wimbledon ed il Challenger Tour

Come si collegano tennis e social? Ai microfoni di Tennis Circus Viktoriya Stadnyk ha provato a spiegarlo tramite le sue esperienze a Wimbledon e nel Challenger Tour

Il mondo ed il tennis come li abbiamo sempre conosciuti non esistono più: entrambi negli ultimi anni sono stati ridimensionati dalla rivoluzione digitale. Questo fenomeno ha cambiato completamente il nostro modo di vivere nel quotidiano e di approcciare alle nostre passioni, ma non solo. I social infatti hanno stravolto anche il modo in cui si approcciano lo sport ed i propri beniamini: all’improvviso realtà distanti e sconosciute sono diventate a portata di click per tutti gli appassionati.

Nello sport ed in particolare nel tennis, tramite i social network, è sempre più comune vedere e scoprire i “dietro le quinte” degli eventi più importanti e gli appassionati hanno la possibilità di immergersi a bordo campo anche dal proprio divano. Ma come arrivano questi contenuti ai nostri occhi? Alle spalle ci sono team e persone che si adoperano per rendere anche gli appassionati protagonisti del torneo. Tra queste figure spicca il nome di Viktoriya Stadnyk.

Viktoriya al momento lavora per l’Atp Tour e si occupa della comunicazione del circuito Challenger. Nonostante la giovane età l’italo-ucraina vanta nel suo curriculum un lavoro a Wimbledon (terminato lo scorso luglio), diverse mansioni on-site sia nei tornei challenger (in Italia e all’estero) che nell’ATP 250 di Napoli del 2022.

La sua storia è un vero insegnamento di vita per tutti i giovani sognatori e dimostra che con la determinazione e con la passione è possibile realizzare i propri obiettivi. Ed è possibile farlo anche dopo aver completato degli studi apparentemente agli antipodi con il proprio sogno: prima di inseguire la propria strada l’italo-ucraina si è laureata in biologia molecolare ed applicata alla Federico II di Napoli.

Primo torneo challenger a Forlì

Qual è il tuo ruolo nell’Atp Tour?

Mi occupo di coordinare la comunicazione relativa al Challenger Tour. Il tennis è uno sport che non va mai a vacanza: quest’anno abbiamo raggiunto 200 tornei Challenger in calendario e solamente nel mese di settembre abbiamo 5 eventi a settimana, dislocati in diverse parti del mondo. Siamo un team spalmato su più parti del mondo per coprire al meglio tutti i tornei, i quali si disputano contemporaneamente in diversi continenti.

Lo scopo principale è quello di mantenere costante la comunicazione con obiettivi diversi: da un lato cerchiamo di interagire con i fan, dall’altro lato cerchiamo di dare visibilità ai giocatori. Questo aspetto è molto importante perché negli ultimi anni i social media sono diventati un’altra forma di entrata per i giocatori.

Avete un orario definito oppure dovete essere sempre reperibili?

Si abbiamo degli orari, altrimenti non sarebbe umanamente fattibile (ride n.d.r.). Io sono la responsabile d’Europa e vivo a Londra mentre il mio manager sta in Florida. Noi due ci alterniamo e, così come tutte le persone che poi si occupano effettivamente del postare le cose sui social, abbiamo delle tabelle. Dovendo coprire ciò che succede in Europa la mia schedule attuale è dalle 11 del mattino alle 7 di sera. Nel momento in cui inizierò a viaggiare per un torneo cambierà il mio fuso orario e di conseguenza i miei orari così come quelli delle altre persone. È tutto molto dinamico, non abbiamo degli orari fissi.

Questo ruolo ti porterà a rimanere maggiormente dietro alle quinte oppure continuerai a viaggiare con frequenza?

È un ruolo molto diverso. In precedenza ho lavorato per due agenzie: nella prima, che organizzava challenger in Italia, ero marketing manager e mi occupavo di tutti i contenuti. La seconda azienda con cui ho lavorato nei challenger si chiama Microplus e si occupa dei risultati, delle pubblicità a bordocampo, dei led, ecc… Con entrambe il mio ruolo era molto fisico e dovevo essere sul posto per fare molteplici cose.

