Dietro a Kei Nishikori non c’è solo Michael Chang, come molti pensano: gran parte del lavoro lo fa Dante Bottini, esperto coach del circuito cui il giapponese numero cinque del mondo deve molto soprattutto sotto l’aspetto tattico. Conosciamolo meglio.
Il tennis è stata la sua vita: ha cercato di diventare professionista tra Futures, Challengers e tornei satellite ma non è mai riuscito a spingersi oltre la 700esima posizione del ranking in singolo e oltre la 300 ma ha dovuto smettere a 20-21 anni anche a causa di una vita molto difficile e scomoda. Ha vissuto in Europa in una roulotte in condizioni molto difficili per poi trasferirsi in Argentina per finire il liceo e scoprire gli Stati Uniti grazie ad una borsa di studio. Lì ha terminato gli studi e nel 2008 ha cominciato a frequentare l’accademia di Nick Bollettieri quando aveva 27 anni. Tanti giocatori allenati, tra cui Tommy Haas, Max Mirnyi, Taylor Dent, tutti provenienti dalla famosa academy.
Lì incomincia ad appassionarsi alla preparazione atletica e tattica dei giocatori e soprattutto, si accorge dell’incredibile perfezione delle installazioni: cemento, terra, erba, palestre; Dante è entrato nel tennis che conta e non intende uscire. Comincia ad interagire con l’idea del prototipo perfetto del tennista, le giovani promesse che saranno fisicamente e tecnicamente i nuovi fenomeni, e uno di questi è Kei Nishikori.
Il giapponese comincia la sua collaborazione con Bottini da numero 98 del mondo, e più ha incassato colpi, più è maturato. Tennisticamente parlando, ha notevolmente migliorato la propria difesa e che piaccia o no, ha cominciato a vincere da quando imposta i match in chiave fisica, oltre che da quando ha sensibilmente potenziato il servizio. Ora è uno dei più forti del circuito e si mostra sempre più flessibile e sicuro. Dante Bottini è stato bravo a rendere Nishikori un giocatore costante: è uno dei più veloci della classifica e uno dei più forti mentalmente, e questo è innegabile; è difficile vederlo instabile durante le partite. Il piccolo grande Kei ha ampi margini di miglioramento, sempre, e questa è la grande innovazione: il continuo cambiamento.
Secondo Bottini Nishikori ha le carte in regola per diventare numero uno del mondo, soprattutto ha il carattere di un numero 1, di un vincente. “Lui vede la vetta e quasi sempre la raggiunge“, ama dire Dante. La sua collaborazione con Nishikori non è minimamente paragonabile a quella del giapponese con Michael Chang, che lo segue solo tra 15 e 20 settimane all’anno, proprio per impostarlo ad un certo tipo di tornei.
Bottini non sembra spesso contento di questa “partnership” con l’ex campione, ma da buon professionista, accetta il fatto che non venga considerato importante quanto Chang, accetta il fatto di essere una squadra e tutto in funzione del bene del suo allievo Kei. I giornalisti si concentrano sempre sul giappo-americano ma non pensano mai a quanto sia davvero fondamentale Bottini per Nishikori.
“Ha portato tutta la sua esperienza da giocatore e la sua capacità di gestire i momenti importanti,” – dice Dante – “relativamente però, perchè gran parte del suo lavoro è parlare, motivare. Sul piano tattico ci lavoro io. Michael serve a Kei più come punto di riferimento, per far sì che possa usufruire dei suoi consigli, con lui è molto più tranquillo“.
Parlando di altri talenti emergenti, per il buon Bottini i giocatori con più potenziale sono Kyrgios, Rublev e Kokkinakis: i due australiani li considera grandi giocatori, mentre il russo ha avuto occasione di vederlo allenarsi in Florida, stesso luogo dove si tengono gli allenamenti di Nishikori, e garantisce la qualità.