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Becker: “Non sono preoccupato per Nole”

Becker e Djokovic si separeranno? O continueranno la loro partnership, iniziata nel 2014? Nell’ attesa che questo interrogativo venga svelato, il tedesco si è concesso ai microfoni del “Times”, ed ha analizzato il calo di rendimento del suo assistito, che lo ha portato a cedere il titolo di numero uno del mondo.

“Come tutti, anche lui è umano, e dopo aver conquistato il titolo che gli mancava (il Roland Garros), ha concluso il 2016 vincendo solamente un altro torneo. Una crisi, se così vogliamo chiamarla, che ci può stare, dopo aver rappresentato la perfezione assoluta per tanto tempo, e dopo aver vinto tutto quello che c’ era da vincere. Non siamo di fronte a un computer, e non basta spingere un pulsante per continuare ad essere il top per anni e anni; ci sono tanti fattori che possono aver influenzato il rendimento di Nole, uno su tutti, la famiglia: il nostro sport ci porta in giro per il mondo per tutto il tempo dell’ anno, ed ora che Novak è anche un padre, è giusto che abbia necessità di passare del tempo con la sua famiglia, anche a costo di saltare qualche torneo. È quello di cui aveva bisogno in questo momento, ed è giusto che lo abbia fatto”.

“Dopo aver vinto a Parigi, Nole non è caduto nell’ appagamento, come è accaduto ad altri in precedenza, che dopo aver vinto tutto si sono ritirati dalle scene. Vent’ anni fa attraversai una situazione simile, ma a volte prendersi una pausa non vuol dire ritirarsi, ci si gode semplicemente il momento, e si vive una sorta di periodo di transizione, in attesa di un ritorno più agguerriti che mai”.

“Stiamo comunque parlando di una crisi, che in caso di successo alle Finals, avrebbe comunque permesso a Djokovic di chiudere l’ anno al primo posto del Ranking Atp, e non dimentichiamo la prestazione offerta da Nole, nel match contro Nishikori, degna del miglior Nole che ci eravamo abituati ad ammirare, e che non fa sorgere nessuna preoccupazione”.

“Al di là del calo di Novak, va riconosciuto ogni merito a Andy Murray, per quello che ha saputo fare, e per la continuità di rendimento che è riuscito a mettere in campo. Mi sono reso conto che il britannico c’è la poteva fare, dopo averlo visto giocare a Parigi,sulla superficie che per lui era dq sempre la più ostile; ho grande stima e rispetto per Andy, per tutto il suo team, e per i risultati che hanno saputo raggiungere, non si diventa numeri uno del mondo per caso”.

 

Andrea Mariotti

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