La dinastia dei semidei presto vedrà tramontare l’ultimo sole. Nadal, Đoković e soprattutto Roger Federer sono prossimi all’abdicazione. Ci sarà un giorno in cui l’era dei Big Three giungerà al crollo e il mondo del tennis verrà avvolto dall’oscurità. Ma non è questo il giorno!
I cinefili più attenti avranno colto la citazione, si cerca di sdrammatizzare, ma qui la situazione è molto seria. Sono anni ormai che ci guardiamo attorno impazienti, e anche un po’ preoccupati, per cercare di trovare un degno erede per la successione al trono. Qualche nome si è fatto, qualche giocatore ci ha provato, ma quei tre lì hanno portato il tennis a livelli probabilmente irraggiungibili. La generazione di mezzo è stata letteralmente fagocitata (quella dei Dimitrov, dei Raonic, dei Cilic, dei Nishikori, per capirci): eredi non riconosciuti di una delle dinastie più straordinarie della storia del tennis; una generazione bistrattata, che non ha retto il confronto; una generazione mai capace di imporsi, che ha combattuto, certo, ma che ha fallito. Questa Lost Generation del tennis ci ha resi sicuramente più scettici e diffidenti nei confronti dei nuovi giovani emergenti, che sono comunque gravati da un grosso peso di responsabilità, perché questa volta non si scappa: a breve toccherà a loro. Ma chi riuscirà ad emergere?
Uno dei nomi più discussi di questi ultimi mesi è sicuramente quello di Daniil Medvedev. Lo spilungone russo è stato protagonista di un’incredibile seconda parte di stagione, riuscendo a raggiungere sei finali consecutive, compresa quella agli US Open persa contro Rafa Nadal. In questo 2019 si è aggiudicato 4 titoli (2 master 1000 e 2 ATP World Tour 250) e ha conquistato la quarta posizione come best ranking. Ha chiuso la stagione, non al top della forma, con una brutta figura alle Finals di Londra, ma quest’anno ha dimostrato di essere diventato un grande giocatore. Può essere lui il giusto erede?
Fino ad agosto è solo un buon giocatore: rendimento altalenante (vince a Sofia il 250, poi molte brutte eliminazioni come quella al primo turno all’Open di Francia); buoni colpi, ma gioco poco incisivo; voglia di vincere, ma scarsa convinzione. Poi in estate qualcosa cambia, Medvedev parte per gli Stati Uniti e diventa un top player. A Washington la prima finale, persa contro Kyrgios, poi in Canada perde la prima contro Nadal, poi vince a Cincinnati, poi la scalata degli US Open e poi i due titoli di San Pietroburgo e Shanghai.
Sembra quasi di parlare di due giocatori diversi; un cambiamento così drastico e repentino è quantomeno singolare, e ovviamente riassumere una stagione intera in tre righe semplifica troppo le reali dinamiche umane e sportive di questo ragazzo, ma la differenza è netta e non può certo passare inosservata o essere classificata come normale crescita di un giovane talento. Da agosto in poi Daniil è diventato una macchina da guerra: mentalità vincente, costanza impressionante, fame, grinta, personalità, potenza, equilibrio mentale, lucidità… tutte le qualità del fenomeno. Dimentica tutte le intemperanze del passato, si concentra su se stesso, sul suo stile di gioco, sulla gestione delle emozioni.
Agli US Open la prova più difficile: qualche scintilla di troppo in campo, il pubblico comincia ad essergli ostile, lui li provoca, il brusio si trasforma in fischi assordanti, lui non si lascia condizionare e ne trae forza, i fischi continuano con boati di disapprovazione e, probabilmente, insulti. L’odio è ormai tangibile, ma Medvedev continua a vincere. Non sembra affatto demoralizzato o afflitto dalla totale avversità del pubblico nei suoi confronti, e anzi li istiga, ringraziandoli per la forza che gli stanno dando. Forse non la reazione migliore e più elegante, ma non si lascia vincere dal nervosismo, resta attaccato ad ogni partita e compie una grande impresa, senza lieto fine ma con un’insperata pace tra lui e il pubblico.
Un giocatore che fino all’anno scorso non era tenuto in considerazione come possibile rivelazione del circuito. Carattere difficile, nervoso, antipatico, tetro; temperamento troppo sopra le righe, passava dalla follia di alcune reazioni al totale sconforto; stile di gioco indecifrabile, privo di veri punti di forza e con grossi limiti tecnici, e non sembrava nemmeno sorretto da un talento paragonabile agli altri top Next Gen. Nessuno avrebbe scommesso su di lui. In Russia i giocatori più promettenti erano considerati Rublev e Khachanov. Ma poi le cose cambiano e il mondo si accorge di Daniil Medvedev.
Il giocatore diventa più solido sotto tutti i punti di vista e i risultati lo premiano. Questo può bastare? Non possiamo certo dimenticarci i trascorsi di questo giocatore, ma dobbiamo ammettere che appena ha deciso di voler diventare un vero campione ha cominciato ad essere micidiale. Scomodo per tutti con quel suo gioco imperscrutabile, bizzarro, fastidioso, che prima invece lo rendeva impacciato e poco efficace. Migliora il dritto, non ancora risolutivo, ma affidabile; perfeziona un servizio infallibile e un rovescio eccezionale, che diventa la sua arma letale; migliora i suoi spostamenti in campo, nonostante i due metri di altezza, diventa più rapido, si muove in modo intelligente e cerca di non concedere angoli.
Conosce bene i propri limiti e agisce di conseguenza: il dritto non chiude lo scambio, allora tieni i colpi profondi, attacca da fondo, non apre il campo e prolunga lo scambio; non ha un grande estro, allora toglie ritmo agli avversari, spezza le loro geometrie con i suoi colpi poco ortodossi, così strani, talvolta brutti, ma così efficaci. Diventa allora un avversario difficile da battere, perché è fuori dagli schemi e in continuo miglioramento. Questo è forse l’elemento di maggior interesse nei suoi confronti, e per questo non è ancora chiaro dove possa arrivare, fin dove possa spingersi.
Non possiamo ancora sapere se sarà lui ad ereditare la leadership del circuito, anche perché quest’anno ha ottenuto solo 1 vittoria contro Đoković e poi 3 sconfitte con Federer, 1 con Đoković e 3 con Nadal, ma sicuramente adesso il ragazzo è un osservato speciale ed è uno degli avversari più temibili. Potrà ribadirlo già tra poche settimane agli Australian Open, il primo grande appuntamento della stagione, dove, secondo la leggenda del doppio, Tood Woodbridge, può essere l’uomo giusto per mandare a casa i tre grandi, ne ha le capacità, e aggiunge: “Penso che ci creda e sono convinto che sappia di poter arrivare in finale e lasciare fuori quei ragazzi”. Vedremo cosa dirà il campo, e se non sarà in Australia aspetteremo ancora.
Daniil Medvedev non avrà il talento più cristallino, non avrà il gioco più spettacolare, ma forse ha trovato la giusta direzione verso cui inoltrarsi e, se non si perde nel percorso, potrà godersi un arrivo spettacolare.