di Nicola Pucci
Evonne Goolagong, già il nome evoca in me l’idea del grande tennis associato ad un pizzico di seduzione.
In effetti, ho qualche buon motivo per giustificare l’ammissione della ragazza australiana, di estrazione aborigena, la prima della storia, tra le fuoriclasse di sempre del tennis in gonnella. Il palmares è da lustrarsi gli occhi: quattro trionfi sui tappeti verdi di casa a Melbourne (74/75/76 e nell’edizione di dicembre 1977), la doppietta Roland-Garros/Wimbledon del 1971, ben altre undici finali di Grande Slam non confortate dal successo, la prima posizione del ranking mondiale il 26 aprile 1976… e nel mezzo del cammin della sua vita agonistica, una maternità nel 1975.
Ciliegina sulla torta. Corre l’anno 198o ed Evonne Goolagong, volto sorridente, riccioli ordinati e corpo armonioso, si presenta all’appuntamento di Wimbledon in qualità di quarta testa di serie. Occupa la parte bassa del tabellone, dove la bambina prodigio Tracy Austin è numero due, ma le avversarie più autorevoli, Navratilova ed Evert, sono dall’altra parte e si scanneranno tra loro, negando agli appassionati la terza sfida di finale consecutiva dopo quelle dei due anni precedenti, trionfali per la cecoslovacca.
Evonne conosce il mestiere come poche altre. Il gioco di volo – nostalgia canaglia – di questi tempi non è certo sconosciuto alle fanciulle e l’australiana, nonché aborigena, lo pratica con eccellente efficacia e notevole destrezza stilistica. Walsh, 6-1 6-2, e Walker, 6-2 6-2, oneste comprimarie, non rappresentano un problema, al terzo turno l’ostacolo è già più impegnativo, l’olandese Stove che proprio a Wimbledon fu finalista nell’edizione del centenario, 1977, che strappa un set a Goolagong, vincitrice di rimonta 3-6 6-2 6-3.
Le cose cominciano a farsi serie, agli ottavi Evonne incrocia il tennis-delizia di una govanissima Mandlikova, stilisticamente ancor più perfetta di lei, perde il primo set al tie-break per poi far valere classe ed esperienza alla distanza, 6-7 6-3 6-1. Ai quarti la connazionale Turnbull si fa da parte, 6-3 6-2, ed allora alle semifinali abbiamo un poker d’assi, ovvero le prime quattro favorite del seeding.
Evert, appunto, rinnova la sfida a Navratilova e stavolta si impone in tre set; Goolagong è lanciata e con Austin è contrapposizione tra gioco d’attacco e abilità difensiva: 6-3 0-6 6-4 e dopo quattro anni la mamma volante, col suo carico di fascino e simpatia, torna in finale sul Centre Court più famoso del mondo.
Goolagong-Evert proprio nel 1976 fu finale tra le più belle di sempre, appannaggio di Chris che vinse 8-6 al terzo. Evonne ha l’ambizione di prendersi la rivincita e magari chiudere in bellezza una carriera meravigliosa. Domina il primo set 6-1, nel secondo parziale Evert, signora Lloyd all’anagrafe, trova le contromisure da fondocampo e trascina il match al primo tie-break di finale della storia del torneo. Il braccio di Goolagong, sposata Cawley, non trema, l’ultima voleé di Chris muore in rete e col punteggio di 7-4 l’australiana si guadagna il titolo di regina di Wimbledon 1980.