Dubai. 18 febbraio 2011. Anna Chakvetadze è impegnata nel match di secondo turno che la vede opposta a Caroline Wozniacki. La danese è la n.1, la russa n.56. Sin da subito, presi singolarmente, questi dati producono una stonatura. Perché quei numeri sono la dimostrazione che le cose per Anna Chakvetadze non sono andate come avrebbero dovuto. Quattro anni prima la russa era riuscita ad issarsi fino al quinto gradino del ranking WTA. Quattro anni prima in molti la consideravano una con tutte le carte in regola per rimanere stabilmente tra le top ten. Poi, ha iniziato a girare tutto storto. Però a Dubai sembra in ripresa, o forse è solo una speranza, un’illusione. La stagione è appena iniziata e ha già rimediato due sconfitte precoci. Ora, contro la Wozniacki ha perso il primo set 6-1 in appena trenta minuti. Però nella seconda manche è in vantaggio 5-3. Finché, all’improvviso, il crollo. Non tennistico, molto peggio. Anna Chakvetadze cade sul cemento del “Avation Club” di Dubai; svenuta.
Era necessario un evento tanto drammatico per accorgersi di quanto fosse magra, del pallore del suo volto reso ancora più cereo delle occhiaie profonde. Accorre un medico, le misura le pulsazioni alla carotide e le effettua un semplicissimo test neurologico: muove lentamente davanti a suoi occhi un dito che lei dovrebbe seguire. Non ci riesce. Il ritiro è inevitabile. Il rapporto ufficiale ritiene responsabile del collasso un virus intestinale, segnalato dalla stessa giocatrice prima dell’inizio del torneo. Per prevenzione Anna Chakvetadze non scende in campo a Doha ma, circa un mese dopo, il 13 marzo, durante il secondo turno di Indian Wells la scena si ripete. Anna Chakvetadze non si regge in piedi, ha le vertigini, senso di nausea. La russa viene portata in ospedale. La diagnosi è di quelle che lasciano poco, e insieme molto, spazio all’immaginazione: sincope neurocardiogena. I medici raccomandano riposo assoluto. Lei segue il consiglio e rientra in campo a Stoccarda. Gli organizzatori non le vanno incontro: deve affrontare le qualificazioni. Anna le supera ma, durante il primo round, gli stessi sintomi che l’avevano bloccata precedentemente si manifestano nuovamente in tutta la loro sgradevolezza.
Cos’è dunque questa misteriosa sincope neurocardiogena? Nulla di propriamente grave o maligno nel senso stretto del termine. Si tratta di una perdita di coscienza temporanea, che non sfocia mai in uno svenimento prolungato, a cui si associa una rapida diminuzione della pressione arteriosa, seguita dal rallentamento della frequenza cardiaca. Impossibile individuare una causa a cui imputare l’origine del malore: può essere il caldo, può essere l’affaticamento fisico, ma nel caso di Anna si propende per lo stress mentale. La sola cosa certa è che insieme a una serie infinita di dubbi, di ipotesi, di rimpianti e nostalgie, si è dissolta pure Anna Chakvetadze.
Anna Chakvetadze è nata il 5 marzo del 1987. È la madre Natalia a portarla su un campo da tennis per la prima volta. All’epoca Anna ha otto anni ma, pur dimostrando sin da subito una spiccata predisposizione al nobil gioco, un po’ per via del fisico gracile, un po’ perché i genitori sono contrari all’idea di sacrificarla sull’altare dei bambini prodigio; non cerca di bruciare le tappe. Certo, esordisce nel circuito ITF appena quattordicenne e due anni dopo raggiunge la finale di Wimbledon juniores; ma non è lei la russa su cui si posano i riflettori del grande tennis: nel 2004 è la sua coetanea Maria Sharapova a vincere Wimbledon e, sempre nello stesso anno, è Svetlana Kuznetsova a conquistare l’US Open.
