Diario di bordo: i miei 7 giorni alla Rafael Nadal Academy

[tps_title]09/07: HASTA LA VISTA MANACOR[/tps_title]

A 11 anni dalla vittoria dei Mondiali 2006 da parte dell’Italia, ecco l’arrivederci all’Academy. Svegliatomi ugualmente alla stessa ora, ignaro di potermi alzare più tardi, mi portai avanti con il lavoro, nonostante fino ad ora di pranzo dovessi rimanere lì. Ci sarebbe stato anche il tempo, oltre il check-out, di altre partite, ma il problema organizzazione sorse, allora di fatti, feci un ultimo giro dell’accademia, con l’intento, naturalmente di tornare, riflettendo su ciò che mi ha dato. L’unico rammarico, ammesso che ci sia stata la disponibilità economica, è che l’accademia è nata troppo tardi, per me, ormai: ma per il futuro, per i più piccoli, è un’occasione da sfruttare, al pari delle tante altre grandi accademie spagnole, come quella di Vilas o a Barcellona. Opportunità uniche per i nostri ragazzi, che purtroppo, in un modo o nell’altro, si è costretti ad emigrare per formarsi, umanamente e  tennisticamente, data l’arretratezza e lentezza italiana di cui parlavo in apertura. La mancanza di voglia, tempo, denaro e strutture in Italia non permettono l’exploit dei giovani italiani, emarginati o lasciati crescere solo dal punto di vista dell’educazione ma con i soliti errori. Proprio questo è il rammarico mio più grande: essere un buon giocatore, mal allevato e non consapevole dei propri mezzi e errori, che già attraverso una settimana, di grazia tennistica peraltro, in Spagna, è migliorato leggermente. Un lavoro graduale ma enorme, con disponibilità enormi e quantità di ragazzi, ma ben distribuite per fasce d’età e livello, con i quali dialogare, confrontarsi e mettersi alla prova: l’efficienza della rigidità e impeccabilità straniera, che pecca altresì a suo modo, ma riesce a formare ragazzi, proprio quello che in Italia non si riesce a fare. E non solo in campo sportivo: migliorare e restare può essere un obbiettivo della penisola. Comunque vada: hasta la vista Manacor!

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Mattia Esposito

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