Nell’era del tennis 3.0 un Kyrgios a dir poco pittoresco, quanto tribale, da fare impallidire un irriverente giovane Andre Agassi, ha vinto il suo primo titolo ATP.
Quasi impassibile davanti al successo ottenuto ha confermato, poi, ai microfoni della stampa tutto il suo “amore per il tennis”. Piuttosto che esultare per il suo primo titolo ATP, Nick, dopo la finale vinta contro Marin Cilic è sembrato quasi impassibile, indifferente. Da vero “uomo che non deve chiedere mai” nelle interviste post partita ha dichiarato: E’ una bella sensazione vincere, ma è solo un match di tennis. Ma sono contento. Ho giocato la mia prima finale lo scorso anno e puntavo al mio primo titolo. Ma non mi aspettavo di vincere questo titolo questa settimana dopo essermi riposato un paio di settimane. Vera roccia! Sugli effetti benefici del riposo in un piano d’allenamento se ne parla da un po’.
Resta emblematico l’esempio della nazionale di calcio danese che riusci a vincere l’europeo 1992 dopo il ripescaggio, avvenuto in seguito alla rinuncia della Jugoslavia coinvolta nella guerra. I calciatori furono richiamati di fetta e furia dalle loro vacanze al mare. Fu così che senza avere fatto preparazione fisica alcuna, se non abbronzarsi al sole, riuscirono a trovare uno stato di forma tale che gli permise di vincere il titolo. In barba a tutti gli allenamenti di ferro. E’ pur vero, però, che durante questo torneo Nick è stato a tratti ingiocabile. Sassate con il servizio. Siluri con il diritto. “Fin dal primo turno ho cominciato a giocare davvero bene e ho acquisito fiducia man mano che ho vinto le partite”. dice Nick Kyrgios. “Penso di aver servito davvero, bene per tutta la settimana. Non sono stato brekkato nemmeno una volta. E’ stata questa la chiave del successo. I miei turni di battuta erano davvero veloci. Inoltre, ho messo pressione ai miei avversari sul loro servizio. “
L’attivazione psicofisica dovrebbe essere una costante per giocatori di un certo livello ma per Nick come, anche, forse per Gael Monfils o Dustin Brown (per citare due nomi), l’arousal ha bisogno di essere continuamente stimolata per essere mantenuta viva. Hanno bisogno di caricarsi per sentire il match “Essere ’emozionato’ significa divertirsi, mostrare energia, passione. Ho bisogno di energia. Quando mi diverto e’ più difficile battermi. Ma non è sempre così. Quando non sei contento, continui a lavorare, giusto? La stessa cosa è per me.” Dice poi, Nick, rivolgendosi all’intervistatore.
Però, nel tennis professionista 3.0, come conferma Nick non basta giocare perché ci si diverte ma, è richiesta una certa dose di costanza e professionalità al di la delle emozioni di ognuno di noi per diventare vero top player. Vedasi i sacrifici alimentari fatti da Djokovic (rimanda sempre al suo esaustivo libro sul tema), la costanza di Federer (capace di cambiare stile gioco a 3o anni per rimanere competitivo) Ed invece, che ci crediate o no, Nick ha dichiarato che quest’anno non giocherà molti tornei: neanche Federer a 34 anni. Il motivo, però, è un po’ diverso da quello che determina la programmazione del Re.
Riportando le lancette del tempo indietro ai tempi di Bill Tilden quando non si andava in Australia perché il viaggio era troppo lungo, Nick dichiarea: “viaggiare è un inferno. Ci vogliono più di 24 ore per arrivare qui (a Marsiglia). È il lato negativo del vivere in Australia. L’idea è stare a casa quanto più possibile e comunque giocar bene nei tornei a cui sono iscritto. Non voglio giocare ovunque, anche se so che questo mi renderà più diffcile la scalata alla vetta della classifica.”
Citavamo prima Andrè Agassi. Il ragazzo di Las Vegas ha impiegato una carriera intera e qualche slam prima di confidare al mondo intero, nella sua vendutissima autobiografia, che lui il tennis lo odia! Forse per i problemi fisici di fine carriera o per i durissimi allenamenti cui lo sottoponeva il padre quando era ancora un bambino. Nick, invece, ha impiegato lo spazio di una vittoria per confermare per l’ennesima volta che lui il tennis, lo detesta. “Detesto il tennis. Sono serio! Non riesco a stare in giro per il circuito. Mi piace tornare a casa. Mi manca la mia famiglia. Poi, rivolgendosi all’intervistatore domanda: A te piace sempre scrivere articoli? Sicuramente no. E cosa puoi fare? Ci provi e scrivi meglio possibile. Stessa cosa.”
Ma Nick non è l’unico giocatore australiano dal carattere esuberante. Lo sappiamo, l’Australia è una sorta di laboratorio. Isolata dal vecchio e dal nuovo mondo è stata abitata per millenni da canguri ed aborigeni prima di venire colonizzata dai galeotti britannici mandati li da sua maesta per ripulire le strade e le patrie galere. Sarà per questo che i vari Tomic, Kokkinakis, Hewitt e lo stesso Kyrgios ne combinano sempre di tutti i colori? “Sono d’accordo”, dice Nick, “non so perché, perché tutti abbiamo personalità diverse fuori dal campo. E abbiamo tutti stili diversi sul campo. Thanasi (Kokkinakis) è un grande lottatore. Possiamo tutti rimontare da due set sotto in uno Slam. Lottiamo tutti.”
Certo, dopo il ritiro del leone Hewitt i boys non si tirano indietro quando si tratta di mostrare i denti. “Tutti mi notano in Australia”, continua Nick. “Cerco di essere un buon esempio in Australia, e lo sono. Il mio picco l’ho raggiunto a Wimbledon 2014 e da lì, il cammino è stato lungo e difficile. Ai ragazzi che si affacciano al tennis dico: “divertitevi e godetevi il momento.” Sull’incidente con Wawrinka, a proposito delle buone maniere aussie, Nick ha poi afferamto: “ad essere onesto, non vorrei dire molto su questo. Alcune cose sono cambiate sul modo in cui sono io. Ma sul campo, niente! Cosa posso portare al tennis è entusiasmo, divertimento. In ogni caso, non ho nessun rimpianto. Vado per la mia strada. Il mio Fab Fpur preferito: Andy Murray. È quello che sta più coi piedi per terra. Dice cosa pensa. È davvero una brava persona.”