Il percorso per diventare professionisti a tutti gli effetti è molto complesso, specialmente se si tratta di giovani ragazzi. Non esiste un’unica strada per arrivare: c’è chi ha deciso di concentrarsi sulla carriera juniores e chi invece ha provato sin da subito l’attività pro. Ciò che importa però è il viaggio che si percorre, così come ha ricordato Gaia Maduzzi in questa stupenda intervista ai nostri microfoni.
Maduzzi è una giovane tennista piemontese nata il 30 aprile del 2006. La diciassettenne azzurra ha optato per la carriera juniores, in cui si sta togliendo diversi risultati. Il suo best ranking è di numero 66 della classifica mondiale, ranking che le ha permesso, a partire dallo scorso Wimbledon, di giocare i tornei dello Slam under 18.
Nonostante la giovane età Maduzzi ha già esordito a livello pro nei due 25.000 di Solarino dello scorso anno: particolarmente rilevante è stato il secondo torneo in cui l’azzurra è partita dalle qualificazioni, superandole e centrando il main draw. Due settimane memorabili anche grazie al doppio disputato con Vittoria Paganetti: le due giovani italiane hanno sfiorato il titolo nel primo evento, centrando poi la semifinale nel secondo.
Innanzitutto puoi farci un primo bilancio di quest’inizio di stagione?
Lo scorso anno a Novembre ho cambiato un po’ il mio stile di vita perché sono tornata a vivere a casa: sono stata fuori 3 anni essendo uscita di casa quando avevo 13 anni per andare ad allenarmi nelle zone di Cuneo. A Novembre poi ho deciso di tornare a casa per stare con la mia famiglia, perché lo sport del tennis ti permette, per fortuna, di viaggiare tanto ma i momenti che passi con le persone con cui vuoi bene sono pochi. In più stando lontano da casa non li vedevo quasi mai.
Quindi ho cambiato un po’ di cose, cambiando il modo di allenarmi e purtroppo ho dovuto smettere di andare a scuola. Lo scorso anno frequentavo un liceo pubblico, scientifico sportivo, a Cuneo e tornando a casa abbiamo chiesto per i licei qui vicino ma era impossibile. Iniziare in una nuova scuola significava far capire alle persone quello che stavo facendo ed era difficile perché su nove mesi di scuola cinque o sei sono lontana. Aver cambiato scuola e lo stile di vita mi ha messo un po’ in difficolta.
Quest’inizio di stagione non sta andando benissimo, ma ci sta perché è un momento di crescita per me: ho cambiato alcune cose nel modo di interpretare il gioco, nel pensare, nell’allenarmi. Sto cercando di mettere tutto a fuoco e non è semplice. Poi man mano che vai avanti quando vedi che i risultati non arrivano perdi un po’ di fiducia, per questo sto provando a rimanere su di animo perché alla fine il risultato è il meno.
Finché mi diverto ed ho fiducia nelle persone che mi stanno aiutando ed in ciò che sto facendo i risultati arriveranno. È ed è stato un inizio di stagione moralmente complicato, però sto facendo quello che mi piace, quindi va bene.
Se in singolare i risultati stanno un po’ mancando è anche vero che in doppio stai ottenendo ottimi traguardi. Questi aiutano a mantenere alta la fiducia?
Si, sicuramente. Il doppio è un po’ il mio punto di forza, perché in tutti questi anni ho avuto la possibilità di giocare tanti match, perché comunque più vinci e più giochi, ed ho acquisito molta fiducia e molta consapevolezza in quello che è il doppio. Mi diverto e so che posso giocarlo bene, quella consapevolezza che mi manca in singolo.
Questa consapevolezza in doppio è stata alimentata anche dai risultati ottenuti lo scorso anno a Solarino insieme a Vittoria Paganetti. Pensi che il doppio possa rappresentare un’alternativa alla propria carriera oppure la concentrazione al momento è tutta sul singolo?
