Lascierà il tennis a fine stagione, come annunciato dopo la magica vittoria a New York il 12 settembre scorso e si congederà in grande stile da n.1 italiana, tra le n.1 del mondo, dopo aver agguantato il pass per le WTA Finals di Singapore.
Una stagione di luci ed ombre prima del trionfo a Flushing Meadows, con l’eliminazione all’esordio agli Open d’Australia e le vittorie, quelle che più le piacciono, le più difficili, raggiunte come sempre sul cemento americano, dove ha messo in riga Kerber, Sharapova ed Azarenka. Ad Indian Wells, dove difendeva la vittoria dello scorso anno, si è fermata ai quarti in un match dai mille rimpianti contro Sabine Lisicki.
La stagione sulla terra rossa non è stata delle migliori, come per metà della sua carriera, perché a Flavia il rosso piace poco, nonostante i sei WTA vinti su undici trofei totali. A Roma ha perso un match d’esordio alla sua portata, a Parigi però è tornata agli ottavi, a cinque anni dall’ultima volta. Le cose non andranno benissimo con l’avvento dell’estate: esordi amari a Eastbourne, Wimbledon, New Haven e Montreal, mentre a Toronto perde da Serena Williams, dopo averle strappato un set.
La stagione calda da tempo rappresenta il termometro della sua carriera, dal 2007 in cui decise di riprendersi la sua vita dopo le delusioni d’amore, passando per il 2009 quando si laureò prima italiana tra le top ten e vinse il suo primo grande torneo (Los Angeles), arrivando al 2012 quando il polso destro cedette mettendone a rischio la carriera. E proprio in estate Flavia sembra aver maturato la decisione di lasciare quel mondo che tanto ha amato e che tanto l’ha amata ma non prima di piazzare la zampata della campionessa, con lo stile che l’ha caratterizzata in tutti questi anni: risorgere quando sembrava che fosse tutto finito.
La vittoria agli Us Open, torneo che l’ha vista sfoggiare le prestazioni più memorabili (sei quarti di finale, due semifinali ed un titolo) sembrava fosse parte di una trama già scritta. Flavia riconquista così la top ten, dalla quale gli altalenanti risultati di inizio stagione l’aveva allontanata e nelle settimane seguenti si isserà fino al n.6 del mondo, segnando così un nuovo best ranking. Al rientro dalla “sbornia” post Us Open raggiunge dei buon ottavi a Pechino ma perde malamente a Tianjin contro la n.414 del mondo, in quella che sembrava poter essere la sua ultima partita. A Mosca però non manca il match point per volare a quelle WTA finals che in carriera aveva sfiorato, sognato e mai raggiunto a causa di una discontinuità che l’ha sempre punita.
Il 2015 di Flavia Pennetta verrà forse ricordato come il più bello e significativo della sua brillante carriera. Un anno in cui abbiamo assaporato tutta l’essenza di Flavia, pregi e difetti. Gli acuti sul cemento americano, l’alternare vittorie contro le top players a sconfitte inspiegabili, il rapporto controverso con la terra rossa, le estati di riflessione ed il guizzo finale nella sua adorata New York.
Come fosse una lettera d’addio con la quale la tennista brindisina ha voluto salutarci, ricordando chi è Flavia Pennetta, chi è stata, cosa è capace di fare con una racchetta in mano, il timone di una vita in giro per il mondo.