La carriera di Anna procede a piccoli passi, senza trascurare nulla, né il pianoforte, per cui dimostra un talento pari al tennis, né la scuola, dove primeggia senza il minimo sforzo. E così, mentre le celebri connazionali scalano le classifiche, Anna Chakvetadze, una sorta di “oggetto misterioso” che accarezza i tasti del pianoforte con la stessa grazia con cui colpisce una pallina da tennis, chiude il 2004 al 91esimo posto del ranking e un successo sulla campionessa del Roland Garros, Anastasia Myskina. Nella stagione successiva Anna partecipa a pochi tornei ma mirati in cui anche quando esce ai primi turni è per mano di tenniste del calibro di Elena Dementieva contro cui perde sia all’Australian che al terzo round dell’US Open, dove si arrende 7-6 al terzo; Kim Clijsters che la sconfigge a Indian Wells; Venus Williams che la ferma ad Istanbul; Maria Sharapova che la batte al Roland Garros; Jelena Jankovic che dopo aver perso a Indian Wells si vendica a Wimbledon; e Lindsay Davenport che le sbarra la strada a Cincinnati.
Partita come n.33 del mondo, nel marzo 2006, sulla terra battuta di Varsavia Anna Chakvetadze sconfigge Jankovic, Hantuchova e Ivanovic, prima di arrendersi in semifinale a Svetlana Kuznetsova. Sia al Roland Garros che a Wimbledon la moscovita si scontra contro due tabelloni proibitivi: in terra francese cozza al secondo turno contro Li Na, sull’erba londinese è piegata da Justine Henin. È il cemento americano a riservarle discrete soddisfazioni: a San Diego fa fuori Nadia Petrova e Ana Ivanovic, a Montreal si arrende in semifinale a Martina Hingis, mentre all’US Open raggiunge gli ottavi. La sorte le sorride a settembre al torneo di Canton dove approfitta del ritiro della Jankovic per poi superare in finale la spagnola Anabel Medina Garrigues; conquistando così il suo primo titolo WTA.
Anna si presenta al torneo di casa, a Mosca, in forma smagliante: annienta al primo turno Dinara Safina, supera la resistenza di Francesca Schiavone, approfitta del forfait della Sharapova e in semifinale prevale in tre set su Elena Dementieva. Giunta all’ultimo atto, affronta Nadia Petrova contro cui gioca un match tatticamente impeccabile avendo così la meglio sulla connazionale per 6-4 6-4. Un successo che le consente di chiudere l’anno come n.13 del mondo.
È una crescita continua quella di Anna che, a inizio 2007, dopo aver vinto il torneo di Hobart, raggiunge i quarti all’Australian Open dove cede di misura a Maria Sharapova. I quarti al GDF Suez di Parigi e la semifinale ad Anversa, dove in entrambe le occasioni perde dalla Mauresmo, precedono la semifinale di Miami dove sconfigge Li Na prima di soccombere alla Henin. L’ingresso tra le top ten è impreziosito dai quarti raggiunti al Roland Garros, quando le sue gentili geometrie vengono cancellate dalla potenza dirompente di Maria Sharapova.
Anna Chakvetadze si rifà sull’erba di S’Hertogenbosch, in finale sulla Jankovic, mentre a Wimbledon, si ferma al terzo turno dove viene recuperata e sconfitta dalla sorellina di Krajicek. La pianista si riscatta con la semifinale a San Diego e conquistando i prestigiosi tornei di Cincinnati e Stanford. Le semifinali all’US Open e al Master, dove s’inchina al cospetto di Svetlana Kuznetsova e Maria Sharapova, nonché il trionfo in Federation Cup, sigillano una stagione straordinaria che la vede toccare il suo best ranking: il n.5.
Sono le quattro di mattina del 19 dicembre quando un gruppo armato formato da sei individui, fa irruzione nella villa della famiglia Chakvetadze. Sono ore di paura per Anna, i suoi genitori e il fratellino Roman, di nove anni. Anna, papà Jamal e mamma Natalia vengono legati, l’uomo persino picchiato e, sotto alla minaccia di una pistola, vengono spinti a dar loro il denaro ed i valori, per un totale di circa cinque milioni di rubli. Anna, che non ha mai voluto rilasciare dichiarazioni inerenti all’aggressione subisce uno shock psicologico che, oltre a spingerla a ridurre le partecipazioni ai tornei, le impedisce di esprimere il suo miglior tennis ogni qualvolta scende in campo eccezion fatta al indoor di Parigi in cui elimina Amelie Mauresmo e Marion Bartoli prima di battere in finale Agnes Szavay.
