Può una tennista neo ventiduenne esser considerata una veterana? A questa domanda si può tranquillamente acconsentire in senso positivo, perché la risposta è un si convinto senza obiezioni. Basta guardare la sua breve carriera per farsi un’idea di chi sia Garbiñe Muguruza Blanco, colei che accomuna due facce di nazioni profondamente diverse ma che tifano entrambe per lei. Parteciperà per la seconda volta di fila alle WTA Finals, qualificata come numero cinque del ranking mondiale.
Partiamo dall’inizio. Sembra scontato, ma fidatevi che non lo è. Miami: si disputa l’edizione 2012 del Sony Ericsson Open, la giovanissima Garbiñe vi partecipa grazie ad una wild-card concessa dagli organizzatori anche per via delle enormi potenzialità intraviste a livello juniores. Gli occhi dei presenti sono tutti per le più blasonate tenniste, ma la giapponese Morita dopo un match combattuto è la prima vittima (si ritirerà sullo 0-3 per l’avversaria). Al secondo turno lo spauracchio Vera Zvonareva è superato senza grandi difficoltà, così come la nostra connazionale Flavia Pennetta superata in tre set. Un risultato imprevisto ma allo stesso sorprendente per il circuito femminile, perché erano da tanti anni che una rookie non superava i primi tre turni di un torneo. Al di là della sconfitta che arriverà il giorno dopo dalla futura vincitrice Agnieszka Radwanska, una domanda pervade il tennisofilo. Sì, ok potrebbe non esser questa la domanda, ma un “di questa giovane spagnola ne sentiremo parlare ancora? Fortuna o bravura?”. Dai, un po’ tutti ce lo siamo chiesti.
Il 2013 è l’anno del primo successo in doppio ad Hobart, ma è anche la stagione del primo infortunio serio alla caviglia che la terrà fuori nella parte finale. Ma l’Australia le sorriderà di nuovo trecentosessantacinque giorni dopo, perché sempre Hobart è il palcoscenico del primo successo in carriera nel circuito WTA. Pian piano, la Muguruza inizia a prender confidenza e a dimostrare le sue qualità. La Francia intera è testimone del roboante successo ai danni di Serena Williams, campionessa in carica del Roland Garros, sconfitta con un doppio 6-2. Serena si riprenderà con gli interessi quanto portato via (vittoria agli Australian Open dell’anno successivo), ma sarà co-protagonista del primo trionfo della ispano-venezuelana. Ma con calma, perché ci arriveremo.
La semifinale raggiunta in terra di Francia sarà il definitivo lasciapassare per la terra dei grandi. Sì, perché di li in poi l’aria respirata sarà sempre più importante, con la pressione aumentata a dismisura. Perché se vuoi essere la migliore, devi battere i migliori. Implicitamente, il suo diktat è stato questo verso se stessa. Ed infatti dopo aver terminato il 2014 tra le prime venti del globo, il 2015 parte comincia senza grandi sussulti. Ma è a Wimbledon che decide di sfoderare il suo tennis migliore, giungendo fino in finale sconfiggendo ben quattro teste di serie più alte di lei in classifica nelle sei sfide vinte. E indovinate un po’? Sarà nuovamente la mastodontica Williams a fermarla sul più bello, con un doppio 6-4 che certifica ancora di più la forza di questa ragazza sempre più leader di una scuola spagnola che aveva visto sbocciare talenti eccelsi solo in campo maschile. Lo scorso anno si concluderà, in seguito, con la vittoria di Pechino e la doppia partecipazione alle finali sia in singolare che in doppio. La numero due del ranking, dopo aver vinto il girone bianco vincendo tutte le sfide in programma, perderà la semifinale contro la già citata Radwanska. Maggiore delusione nel doppio, dove con Carla Suarez Navarro arrivano ad un passo dalla vittoria ma Martina Hingis e Sania Mirza si dimostrano più forti.
E arriviamo dove il roboante diventerà ancora più risonante, assumendo i contorni dell’incredibile. Rien ne va plus, les jeux sont fait (Nulla è più valido, i giochi sono fatti) avrà pensato la Williams quando ha scoperto il nome della finalista dell’edizione 2016 del Roland Garros. La Muguruza Blanco si presentava al cospetto della Dea con un solo set perso, ma al contempo era conscia di affrontare un’autentica schiacciasassi che, seppur ridimensionata agli Australian Open, faceva ancora molta paura. La voglia di abbracciare la connazionale Arantxa Sanchez sul trono di Francia c’è eccome, la voglia di stupire e di fare finalmente il grande passo anche. La vittoria al Roland Garros è finalmente la ciliegina su quella torta allestita in soli quattro anni di grande agonismo. Soffice, dolce e solida: quella torta costruita con tanta fatica si sta squagliando ultimamente come neve al sole. Gli scialbi risultati conseguiti a Wimbledon, Rio e New York (non oltre il terzo turno) hanno evidenziato qualche fragilità di troppo e una pressione forse troppo grande da reggere per una ragazza della sua età.
La sua storia la conosciamo, le sue qualità anche. La voglia di tornare a stupire non mancherà, perché soltanto dal buio più intenso può uscire la miglior luce.