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Dominic Thiem ‘in the zone’

Dominic Thiem a 22 anni conquista il suo secondo titolo Atp, facendo suo il torneo di Umago. Il giovane austriaco aveva già conquistato quest’anno Nizza e, a giudicare anche dall’autorevolezza con cui ha vinto in terra croata, si trova in perfetta forma. Dominic Thiem è “in the zone”.
Partiamo da qualche considerazione sul match che lo ha visto imporsi su uno spaurito Joao Sousa, portoghese di belle speranze.

Due set profondamente diversi. Nel primo, vinto per 6-4, dopo una partenza spalla a spalla con il suo avversario, Dominic, non senza aver corso qualche rischio, cambia decisamente marcia, facendo il break al settimo game (come da manuale).

Gran botte da fondo, ottima mobilità da tutte e due le parti, ma la capacità di essere più incisivo in termini di profondità ha determinato la supremazia di Thiem, su un volenteroso Sousa. Il secondo set poteva essere invece quello della reazione portoghese, magari approfittando di un possibile calo di Dominik. Neanche per idea. Thiem non lascia alcuno spazio al suo avversario, la cui percentuale di punti realizzati con la seconda palla di servizio crolla fino alle miserevole cifra di 17 %. Unica lieve indecisione sul 5-0 e servizio subisce un break motivato dalla reazione rabbiosa di Sousa e da un po’ di comprensibile tensione della testa di serie n. 4 del tabellone.

Ma chi è Dominic Thiem?

Da tempo si parla di lui come di uno dei possibili giocatori candidati ad un posto di rilievo nel ranking dei prossimi anni.

Personalmente mi piace molto il suo tennis potente, fondato su una buona capacità di corsa, e soprattutto su due solidissimi colpi da fondo campo: in particolare il dritto rappresenta un’arma letale già adesso, potente, giocato con buona sicurezza, specie lungo-riga. Il rovescio, ad una (benedetta) mano, è meno incisivo del dritto, ma presenta una bassa percentuale di errore in relazione al grado di rischio con cui è giocato, per solito alto. Servizio che mi ricorda molto quello di uno svedese di grande talento, Anders Jarryd, incisivo, potente, con buone variazioni di direzione. Da migliorare il gioco di volo, come tanti della sua generazione.

Nel complesso, volendo fare quel gioco perverso delle somiglianze, il tennis di Thiem mi ricorda quello del miglior Youzhny.

Da oltre 10 anni il suo coach è sempre lo stesso, Gunter Bresnik, segno di stabilità e raggiungimento degli obiettivi finora posti. Del resto Dominic è figlio d’arte, i suoi genitori sono due coach professionisti, e quindi almeno sul piano dei consigli, finora, devono aver agito bene (sempre meglio separare i due ruoli, quello di coach di un professionista e quello di genitore, senza dubbio).

La scalata del ranking è finora stata ugualmente continua: entrato nei primi 100 all’inizio del 2014, Thiem si sta per affacciare alla top-20 dopo la vittoria ad Umag, ritoccando il proprio best messo a segno questa settimana.

La sua superficie preferita appare senza dubbio la terra rossa, come la propensione al gioco da fondo in pressione, e la (troppa) distanza dalla linea di fondo, fanno supporre. Sarà necessario proprio fare un deciso passo in avanti nel palleggio per assumere un’altra dimensione tennistica ora che il ranking lo porta tra i migliori del circuito. Il suo tennis però è ben attrezzato anche per il cemento, come l’ottima finale raggiunta quest’anno a Miami (e persa lottando contro Murray) testimonia.

Quest’anno ha già dimostrato di poter lottare alla pari con i migliori: Murray, come detto, ma anche Wawrinka, cui ha tenuto testa con grande orgoglio a Roma.

In aprile Roger Federer lo ha invitato ad allenarsi con lui, in vista del RG: altro segnale di un certo lignaggio, e se il Re lo ha invitato, di sicuro ha intravisto qualcosa di buono nel giovane nativo di Wiener Neustadt.

Continueremo a tenerlo d’occhio, a cominciare da questa settimana in cui sarà impegnato come testa di serie n. 3 nello storico torneo svizzero di Gstaad, chiamato a mantenere l’ottimo livello dimostrato ad Umag.

Alberto Maiale

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