Sicuramente essendo questo l’ultimo anno di juniors mi sto concentrando su tutti e due. Nel doppio mi viene più facile, nel singolo ci devo mettere più concentrazione, più attenzione. Sicuramente il doppio mi aiuta tanto a migliorare su diversi aspetti del mio gioco e a stare nel torneo, perché comunque giochi tante partite di torneo e ti tiene allenato dal punto di vista emotivo oltre che a migliorarti tecnicamente e tatticamente. Dal doppio poi si possono creare buone carriere in singolo. Vedremo come andrà quest’anno in cui inizierò anche la carriera da pro facendo sia singolo che doppio.
Già hai in mente come dividerti tra junior e pro oppure è ancora tutto in divenire?
Dipende molto da come andranno i prossimi tornei, specialmente i prossimi tre che sono gli ultimi per provare ad entrare al Roland Garros, anche se non è il mio obiettivo. Il mio obiettivo è stare sul gioco e ritrovare alcune sensazioni che ho un po’ perso. Poi se avrò anche la possibilità di giocare il Roland Garros bene altrimenti non importa. Però non so ancora come mi dividerò.
Se dovessi descrivere il tuo tennis con 3 aggettivi quali sceglieresti? Perchè?
Il tennis lo descriverei con creatività, divertimento, perché non essendo un gioco comune mi diverte e credo sia divertente anche da vedere, e complessità, perché avendo tante opzioni a volte faccio la scelta sbagliata e mi incarto.
Ed invece per descrivere te stessa?
Mi ritengo una persona molto estroversa, empatica ed emotiva.
Prima ci hai parlato della scuola. Potresti spiegarci come funziona la scuola per voi giovani atleti?
Diciamo che per me è stato molto difficile questo cambiamento. Per me la scuola rappresenta un luogo dove socializzare e comunque un posto dove staccare la testa da quello che è solo tennis. Io non avrei voluto lasciarla ma sono stata “costretta” per tornare a casa. La scuola per noi atleti è una scuola difficile perchè comunque sei davanti al computer e non hai contatto con professori e compagni di classe.
Hai la possibilità di non frequentare durante i giorni avendo le lezioni registrate e ti organizzi autonomamente. Poi a fine anno, io sono in quarta, avremo un esame per passare l’anno. È come se fosse una piccola università, sta a te studiare. Se poi ci tieni perchè non si sa mai, il tennis comunque è uno sport difficile. Quelli che arrivano sono veramente pochi, quindi bisogna sempre avere un piano B o comunque avere una porta sempre aperta.
Non sai mai la vita cosa ti riserva, per questo credo che studiare sia molto importante. Io l’ho capito proprio quando ho lasciato scuola: ho fatto le prime settimane senza fare niente, poi ho capito che tenere la mente impegnata a fare altro mi aiuta anche ad essere più lucida in campo. Tutto si collega.
Qual è il tuo sogno nel cassetto?
Il sogno vero è quello di diventare la numero 1 del mondo o comunque di diventare la migliore versione di me come persona e come giocatrice, che possa essere numero 1, 20 o 50. Voglio arrivare al massimo delle mie potenzialità e finire la carriera essendo felice e contenta di quanto ho fatto in questi anni. Quello che ho capito in questi mesi è che non bisogna focalizzarsi sui risultati ma sul percorso. Ci sono momenti down ed altri up, dove sei felice e contento. Poi alla fine ti guardi indietro e sei felice del percorso, delle difficoltà che hai superato più che del risultato. Cercare di esprimere il massimo delle mie potenzialità, questo è il sogno più grande. Poi vedremo tra qualche anno come starà andando.
Qual è l’aspetto del tuo gioco su cui state lavorando di più?
Cercare di essere più aggressiva e colpire con più intensità la palla. Provare ad aggiungere alla mia creatività e alle variazioni un’interpretazione più aggressiva, spingendo di più la palla e mettendo più potenza nel mio gioco.
Grazie mille e buona fortuna per i prossimi tornei.