Con questo nuovo lavoro mi sposterò ugualmente ma lo farò in base ai progetti. Per esempio ultimamente su Challenger Tour, abbiamo la rubrica Get to Know ed ogni settimana pubblichiamo il video con un giocatore emergente. Ovviamente questi sono dei video che non vengono registrati ogni settimana, ma vengono registrati in alcuni tornei target dove sappiamo di trovare tutti questi giocatori. Al momento abbiamo diversi progetti e campagne che vogliamo realizzare e ci sposteremo in base ad esse. Quando vediamo che tutti i nostri giocatori o la maggior parte dei nostri giocatori sono in quel torneo, allora ci spostiamo in modo tale da riuscire a fare le riprese, i contenuti, le interviste, o qualsiasi altro.

Precedentemente hai lavorato a Wimbledon. Qual era il tuo ruolo in quel torneo?

Wimbledon, al contrario di quello che si possa pensare, non dura solamente due settimane all’anno con una preparazione di qualche mese prima. Wimbledon è un’azienda vera e propria ed è fondamentale per il tennis inglese: il torneo finanzia gran parte della federazione inglese. Vista l’importanza del proprio ruolo Wimbledon è un’azienda a 360 gradi con tutti i dipartimenti normali di un’azienda, come l’ufficio legale, l’ufficio recruitment, administration, e molteplici dipartimenti che lavorano tutto l’anno.

Io ho lavorato nel dipartimento marketing e commercial e il mio ruolo era ibrido tra i prodotti digitali ed i contenuti. Mi è stato assegnato questo ruolo perché avevo un background puro di digital marketing, in creavo contenuti e facevo strategie, ma dall’altro lato ho fatto un master in international marketing nel quale ho seguito dei corsi legati all’intelligenza artificiale.

Per Wimbledon mi sono occupata di un progetto il cui obiettivo era quello di  portare sull’applicazione dei contenuti come le storie di Instagram ed i reel di Tik Tok. Farlo su un’applicazione però è molto diverso dalle piattaforme che siamo abituati ad usare. Per pubblicare questi contenuti su un’applicazione dovevo utilizzare diversi software: avere una parte dalla quale riesco a ingerire e gestire le foto, un’altra con un collegamento con IBM, un software di database che mi va a mettere il nome del giocatore che mi va a mettere in automatico il risultato. È una macchina molto complessa.

Quindi ho lavorato in questo progetto formato da Wimbledon, che rappresentavo io, Two Circles,  l’agenzia di comunicazione utilizzata da Wimbledon, e IBM, e lo sponsor di Wimbledon di dati, quello che si occupa parallelamente quando si ha sul sito di tutti gli score live updates e quanto altro.

Come hai ottenuto questo lavoro?

Da quando mi sono trasferita a Londra avevo questo obiettivo, ma innanzitutto bisogna fare una precisazione che tornerà utile più avanti: mi sono trasferita a Londra dopo la Brexit ed avevo la student visa che mi permetteva di lavorare solo 20 ore a settimana. Da quando ho messo piede a Londra ho iniziato a mandare l’application a Wimbledon per tutte le questioni di marketing. Sono andata sul loro website e ho fatto sign up alla newsletter e ho selezionato diversi ruoli legati al marketing che avrei voluto fare. In questo modo ogni volta che si apriva una posizione io ricevevo una notifica: mi sono sempre candidata e ho ricevuto tante reaction emails.

Dopo un po’ ho capito che non bastava semplicemente mandare l’application, quindi dovevo fare di più, ho provato a contattare le persone che si occupavano di fare il recruitment. Loro mi hanno spiegato che potevo lavorare per sole 20 ore ma loro non avevano posizioni part time di quel genere. In attesa di completare il master mi sono presentata a tutti gli eventi che c’erano che mi hanno permesso di conoscere le persone che lavoravano là e di entrare nella giusta mentalità.

Mi sono poi candidata per questa posizione che prevedeva un contratto a tempo determinato di sei mesi. Ho partecipato ad una selezione molto lunga: è cominciata cinque mesi prima dell’inizio del lavoro ed è durata per quasi tre mesi.

È stato molto strano perché in Italia siamo abituati ad iniziare subito dopo l’assunzione. Questa lunga attesa mi generava forte ansia e per rassicurarmi ogni settimana inviavo una mail per chiedere notizie e per avere la certezza che fosse tutto reale. Inoltre questo era il mio primo lavoro in Inghilterra con un contratto vero. In quei due mesi ho continuato a lavorare come marketing manager per un franchise di campi da padel e per alcuni clienti dell’accademia del tennis; visto che l’introito non mi bastava in quei due mesi sono andata a fare la bartender con il contratto di Wimbledon in tasca.

