Quando Monica Seles concede una intervista, è normale che in un attimo il discorso possa saltare dalle passioni della ex campionessa al drammatico evento che le ha segnato la vita e probabilmente cambiato la storia del tennis. E’ più che lecito domandarsi quanto avrebbe vinto ancora la tennista di Novi Sad a discapito di Steffi Graf (la storica rivale con la quale ha dato vita al più grande antagonismo dei primi anni novanta), se nell’aprile 1993 la follia criminale di Gunther Parche, un fanatico ossessionato dai successi della tedesca, non si fosse abbattuta sulla Seles.
Seles che, attraverso le pagine del quotidiano The Telegraph, alcuni giorni fa ha rievocato gli effetti devastanti della coltellata inflittale da Parche: le ferite fisiche si possono cicatrizzare velocemente (la lama è penetrata tra le scapole di Monica a una profondità di un centimetro). Ma quelle dell’animo annientato da paure e insicurezze, che sono sfociate nei drammi della depressione e dei disturbi alimentari, hanno sanguinato a lungo. Il dolore mitigato dal tempo e dal lavoro di interiorizzazione per convivere con un trauma di simile portata e andare avanti a dispetto di tutto, di tanto in tanto si riacutizza. “A volte, quando guardo le vecchie foto con gli amici penso che possano sembrare magiche, ma io non mi rivedo così. Se mi domando il perché devo fare un passo indietro e ripensarci”, ha laconicamente spiegato Monica Seles che, all’epoca dell’aggressione, aveva 19 anni e 8 titoli Slam in bacheca. Ha avuto la forza di rientrare nel circuito e conquistare il nono e ultimo Major, ma oltre che con gli strascichi della propria tragedia umana ha dovuto fare i conti con la solitudine. “Le folle che avevo intorno sono scomparse: pian piano me ne sono fatta una ragione e ho capito chi fossero i veri amici. Quando il mio disagio si è manifestato anche con i disturbi alimentari, ho messo su parecchi chili di troppo. Le persone mi guardavano e pensavano a come avessi potuto fare tutto ciò a me stessa. Sensi di colpa inculcati, del resto, anche dagli sponsor che mi assillavano per sapere cosa fosse accaduto al mio corpo. Avrei voluto urlare che ero la stessa ragazza di sempre, ma all’epoca quello della sofferenza psichica era un tabù e la malattia mentale non veniva considerata alla stessa stregua di tutte le altre patologie”, è il racconto di Monica Seles, che non ha avuto giustizia per l’accoltellamento subito durante quel maledetto cambio di campo al torneo di Amburgo 1993: Gunther Parche ha ottenuto la libertà vigilata e non ha mai scontato la pena in carcere. Altro fatto, quest’ultimo, che ha minato gli equilibri della ex tennista.
Per quanto dolorosa, la consapevolezza di doversela cavare da sola, è stata per Monica Seles la spinta per intraprendere il percorso verso la risalita e pensare a una vita oltre il tennis: ha ritrovato la forma fisica, è diventata una scrittrice di successo e spesso ha offerto il proprio supporto alle atlete che non si approcciano serenamente allo sport perché divorate dal tarlo delle insicurezze.
Quel sostegno che, a suo tempo, alla Seles era venuto a mancare da gran parte delle ex colleghe.