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Chi è Kevin Anderson?

Ricordo l’estate del 1985. Vacanze al mare senza tv, o meglio, con la tv di amici che avevano la villa adiacente alla nostra. La semifinale di Wimbledon aveva promosso un giocatore che per me, allora  neanche tredicenne, era poco più di un sconosciuto. Si chiamava Kevin Curren, e di là ad un paio d’anni avrei realizzato che si trattava di un giocatore di grandissimo livello. A distanza di più di trent’anni un altro Kevin, sempre sudafricano, si ritrova in finale di uno Slam. La differenza è che questa volta è dato per chiaro underdog, al cospetto del redivivo Rafa Nadal, che vuole dare legittimazione sul campo al suo ruolo di guida del ranking mondiale, a dispetto di chi ne attribuisce le fortune per merito delle disgrazie altrui.

Kevin Anderson è quel tipo di giocatore che si suole definire simpaticamente “lungagnone”. 203 centimetri, dice il book ATP. Magrissimo, spalle larghe. Apertura alare impressionante a rete, luogo che frequenta con parsimonia quanto con discreta capacità. Dotato, manco a dirlo, di un servizio onnipotente, sul quale basa sostanzialmente il suo impianto di gioco, dispone anche di un dritto di buon livello e di un rovescio (a due mani, come da tradizione sudafricana) col quale tampona gli attacchi che spesso deve sopportare nei poco graditi scambi da fondo campo. Sbaglia quindi chi pensa che Anderson sia un tennista dal “solo servizio”. Discreta anche l’intelligenza tattica, della quale ha dato un’ottima dimostrazione nel recente match contro l’altra sorpresa di questo US Open, Pablo Carreno Busta, al quale ha concesso pochissimo, accorciando gli scambi con maestria, alternando vincenti a sortite a rete, nonostante i suoi colpi di approccio siano spesso laboriosi.

Classe ’86 (altro over trenta in formissima), si palesa nel 2004 nella classifica ATP, attraverso un bel piazzamento in semifinale nell’unico Future disputato. Poi piano piano, come si conviene, scala il ranking nel giro di 2 anni, alternando pochissimi Futures, ancora meno Challengers alla frequentazione del circuito Collage statunitense, pensando giustamente all’accoppiata studio\tennis. A Johannesburg vince il suo primo titolo ATP nel 2011 e approda nella top40 l’anno successivo. Parliamo del classico tennista che non strepita, senza acuti. Raramente fuori nei primissimi turni, vince sempre i match in cui è favorito e vende cara la pelle contro i top players. Qui possiamo apprezzare la qualità del suo movimento di servizio:

Quanto al dritto e al rovescio, a proposito di quello che dicevamo in precedenza, vi lasciamo il gusto del commento tecnico, usando sempre lo slow-motion:

Per essere un tennista che supera i due metri di altezza le qualità di agilità sono rimarchevoli. Sul piano della corsa, naturalmente, Anderson paga dazio, ed è altamente probabile che fronteggiare la robustezza dei top spin di Rafa Nadal sarà molto complicato per lui in finale. Sul fronte della vita privata sarà interessante sapere per gli aficionados che Anderson gestisce un sito internet. Sarà proprio il nostro eroe a darvi il benvenuto nella navigazione, particolarmente gustosa per chi ama giocare e conoscere aspetti non proprio comuni del nostro amato sport. Anderson è sposato con una golfista, tanto per non smentire l’accoppiata tennis & golf, non molto nota, che risponde al nome di Kelsey O’Neal.  La O’Neal è anche una dei co-founders del suo sito.

La favola di Anderson giunge a compimento con la finale. Il copione vuole che perda, con onore, ma perda dinanzi al campione maiorchino. La realtà incombe. Non sarà possibile vincere uno slam insomma per il portacolori sudafricano, e se non sarà un ragazzone tedesco ad infrangere il sogno, sarà il turno di un altro ragazzone spagnolo. Ma sognare, appunto, giunti fin qui, non costa nulla.

Alberto Maiale

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