Una carriera molto ambita ma che pochi riescono ad intraprendere. Stiamo parlando di quella del giudice di sedia, vale a dire la persona che siede sul cosiddetto “seggiolone” ed ha il compito di arbitrare i match dei circuiti Atp e Wta, ma non solo. Il percorso è piuttosto lungo, così come la gavetta necessaria per ampliare il proprio bagaglio culturale ed acquisire l’esperienza necessaria. A tal proposito, il sito della Wta ha intervistato Miriam Bley, prima chair umpire tedesca ad ottenere il ‘gold badge‘, il certificato più alto al quale un giudice di sedia possa aspirare.
IL SUO APPROCCIO CON IL TENNIS – “Ho iniziato a praticare questo sport all’età di 3 anni” ha rivelato la Bley “Entrambi i miei genitori giocavano a tennis, perciò per me è stato naturale seguire le loro orme e, di fatto, sono cresciuta in un campo da tennis. Da ragazza giocavo a livelli piuttosto competitivi. Nel frattempo ho praticato anche altri sport come la pallacanestro, l’atletica o la ginnastica, ma il tennis c’è sempre stato e non l’ho mai abbandonato“.
DAL CAMPO ALLA SEDIA – “In Germania ci sono 16 stati federali e nel mio era necessario che ogni club avesse almeno una persona con la licenza di arbitrare. Ai tempi ero un’allenatrice e ci diedero da leggere un opuscolo con le regole del tennis prima di sostenere un test con domande a risposta multipla. Il test per diventare giudice di sedia non era obbligatorio, ma già che ero lì pensai che avrei potuto comunque farlo. Il primo match che arbitrai fu la semifinale del torneo del quartiere che si disputava sulla terra battuta” svela la 35enne di Wuzburg “Era agosto del 2005 e io non avevo idea di cosa fare. Dovevo scendere a controllare il segno – cosa che non avevo mai fatto prima -, annunciare il punteggio, fare delle chiamate sulle linee. Passai l’esame pratico e, semplicemente, mi trovai nel posto giusto al momento giusto. La svolta avvenne nel 2006, a gennaio, quando Norbert Peick, grandslam supervisor, si ritirò e riunì un gruppo di giovani arbitri nel mio stato. Mi chiese se volessi seguire dei corsi e io accettai. Il mio obiettivo” prosegue la Bley “non era intraprendere quella strada perché andavo ancora all’università e giocavo a tennis a livello competitivo. A dir la verità non credevo neppure che fosse una carriera. Ricordo che giocavo in quarta e in quinta divisione e allo stesso tempo arbitravo in terza“. Il suo percorso proseguì a gonfie vele tanto che nel 2007, a Monaco, lavorò al suo primo evento internazionale, ottenendo quindi il ‘white badge’ (2008) e poi il ‘bronze badge’ (2010).
L’ESPERIENZA ALL’ESTERO – Un evento che ha caratterizzato la vita di Miriam è stata indubbiamente l’esperienza a Surrey (Regno Unito), nel 2004: “Andai lì come ragazza alla pari. La famiglia che mi ospitava cercava qualcuno che insegnasse ai bambini a giocare a tennis e io mi proposi. Ho sempre amato viaggiare, uscire e conoscere nuove persone. Dopo quei tre mesi passati con la famiglia, ne trascorsi altre tre sempre quello stesso anno; in seguito tornai gli anni seguenti durante le vacanze“. Un rapporto che, nonostante la vita della Bley sia piuttosto movimentata, non è andato perduto: “Ogni anno, durante il torneo di Wimbledon ci incontriamo al solito ristorante italiano“.
IL GOLD BADGE – Dopo esser diventata la prima giudice di sedia tedesca ad ottenere il ‘silver badge’ nel 2015, Miriam si è aggiudicata la promozione finale – a suo dire insperata – lo scorso dicembre, diventando ‘gold badge’: “Sono sempre stata molto auto-critica con me stessa e onestamente non avrei mai pensato di poter ottenere il gold badge. Non me lo sarei mai aspettata, ma ora che ce l’ho fatta ne sono estremamente orgogliosa“. Un riconoscimento molto importante – è la prima donna tedesca a riuscirci – che però non l’ha minimamente cambiata: “Sono sempre la stessa persona di 15 anni fa. Anche il mio rapporto con gli altri è rimasto immutato. I miei amici continuano a pensare che io trascorra tutto l’anno in vacanza. Mio padre invece resta il mio più grande fan. Quando può guarda i miei match sul suo Ipad“.
MENTORE PER I PIÙ GIOVANI – In seguito al raggiungimento del ‘gold badge‘, le responsabilità aumentano ma Miriam Bley non si tira assolutamente indietro: “Faccio da mentore ai giovani arbitri all’inizio della loro carriera internazionale. Resto in contatto con loro, seguo il loro lavoro e cerco di rispondere alle domande o di sciogliere i loro dubbi. Per me è importante che loro sappiano che hanno qualcuno a cui chiedere quando hanno un dubbio o qualcuno da ascoltare. Mi sento onorata quando qualcuno ha bisogno d’aiuto e mi dimostra che si fida di me e apprezza ciò che faccio. Sono orgogliosa dei risultati che ho raggiunto e delle opportunità che mi sono state date. Mi auguro che il mio percorso possa essere un esempio per altre persone, anche donne, a intraprendere questa carriera“.
TENNIS: UN AMORE ETERNO – “Mi piace ancora guardare il tennis, sia sul posto da spettatrice che a casa in televisione. Mio marito – anche lui un giudice di sedia – pensa che io sia pazza quando torno a casa dopo una lunga giornata di tennis e accendo la tv per continuare a guardarlo. La verità è che il tennis per me è una grande passione e spero di avere davanti ancora tanti altri fantastici anni“.