Carlos Berlocq, l’abbandono del gladiatore

Pochi giorni fa l'annuncio del ritiro di Carlos Berlocq, l'argentino con all'attivo 2 titoli Atp, una Davis e 19 Challenger

Ci sono tennisti che verranno ricordati per la bellezza estetica del loro tennis, altri per i numeri di trofei vinti, altri ancora per l’aver raggiunto la vetta della classifica ATP e perché no, altri per essere stati personaggi discutibili in campo.

Poi c’è un’altra categoria, quella dei gladiatori, dei lottatori, dei giocatori che non eccellono dal punto di vista del talento puro e della tecnica e che hanno dovuto sopperire con altro, con tanto altro. Grinta, tenacia, sudore, voglia di rimanere in campo per ore. Qui dobbiamo inserire, senza alcun dubbio, Carlos Berlocq.

Negli scorsi giorni, all’età di 36 anni, ha annunciato neanche troppo a sorpresa, il suo ritiro. Le stagioni sulle sue gambe erano molte, l’ultimo anno è stato meno positivo rispetto ad altri per lui, e ha deciso di appendere la racchetta al chiodo.

Come detto, i fan non ricorderanno di lui, i punti straordinari, e la bellezza dei gesti tecnici. Senza ombra di dubbio però, ricorderanno il lavoro, il sudore, e gli addetti ai lavori, ricorderanno anche le ore passate in campo, che spesso hanno costretto gli organizzatori a modificare programmi nell’arco della giornata. Carlos Berlocq era questo. Un giocatore non dotato di un servizio irresistibile, con gran diritto da fondocampo e un buon rovescio ad una mano. Di conseguenza, nessun punto facile. Ogni punto costruito, con la fatica e con il sudore in campo per riuscire a vincere il match.
Con queste caratteristiche, inutile sottolineare la sua superficie preferita, la terra battuta. Qui sono arrivati tutti i suoi 21 successi, 19 a livello Challenger e 2 a livello ATP. Questi ultimi, sebbene siano ATP 250, sono davvero prestigiosi, per gli avversari trovati dall’altra parte della rete in finale. Nel 2013, a Bastad, trovò come avversario Fernando Verdasco, e l’anno successivo a Estoril, addirittura l’allora numero 6 del mondo Tomas Berdych.

Qui si comprende ancora meglio che lottatore sia stato Carlos Berlocq. Perché gli exploit ci possono stare, può capitare che i grandi giocatori non disputino i 250 con la massima attenzione o dando tutto loro stessi, ma non in finale. Dal momento che si arriva all’atto conclusivo del torneo, chiunque da il 100%. E l’argentino ha prevalso su due giocatori a lui nettamente superiori sotto ogni punto di vista. Riuscire ad arginare il diritto mancino di Verdasco sul proprio non naturalissimo rovescio, e la potenza devastante dei colpi di Berdych, fanno sì che i fan abbiano solo una parola da rivolgere a lui: Rispetto.

Come precedentemente detto però, a livello Challenger sono arrivati a livello quantitativo le sue gioie più grandi. Con 19 successi, l’argentino si colloca al quarto posto della classifica, dietro soltanto al giocatore di Taipei Lu, all’israeliano Sela e al nostro Paolo Lorenzi. Quest’ultimo, se vogliamo, è colui che può essere paragonato a Berlocq per le proprie caratteristiche. Con risultati complessivamente diversi, ma i tifosi argentini hanno la stessa considerazione di Berlocq, che noi italiani abbiamo di Lorenzi, ma così i tifosi in generale di questo sport. Due giocatori, capaci di ottenere risultati di rilievo, capaci di ritagliarsi il loro spazio, nonostante un talento naturale minimo e una potenza decisamente inferiori ai più. Entrambi,non a caso, sono tra i più grandi “urlatori” del circuito, non un gesto appunto elegante, ma che rende l’idea di quanto sudore abbiano lasciato in campo e che per quanto riguarda Paolo Lorenzi continuerà a lasciare, nonostante i 39 anni, anche nel 2020.

Tornando esclusivamente a Carlos Berlocq, non deve passare in secondo piano, la conquista della Coppa Davis nel 2016. Successo non da protagonista, ma lui era lì, convocato, al fianco di colleghi come Del potro, Delbonis e Guido Pella. Ha lasciato decisamente il segno, invece, l’anno successivo, nel primo turno, quando mandato in campo sul punteggio di 1-2 contro l’Italia, battaglia e supera proprio il suo “simile” Paolo Lorenzi, portando la sfida sul 2-2, sfida poi persa 3-2 con la vittoria di Fabio Fognini su Guido Pella.

Questo è stato Berlocq, che è poco se consideriamo 1000 e Slam, visto che non si ricordano di lui risultati strabilianti, bensì battaglie eroiche di 4/5 ore, ma che è tantissimo se consideriamo i valori assoluti del giocatore, e quanto è riuscito, nonostante tutto, a farsi rispettare da colleghi e fan.

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