Fabio Fognini, un caso irrisolto

"Le 'pacate intemperanze' manifestate da Fabio Fognini agli ottavi di finale del torneo di Montecarlo, persi contro J.W. Tsonga, hanno riportato all’attualità un tema che appassiona molto gli italiani, sul quale si sprecano fiumi di inchiostro. E così vai nei social e trovi gente che con malcelato orgoglio difende Fabio ad ogni costo, mentre altra disposta a seppellirlo. D'obbligo le solite domande: Fognini entrerà mai nella Top Ten? Maturerà? Imparerà a gestirsi in campo?"

Le pacate intemperanze manifestate da Fabio Fognini agli ottavi di finale del torneo di Montecarlo, persi contro J.W. Tsonga, hanno riportato all’attualità un tema che appassiona molto gli italiani, sul quale si sprecano fiumi di inchiostro.

Si sa, siamo un popolo che si divide su tutto. Anche su Fognini. Siamo tifosi.

E così vai nei social e trovi gente che con malcelato orgoglio difende Fabio ad ogni costo, mentre altra disposta a seppellirlo. Dicotomie radicali, al punto che diventa realmente difficile comprendere quali siano i contenuti e quali siano le posizioni espresse per partito preso. E soprattutto guardando al futuro tutti noi ci chiediamo: Fognini entrerà mai nella Top Ten? Maturerà? Imparerà a gestirsi in campo?

Mentre noi ci facciamo queste domande, possiamo tranquillamente affermare che mezza carriera abbondante di Fabio è già alle sue spalle, e che tolti i risultati raggiunti negli ultimi 10 mesi, non c’è tantissimo da ricordare.

Tutti hanno un po’ di ragione. Ce l’hanno quelli che dicono che Fabio è così e basta, ce l’hanno quelli che dicono che non ci si può comportare in quel modo su un campo da tennis. Non ce l’hanno invece quelli che lo giustificano, col fatto che lo stress, lo sport ai massimi livelli, ecc ecc, sarebbero tutti fattori che stremano i nervi e in qualche modo ti devi sfogare. Ma allora dico: gli altri 99 che fanno parte dei primi 100? Come mai non si comportano (quasi) mai in quel modo? Gente con  la testa calda ne abbiamo, Gulbis, Tomic, Stepanek. Ma chi ha visto la partita di cui sopra, sa che qui il problema è diverso. “Si ma anche McEnroe si arrabbiava in campo”. E con questo? L’americano si arrabbiava, trasformava tutto in grinta, vinceva le partite, vinceva gli Slam. Fabio si arrabbia, esce da partite che sono alla sua portata, anche con il punteggio a suo favore, fa ridere il pubblico, dal quale viene compatito. E’ un po’ diverso.

Semplicemente non è in grado di reggere un elevato livello di tensione con continuità. Eppure il 2014 era iniziato bene. Vittorie in Davis fuori casa, sulla terra argentina. Tante partite vinte sulla terra battuta in Sudamerica. Poi l’exploit della carriera: la vittoria su Andy Murray, decisiva, a Napoli in Coppa Davis, giusto un paio di settimane fa. Si, è maturato, è costante. E dopo? Viene a Montecarlo a difendere una semifinale, tutti i tifosi italiani aspettano il venerdì sperando di vederlo contro Federer e lui giovedì che fa? Perde da Tsonga? No, quello ci può stare assolutamente. Fabio Fognini non ha semplicemente perso una partita:  non ha voluto badare a spese, e piuttosto che limitarsi a quello ha voluto darsi una dimensione. Bravissimo giocatore di tennis, che ha tenuto il francese sulle spine per quasi un’ora e mezza, dando sempre l’impressione di poter salire ancora di livello e di poter tranquillamente vincere. Totalmente incapace invece di tenere la testa dentro la partita alla minima via di fuga. Non riusciva a tenere quella concentrazione, aveva bisogno di una scusa per chiamarsi fuori, e l’ha trovata in un errore (non clamoroso comunque) di un povero giudice di linea. Era stanco Fabio. Non voleva più giocare a tennis e ha trovato un motivo per farlo. E’ come se avesse detto a tutti: “questo è Fabio Fognini. Sono un buon tennista, forse ottimo, ma non chiedetemi troppo, vi prego”.

La cosa che fa male è sentire quelli del suo clan che lo giustificano. Ok, accettiamo la benevolenza del padre, tra i più insultati durante quella partita. Ma Perlas che dice che non è stato nulla di eccessivo? Vogliamo o no tirare fuori il meglio da questo atleta? E allora bisognerà cominciare (prima che la carriera finisca) a dare delle dritte non solo su come servire e su come attaccare da fondo, ma anche su come leggere la partita, contare fino a dieci prima di mandare una partita alle ortiche. A trattarlo come un bambino ci hanno già pensato l’arbitro di sedia, il Supervisor, il fisioterapista, il suo avversario. Noi che gli vogliamo bene, trattiamolo da adulto, prendiamolo metaforicamente per il collo, sgridiamolo. In un futuro prossimo potrebbe veramente ringraziarci.

 di Peppe Arnone

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