Ci troviamo a Parigi, nel primo dopoguerra, a cavallo fra gli anni ‘20 e ‘30. Il tennis è uno sport d’elite e si gioca ancora vestiti con golf, camicia e pantaloni lunghi. Il panorama tennistico francese è dominato da quattro giocatori, soprannominati i Quattro Moschettieri: Jacques Brugnon, Henri Cochet, René Lacoste (futuro imprenditore leader nel campo dell’abbigliamento sportivo) e Jean Borotra. In questo periodo essi stabiliscono un pesante predominio vincendo una quarantina di titoli del Grande Slam fra singolo e doppio; l’unico capace di non essere travolto dalla qualità messa in campo dai quattro francesi fu Bill Tilden, che riuscì a rimanere al primo posto del ranking fino al 1926.
GIOCO E CLASSE – È in questo ambiente che Jean Borotra, chiamato in inglese il Basco Salterino (the Bounding Basque), si guadagna, fin da subito, l’ammirazione e i favori del pubblico, in special modo a Wimbledon, con il suo gioco brillante e entusiasmante, sempre all’attacco e grande interprete del gioco di volo, e con una personalità carismatica, corretta, esuberante (il suo berretto blu diventa un tratto distintivo del personaggio, come anche le chiacchiere scambiate con i fan a bordo campo). Vince i Championships due volte in singolo, nel 1924 e nel ’26, tre in doppio, nel ’25, ‘32 e ‘33, e di nuovo nel ‘25 in doppio misto con Suzanne Lenglen. Ottiene anche i titoli in singolare dell’Australian Open 1928, del Roland Garros 1924 e ‘31 e un bronzo olimpico a Parigi nel 1924. Il suo best ranking è stato al numero 2 in singolare e di primo al mondo in doppio, rispettivamente nel 1926 e nel 1925.
Ma i momenti più alti della sua carriera tennistica corrispondono al periodo del 1927-‘33, sei anni durante i quali la Francia e i Quattro Moschettieri monopolizzano la coppa Davis. Come lui stesso affermò, fare parte di quella squadra fu una delle sue maggiori soddisfazioni. Dopo tale impresa, trascorreranno 59 anni prima che l’insalatiera torni in Francia.
FUORI DAL CAMPO – L’era open è, però, ancora ben di là da venire, perciò Borotra è anche un lavoratore: ha studiato da ingegnere civile, combattuto la Prime e la Seconda Guerra Mondiale con il grado di capitano e si occupa di distributori di benzina per conto della Satam, dividendosi fra campo e ufficio con la stessa dedizione. Ricoprirà, inoltre, la carica di Ministro dello Sport sotto il regime collaborazionista di Vichy, cercando di promuovere l’affermazione del tennis in Francia, più “cavalleresco e disinteressato” del calcio, allora assai diffuso. Arrestato dal regime nazista, lavorerà in seguito per l’Itf, sostenendo l’apertura al tennis professionistico.
Dal 1976 fa parte della International Tennis Hall of Fame, istituzione con l’obiettivo di tutelare e diffondere i fondamenti del tennis e la memoria dei suoi campioni. È morto il 17 luglio 1994, all’età di 95 anni, nonostante la quale ancora si ostinava a colpire rovesci (siccome l’artrite gli precludeva il dritto) contro il muro del suo circolo di Parigi.
Dalla memoria dei Quattro Moschettieri nasce il soprannome dato agli emergenti Monfils, Tsonga, Simon e Gasquet nel 2008, i Nuovi Moschettieri, per la prima volta in quattro entro i top-20 mondiali, portatori di nuove speranza per il movimento tennistico d’oltralpe.
Di Riccardo Artuso