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Mike Agassi: Indoor, la nostra storia

“So bene di avere una pessima reputazione. Sono l’iraniano pazzo di Las Vegas, quello che ha costretto i suoi figli a primeggiare nel gioco del tennis. La gente dice che sono irritante, autoritario, maniaco e arrogante. Mi hanno definito detestabile, lunatico, aggressivo e pure fanatico. Di me hanno detto che sono un “bullo minaccioso”, un “brutale negriero” e persino uno “psicotico trafficante di tennis”, qualunque cosa significhi…”
Un uomo, un “outsider” ai margini della società e quattro figli per coronare il sogno di una vita: forgiare un campione di tennis a livello mondiale. Per i genitori degli altri ragazzi  un orrido piccolo borghese armeno, uno venuto da Teheran per lavorare in un casinò di Las Vegas e che voleva a tutti i costi spingere i propri figli ad affermarsi in uno sport riservato ai ceti sociali più alti. È la storia di Mike Agassi, il padre padrone descritto da Andre Agassi come colui che lo ha spinto ad “odiare il tennis con tutto se stesso”.

Se Open  racconta il tennis di Andre, “spettro” onnisciente della sua vita,  Indoor rappresenta l’altra faccia della medaglia. Non più o meno veritiera, semplicemente la visione delle cose dalla prospettiva opposta.

Già dalle prime righe verrebbe da pensare che si tratti di una  “difesa”, un “botta e risposta”a ciò che il figlio Andre aveva esternato nella sua biografia. In realtà, il manoscritto originale risale al 2004 (quindi prima di quello di Andre),ed è stato scritto insieme a Dominic Cobello, giornalista e organizzatore di eventi tennistici (alla versione corrente è stata poi aggiunta l’ultima parte).

Per comprendere papà Emmanuel (Mike) dobbiamo partire da molto lontano. Andre, il più piccolo dei quattro figli, non è stato il primo a cui provò ad insegnare il tennis. Lo fece con la primogenita Rita, eccezionale, caparbia e combattiva. La verità, però, è che la sua carriera tennistica “l’ho rovinata io, mettendola troppo sotto pressione”-confessa il padre padrone nelle prime pagine. Commise lo stesso errore con il secondo figlio Philip, che aveva un gioco straordinario, ma che mancava dell’ “istinto Killer”, fondamentale sul campo da tennis. Con la nascita della terza figlia, Tami, Mike cambiò. Le insegnò a giocare a tennis, senza metterle alcuna pressione e lasciandola libera di seguire i propri interessi. A detta sua, questo probabilmente è uno dei motivi per cui è la più felice e equilibrata dei quattro. Circa 10 anni dopo, nel 1970, quando toccò ad Andre, Mike cambiò completamente “metodo”: “Mi dicevo che se si fosse affezionato al gioco sarebbe già stato un buon punto di partenza”. Con il tempo si rese conto che, non solo era il più talentuoso tra i suoi figli, ma che era anche quello che desiderava maggiormente riuscire in quello che stava facendo. Non si sa se desiderasse davvero giocare a tennis o se semplicemente non volesse deludere suo padre ma, non appena aveva un momento libero,  scendeva sul campo da tennis e passava ore e ore a migliorare i suoi colpi.

È da questo che parte Indoor per poi snodarsi in 12 capitoli che descrivono  il viaggio di un padre che vede nel successo dei figli la realizzazione di se stesso e il raggiungimento della felicità.  Ma c’è un capitolo in particolare in cui è possibile vedere ben oltre la “facciata di copertina” di Mike Agassi. È il decimo, il capitolo dell’ “amore”. Probabilmente è proprio qui che Mike si fa padre e uomo più di qualsiasi altra situazione. Le sue parole sono un ringraziamento a Steffi Graf per aver riportato Andre nella vita della loro famiglia. È qui che racconta di quando  venne a conoscenza del fatto che suo figlio Andre e Steffi avevano cominciato a frequentarsi. Non fece troppa fatica a capire le ragioni per cui suo figlio si fosse innamorato di lei. Era molto simile alla sua Betty, era un donna tranquilla senza grilli per la testa. Il suo miglior pregio? L’importanza che dà alla famiglia. Tanto importante che riuscì a riunire anche la loro.

“Steffi riportò nostro figlio nella nostra vita. Un giorno, si presentò a casa da sola. Mi abbracciò, mi baciò sulle guance e mi chiese come stessi. “Bene”-risposi. La invitai ad entrare, e ci sedemmo a parlare…Tornò molte volte a trovarci, da sola. Poi, pian piano, cominciò a portarsi dietro anche Andre. E dopo un po’, lui torno a far parte delle nostre vite. E il merito è di Steffi. Lei ha visto che la nostra famiglia era ferita, e sapeva esattamente cosa fare per curarla”.

Passiamo ora ad analizzare un altro aspetto fondamentale. Dopo il clamoroso successo di Open, cosa può aver pensato il pubblico del mondo intero alla notizia dell’uscita di Indoor?  Un libro di protesta, una trovata pubblicitaria per fare ancora più soldi o semplicemente il sequel di una biografia che sa, a tratti, di romanzo? Qualsiasi cosa abbiate pensato una cosa è più che certa. Avrete mormorato nella vostra testa che era il momento di correre in libreria (o a comprare la versione ebook) e cominciare a leggerlo, per confermare o sfatare i vostri dubbi. Sicuramente, una volta arrivata in fondo, ogni lettore trae la propria conclusione sulla forte personalità di un papà come Mike Agassi. Ma, anche se potrebbe sembrare il contrario, in queste pagine emergono tanti aspetti della vita della famiglia Agassi che potrebbero essere paragonati alle nostre. Forse, lasciando perdere tutto il contesto, la più grande colpa di questo padre padrone è stata quella di amare così tanto se stesso da non voler permettere ai propri figli di non accontentarsi del proprio destino. E, a quanto pare, è riuscito a farlo. Chiedersi se  davvero tutto sbagliato tutto quello che ha fatto è lecito quanto domandarsi se sia giusto affermare che il fine giustifica i mezzi. Ma questo, spetta a voi giudicarlo…

Fonte- “Indoor” Mike Agassi con Dominic Cobello

Edizioni Piemme S.p.a, Milano

Yelena Apebe

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