Il 30 luglio di quarant’anni fa andava in scena una delle finali più epiche di sempre: Arthur Ashe sconfigge Jimmy Connors a Wimbledon sconvolgendo il mondo del tennis e ribaltando pronostici e aspettative. Proviamo a ripercorrere un momento indelebile nella storia di questo fantastico sport.
Icaro ha volato troppo vicino al sole ed è bruciato, ma Tarzan ha mai oscillato troppo alto da perdere di vista gli alberi? Questa è una simpatica metafora che può spiegare quello che è successo nella finale maschile di Wimbledon del 1975, una delle più incredibili della storia del tennis.
Il 22enne Jimmy Connors era il grande favorito. Aveva trionfato l’anno precedente, era il numero 1 del mondo e giocava con una cattiveria senza precedenti. Nel 1974 il record di Jimbo era 99-4 e nel mondo del tennis non si faceva altro che parlare di colui che “per anni sarebbe andato avanti a vincere”
Poche fra le persone che hanno guardato la semifinale di Connors contro Roscoe Tanner avrebbero osato dissentire. “Jimmy” – ha scritto il giornalista britannico Richard Evans – “aveva un gioco fra i più impressionanti e letali di sempre, una cosa del genere non si era mai vista sul Centre Court. Pompato e in grande forma come mai prima, Jimbo dopo che vinse si battè il petto come una sorta di Tarzan-tennista in miniatura. Ma di fatto il suo atteggiamento stravagante contribuì alla sua perdita di potere”.
Solo una persona avrebbe potuto immaginarsi che Connors prima o poi potesse essere battuto. Arthur Ashe, che aveva appena trionfato contro Tony Roche in una battaglia al quinto set in semifinale, era seduto negli spogliatoi di Wimbledon, stanchissimo e concentrato, mentre Jimmy si pavoneggiava in TV sopra di lui. Ashe aveva notato che i proiettili scagliati al servizio da Tanner tornavano in campo ancora più forte dopo essere stati colpiti da Jimbo. Non sapeva che cosa fare in finale. C’era solo un problema: come Tanner, Ashe aveva sempre giocato con un back aggressivo e molta attenzione al vento. Sarebbe riuscito a cambiare, solo per questa volta?
Il concetto era che, qualunque cosa Ashe avesse provato, non avrebbe funzionato. I suoi amici in sala stampa avevano quasi paura per lui. Bud Collins si è detto “spaventato a morte che Arthur venisse umiliato terribilmente“. Frank DeFord di Sports Illustrated avrebbe preferito non vedere il match piuttosto che vedere Ashe battuto brutalmente.
Tra semifinale e finale, Ashe si consultò con il suo agente, Donald Dell, e il suo amico e collega Dennis Ralston. La strategia stabilita era molto simile a quello che Muhammad Ali aveva usato per battere George Foreman nel campionato dei pesi massimi l’anno prima: rope-a-dope, ovvero mostrare di proposito di essere in difficoltà per poi affondare. Piuttosto che incontrare a viso aperto un pugile più forte e più giovane, Ali era rimasto rilassato e incassava tutti i colpi di Foreman. Quando egli si stancò, Muhammad sferrò il colpo di grazia.
Ashe avrebbe attuato la versione tennistica di questa strategia. Invece di far giocare Jimbo, un risponditore nato, che amava il ritmo, Ashe avrebbe palleggiato con calma, rispondendo in slice quando in difficoltà. Invece di forzare il servizio potente che tanto amava e che Connors amava contrattaccare con il suo rovescio a una mano, Ashe l’avrebbe tagliato a lato. “Ho avuto una sensazione davvero strana, non avrei dovuto perdere“, lo sconfitto dirà più tardi
Ashe era abbastanza sicuro di poter indebolire il suo avversario più giovane ancora prima di iniziare la partita. Camminava sul Centre Court indossando posini rossi, bianchi e blu e la tuta della squadra di Coppa Davis, con “USA” ricamato sulla parte anteriore. Questo non è stato un atteggiamento da sottovalutare, dal momento che Connnors aveva da poco iniziato un boicottaggio nei confronti della Davis, anche considerando le polemiche che aleggiavano intorno ai due in quel momento.