Una stagione in bilico a cui segue un 2009 terrificante, caratterizzato da tremende delusioni, culminanti con il primo turno sia a Wimbledon che al Roland Garros. Anna è abituata a pretendere il massimo da sé stessa, per lei il fallimento è inconcepibile, nel tennis, come in qualsiasi cosa decida di fare. Decide così di rimettersi in gioco; e per farlo deve ripartire dal basso. Lo fa vincendo prima il torneo di Portorose, dove batte in finale la svedese Johanna Larsson con il punteggio di 6-1, 6-2; poi l’ITF del Bronx su Sofia Arvidsson. I segnali di ripresa sono sempre più evidenti quando raggiunge la semifinale a Copenaghen dove lotta fino all’ultimo contro Caroline Wozniacki. E invece la sfortuna di nuovo si accanisce contro la moscovita che, per l’intero 2011, deve lottare contro i problemi di salute che ne limitano il rendimento e la presenza nel Circus.
Segue quindi la candidatura al Parlamento russo, dove si presenta per via dell’interessamento del movimento liberista Russa’s Right Cause; finanziato dal magnate Mikhail Prokhorov. Un’esperienza, più che un reale desiderio di entrare in politica, perché intanto torna ad allenarsi con Cristian Kordasz e Jorge Repetto, rispettivamente il coach e il preparatore atletico che nel 2007 l’avevano lanciata nell’Olimpo del tennis. Il 2012 però è un’ecatombe: Anna gioca sempre meno e sempre peggio. L’ultima apparizione risale a settembre, al torneo di Tashkent, in Uzbekistan, dove perde agli ottavi contro Galina Voskoboeva. Poi nulla. Nel frattempo precipitata giù, sempre più giù, fino a toccare quota 577 del ranking WTA.
Fino all’annuncio ufficiale. Anna Chakvetadze, ex numero 5 del mondo, lascia il tennis a ventisei anni, con 8 titoli WTA in bacheca. Un trauma mai sanato, ma che le ha fatto «vedere le cose più in profondità”». Due ernie, una cervicale e l’altra spinale. Un equilibrio fisico e mentale irrimediabilmente compromesso.
David Foster Wallace ha sostenuto che veder giocare Roger Federer sia quanto di più simile un’esperienza religiosa. Sarebbe per semplice spirito sensazionalistico dire lo stesso di Anna Chakvetadze. Eppure la russa celava in sé qualcosa di mistico, quasi scendesse sul terreno di gioco con la stessa grazia con la quale si sarebbe potuta esibire in un concerto per pianoforte al teatro “La Fenice” di Venezia. Perché insieme al suo tennis così elegante, così preciso, così aureo dal quanto era pulito; scendeva in campo lei, Anna, talmente silenziosa, di una bellezza al limite del monacale da rendere un banale campo da tennis un luogo ascetico.
In questo tennis che tutto macina il nome di Anna Chakvetadze è destinato a cadere nel dimenticatoio. Un nome che, a chi si è avvicinato da poco tempo al tennis, non dice quasi nulla. Un nome che, per chi l’ha vista giocare e l’ha ammirata, provoca una stretta al cuore. Le parole che William Shakespeare fa pronunciare a un suo personaggio in “Molto rumore per nulla”, possono, in parte, renderne l’idea. «Noi non apprezziamo il valore di ciò che abbiamo mentre lo godiamo; ma quando ci manca o lo abbiamo perduto, allora ne spremiamo il valore» . Il valore di Anna Chakvetadze era talmente elevato che, chi l’ha amata, continuerà a sentire, a vedere, a rimpiangere le sue note.