C’era una volta una tennista tanto bella quanto brava, una di quelle che a vederle da lontano faticavi a credere che fosse reale, ti veniva spontaneo dire “troppo”, troppo bella, troppo furba, troppo brava, insomma tutto troppo. Nel giro di due anni questo giovane talento ha viaggiato spedita e sicura come un treno, non smetteva di vincere e convincere scalando così nel giro di un batter d’occhio la classifica mondiale.
In campo era una scheggia, poi c’erano gli sponsor, quelli che a prima vista si erano “innamorati” di lei, o meglio del suo tocco da moderno re Mida, tutto ciò che toccava sembrava trasformarsi miracolosamente in oro e allora “non possiamo farcela scappare”, “diventerà la nuova Sharapova o ancor meglio di lei“: questo dicevano. Da qui le pubblicità, le ospitate in tv, le interviste, prima una, poi due, poi cento, mille, fino a che, quel piacevole intermezzo, tra un torneo e l’altro non si è trasformato nel vero lavoro.
A quel punto, quel giovane talento di nome Génie ha iniziato pian piano a smarrire sé stessa e le sue priorità senza neanche accorgersene sono d’improvviso cambiate. Ogni volta che scende in campo sembra sconfitta in partenza, ha la tipica espressione di chi crede di non esser più nel posto giusto, quella luce nei suoi occhi, quella fame di vittorie che avevano caratterizzato l’inizio della sua carriera sembra ormai essere sparite per sempre. Nel suo caso, non si tratta di problemi fisici, non si tratta di problemi tattici, non è una questione di coach, è semplicemente una questione di priorità. Il tennis, soprattutto a questi livelli, richiede un’abnegazione fuori dal comune: il riuscire poi a far convivere notorietà e carriera agonistica è impresa ancora più proibitiva. Scegli, dunque, Génie, scegli ora, scegli bene e tieni duro, perché di talenti sprecati e di fuochi di paglia nel corso degli anni ne abbiamo visti anche troppi.