Come hai scoperto il mondo dei social media manager? 

Mi sono laureata alla Federico II di Napoli in biologia molecolare ed applicata ed ho sempre giocato a tennis. Sapevo che mi piaceva fare molte storie su Instagram pubblicando foto di ciò che mi circondava. Inizialmente questa cosa non era vista di buon occhio e non venivo presa seriamente.

Poi è successo che nel circolo dove giocavo uno dei soci ha fondato una start-up che si chiama Dragonet Tennis. All’epoca si occupava solamente di una macchina di allenamento per il tennis che con il tempo è diventata anche per il padel. Lui mi ha chiesto di lavorare lì part time: rispondevo alle mail, facevo riunioni per presentare la macchina ai vari negozi, ecc…

ATP 250 di Napoli 2022

Una volta la macchina era in esposizione al decathlon a Carlo III di Napoli e per gioco ho iniziato a fare un po’ di storie sulla pagina Instagram. Ci siamo resi conto che ricevevamo molti contatti grazie a quello. Così il mio capo, che è un imprenditore, mi ha introdotto alla figura del social media manager finanziandomi anche alcuni corsi. Per un periodo di tempo questa macchina è stata al New Tennis Poseidon (circolo campano campione d’Italia nel 2021 n.d.r.) ed andavo lì per fare dei contenuti.

Il presidente del Poseidon mi ha notata e mi ha offerto un lavoro part-time. In questo modo sono riuscita ad avere i primi clienti tra cui la Tennis Training Center di Ravenna. Loro una volta al mese mi pagavano per andare al loro circolo e curare la comunicazione per loro. Una volta mi hanno portato anche ad Heraklion per seguire dei loro tennisti. Sono immensamente grata a tutti loro e specialmente a Giancarlo Petrazzuolo, che mi è stato molto d’aiuto anche prima di Wimbledon.

Quindi hai seguito degli studi non inerenti al lavoro che fai ora

L’idea che tutte le scelte scolastiche portano ad una certa strada e che questa non possa cambiare nel tempo è molto italiana. All’estero il percorso scolastico è visto come uno strumento per imparare principalmente le soft skills mentre le hard skills si apprendono sul lavoro. Quando vivevo a Napoli ho avuto un momento di crisi profondo prima degli ultimi esami: da una parte non volevo che finisse, dall’altro avevo paura del dopo. Poi alla fine tutte le mie passioni “extra scolastiche” mi hanno permesso di trovare la mia strada

Che consiglio ti senti di dare a chi vuole seguire una strada come la tua?

Il mio consiglio personale è quello di andare all’estero. È molto importante chi tu conosci e chi conosce te. Questo meccanismo mi ha dato molte opportunità, più persone conosci che lavorano nel tuo settore perché può aprirti nuove possibilità e fornirti nuovi contatti. Questo è il networking, che è una abilità molto importante: nel master che ho seguito qui a Londra abbiamo seguito un intero corso sul networking.

Hai vissuto il circuito ed i tornei da un’altra prospettiva, c’è qualche aneddoto che ti ha colpito nel corso della tua carriera?

Quando lavoravo nei challenger sapevo che i giocatori dovevano compilare dei questionari obbligatori in cui valutavano differenti cose tra cui i campi, lo staff, la struttura, il cibo,  ecc… Ero a conoscenza dell’esistenza di questi moduli senza mai averci avuto a che fare.

Da quando lavoro nel challenger tour ogni settimana abbiamo una riunione di un’ora in cui facciamo la revisione di tutti i tornei partendo dalle valutazioni e dai commenti dei giocatori ed in base a questo i tornei possono ambire ad una categoria maggiore oppure rischiano di sparire: se le recensioni risultano fortemente negativi vengono contattati gli organizzatori per notificare e migliorare i punti nevralgici pena l’esclusione dal calendario. Quando abbiamo analizzato i tornei in cui avevo lavorato lo scorso anno è stato divertente perché sapevo di cosa stessero parlando i giocatori avendole vissute in prima persona.

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