Il 7 Novembre a Milano si disputerà per la prima volta le NextGen ATP Finals, un torneo che vedrà impegnati i migliori giovani del circuito, le nuove promesse del tennis maschile che contenderanno nei prossimi anni tornei e vetta della classifica ATP ai grandi del tennis attuale. Alcuni di coloro che ne faranno parte sono già protagonisti dei principali eventi dell’anno, il tedesco Sasha Zverev, il russo Karen Khachanov li abbiamo visti recentemente impegnati a Wimbledon con il primo ritenuto da molti come potenziale vincitore dello Slam.
Una domanda ci viene spontanea, queste giovani leve, che sicuramente hanno molta più visibilità e staff di esperti al seguito rispetto ai loro coetanei di qualche anno fa, saranno poi realmente i nuovi N°1 del Ranking, coloro che faranno incetta di Slam, riuscendo quindi in concreto a trasformarsi in veri campioni? La risposta è indubbiamente difficile, se volessimo per un attimo fare un gioco e pensare che le Finals delle nuove generazioni esista da tempo e volessimo tornare indietro negli anni fino al 2004 sarebbe facile indicare chi quella edizione l’avrebbe vinta con molta probabilità a mani basse, il parigino Gaël Monfils.
Monfils a 11 Anni e un futuro da campione
Già Campione di Francia nel 2002, due anni più tardi all’età di 18 anni Monfils ha un’autentica esplosione, vince il titolo di Campione del Mondo Junior, l’Open d’Australia il Roland Garros e Wimbledon, è l’inizio di una storia destinata inevitabilmente a portare velocemente un francese in vetta alla classifica ATP, a proposito di N°1 infatti, quasi come segno del destino, in quello stesso anno Gaël batté il serbo Novak Djokovic ai Future di Bergamo.
Dritto esplosivo, un rovescio a due mani preciso ed efficace, servizio devastante capace di arrivare ai 220Km/h le caratteristiche del predestinato che incanta il pubblico soprattutto per la sua attitudine in campo, quella di un giocatore in grado di giocare senza schemi predefiniti, trovando ogni volta soluzioni sorprendenti che lasciano a bocca aperta. In aggiunta a tutto ciò Monfils ha dalla sua caratteristiche fisiche non comuni, nonostante il metro e novantatré di altezza su cui si distribuiscono circa ottanta Kg, Gaël mostra un’agilità ed un’elasticità rara, impossibile da trovare sul circuito, caratteristiche che gli consentono in molti cari di recuperare qualche errore in fase di gioco.
Nel decennio 2005-2015 i francesi hanno però nutrito inutilmente il sogno di campione di casa stabilmente tra i primi 5 della classifica e più volte in finale nei Grandi Slam, quello che per tutti era il nuovo Yannick Noah non si è mai rivelato tale, di certo con lui in campo lo spettacolo non è mai mancato ma è rimasto fine a se stesso, mai finalizzato ad un progetto di vittoria di torneo. Monfils è stato stabilmente nella Top 20 , viene spesso indicato tra gli Outsider anche nei tornei principali del circuito, ma le delusioni con lui sono sempre dietro l’angolo.
Tra infortuni, sconfitte e vittorie assurde, colpi di genio e cadute rovinose Gaël ha però vissuto lo scorso 2016 un’annata tutto sommato positiva, per alcuni ritenuta addirittura decisiva per il francese che sembrava essersi finalmente indirizzato verso il raggiungimento dell’obiettivo tanto atteso dei suoi tifosi, la vittoria di un Master 1000 o addirittura di uno Slam.
A dare la svolta è stato, come spesso accade, il cambio di allenatore, lo svedese Tillstrom che prese il posto del precedente coach Jan De Witt, porta con se un’ondata di novità di cui Monfils ne beneficia a piene mani. L’inizio di stagione è promettente, i quarti raggiunti a Melbourne ed ai due Master americani più la finale di Montecarlo persa contro Nadal sembrano preannunciare il prossimo exploit del francese, ed invece a frenarlo è un infortunio al solito ginocchio (messo a dura prova durante una carriera fatta di acrobazie e recuperi miracolosi), stop che lo tiene fuori da Madrid e soprattutto dal Roland Garros.
La prima vittoria in un Master 500 a Washngton fanno ritornare il sorriso a Gaël, pronto a dare battaglia agli US Open dove arriva in semifinale contro Djokovic, la partita che riassume perfettamente la carriera di Monfils: prima parte di match dove il francese è praticamente inesistente e risveglio troppo tardivo per impensierire un Nole per niente in forma, visti i problemi accusati alla spalla ed al gomito.
La sconfitta più dura per Gaël agli US Open nel 2016
L’accusa più pesante piombata sul francese è stata la sua assenza in campo per gran parte del match, tanto da chiedersi se Monfils sapesse che stesse disputando una semifinale del Grande Slam. Più in generale la critica ha evidenziato ancora una volta l’ennesima occasione persa da un grande talento incapace di fare il definitivo salto di qualità.
Nell’anno in corso Gaël ha continuato più o meno sulla stessa linea tracciata dall’inizio della sua carriera, il fatto poi che non sia riuscito a modificare il suo solito gioco fatto soprattutto di difesa ad oltranza molto lontano dalla linea di fondo, lo penalizza fortemente contro avversari che invece tendono a giocare molto più avanti. A meno di miracoli il destino del simpatico francese sembra essere definitivamente segnato.
Arrivato ormai ai 30 anni Monfils ha rivelato agli appassionati cosa sia in grado di fare, ossia vincere con discreta costanza contro avversari di medio livello senza poter pensare di impensierire i grandi, quelli che 10 anni fa tutti ritenevano che avrebbe battuto, contendendosi titoli e posizioni in classifica, nulla di tutto questo per uno spettacolare, talentuoso ed acrobatico francese mai sbocciato.