Due anni prima, Ashe aveva guidato il “boicottaggio di Wimbledon“, una rivolta di lavoro che lasciò molti giocatori nel controllo di gioco più totale per la prima volta. Connors, un decennio più giovane di Ashe, beneficiò del rischio che i suoi compagni di gioco si erano presi. Piuttosto che unirsi al boicottaggio, a 20 anni, Jimbo si era felicemente ritrovato senza avversari a Wimbledon e conquistò il suo primo quarto di finale in un torneo del Grande Slam. Un anno dopo, Connors diventò numero uno e il primo campione dell’era Open a non aver legami con i vecchi tennisti dilettanti.
Eppure Connors, che è sempre stato un artista solista, era tutt’altro che grato. Prima di Wimbledon, lui e il suo manager anticonformista, Bill Riordan, furono citati in giudizio per i commenti che Ashe aveva fatto circa il recente boicottaggio della Coppa Davis di Jimbo.
“Non è uno di noi” – disse Ashe nel ’75 – “In questo momento lui ha dolorosamente sbagliato. Difficilmente dimenticheremo“. E’ questo ciò per cui l’ATP aveva combattuto? Molti appassionati di tennis, e quasi tutti i suoi colleghi, desideravano che Ashe, il 32enne favorito del pubblico, desse al bambino la sua meritata punizione sul Centrale.
“Il contesto politico aveva ovviamente aggiunto curiosità per l’occasione,” – ha scritto Evans – “anche senza considerare la partita, perchè Ashe era già uno degli atleti più eclettici e popolari in tutto il mondo, mentre Connors era l’anti-eroe sfacciato, volgare, e minacciosamente perfetto“.
Il mondo, per una volta, ottenne ciò che voleva. La coraggiosa tattica di Ashe funzionò perfettamente. La palla veniva scheggiata in modo che potesse rotolare dolcemente, la teneva bassa, Connors oscillava da una parte all’altra e spesso colpiva con precisione il suo traballante dritto al volo. Jimbo non aveva nulla su cui poter lavorare, non sapeva come reagire, Ashe l’aveva lasciato senza armi e vinse i primi due set con uno stupefacente 6-1 6-1. La fase più impressionante del match arrivò in seguito, dopo che Connors furtivamente si prese il terzo set e andò avanti di un break nel quarto: Ashe chiudeva gli occhi in meditazione ad ogni interruzione, la sua strategia era bloccata. Alla fine, come Ali, con due rovesci rientrò nel set e pochi minuti dopo, con due servizi traballanti Ashe vinse il match con la volée decisiva.
Con questo match, Ashe aveva concesso un evviva finale a quel tennis “vecchio”; quel Wimbledon sarebbe stato l’ultimo torneo del Grande Slam della sua generazione. Allo stesso tempo, diventò il primo e – finora – unico uomo di colore a vincere Wimbledon. Quando la partita finì, Ashe si voltò verso il suo box e alzò il pugno, per breve tempo, in celebrazione. Molte persone pernsarono che quello fu un saluto alla “Potere Nero”, come quelli di Tommy Smith e John Carlos durante le Olimpiadi del 1968 a Città del Messico. Ashe, come fa notare Eric Allen Hall nella biografia del giocatore del 2014, ha dichiarato che il suo pugno chiuso è stato solo un cenno di trionfo verso Dell, uno dei principali artefici di questa vittoria. Più tardi, però Ashe si è detto felice di “aver potuto dire la mia fra i neri”.
Connors in futuro dichiarò che aveva sofferto di una microfrattura alla tibia durante il match valevole per il primo turno di quell’edizione di Wimbledon. Ma niente avrebbe potuto rovinare quel momento: Ashe era un uomo tranquillo che normalmente giocava con sconsiderato abbandono, che sarebbe presto tornato a quello stile, dopo la vittoria su Connors. “Fu la vittoria più colorata della sua carriera”, dice Evans.
Ashe ha rappresentato la figura di un atleta raro che trascende tutti i confini, ha ispirato bianchi e neri in ugual misura. Con la sua vittoria su Jimmy Connors, che appareva invincibile quanto Tarzan, ha offerto speranza per tutti. Ashe ha dimostrato che pensiero e coraggio sono materie importanti nel tennis e che, con buone dosi di entrambi, chiunque può essere battuto.