Centinaia di mani applaudono e si alzano ad incitare quel triste argentino alla battuta, sotto di 2 set a zero e 4-3 contro il favorito ed odiato connazionale Guillermo Coria. Il momento che il pubblico del Philippe-Chatrier sceglie per far vivere una Ola per alcuni minuti è quello di un’arena che si ribella ad un non-match e che attende spettacolo, un vero combattimento all’ultimo sangue. Rinvigorito da questo sostegno inaspettato, un incredulo Gaston Gaudio ferma la preparazione della battuta e poggia la racchetta a terra, lasciandosi andare ad un applauso convinto. È l’elemento che che sblocca l’uomo di Buenos Aires e che trasforma un’autentica disfatta in un match da antologia.
L’incredibile Ola a Parigi
Tornando indietro nel tempo e riguardando le finali del Roland Garros degli ultimi vent’anni, quella fra Gaudio e Coria esce fuori dai pronostici di giornalisti e addetti ai lavori, ha qualcosa di strabiliante ma soprattutto umano : da un lato perché Gaudio ha l’aria di colui che è capitato li per caso, con uno chignon che ha anticipato una moda, l’allora N°44 del mondo trasmetteva simpatia e freschezza. Dall’altro lato quella fu l’ultima volta in cui una testa di serie fece percorso netto a Parigi, un’impresa pari a quella del brasiliano Guga Kuerten nel 1997. Da li in poi Rafa Nadal avrebbe dato vita ad un dominio assoluto con le sue 9 affermazioni, lasciando di fatto le briciole all’eterno rivale Federer nel 2009 e a Stan Wawrinka l’anno scorso.
Nel maggio del 2004 il venticinquenne Gaston arriva a Porte d’Auteuil per la sesta volta in carriera, conosce perfettamente il torneo e i campi da gioco, molto meno sanno di lui i tifosi che affollano le tribune, d’altronde Gaudio appartiene a quella casta oscura dei “terraioli”, gli specialisti della terra battuta, la maggior parte dei quali latini, che vanno in letargo tutto l’anno in attesa della primavera. La vittoria del torneo di Barcellona nel 2002 e gli ottavi di finale proprio a Parigi nello stesso anno sono gli unici traguardi importanti che emergono dal suo curriculum, nulla di più: d’altronde l’argentino è un autentico esteta del tennis che si nutre della bella giocata e che non è minimamente in grado di vincere in maniera banale o fredda, una filosofia che ha probabilmente impedito a uno dei più bei rovesci ad una mano del circuito di avere ambizioni più importanti.
Eppure il 6 Giugno è lui ad arrivare in finale contro il suo compatriota Guillermo Coria, testa di serie N°3 e unico della top 4 ad aver mantenuto fede al suo ruolo, gli altri avevano lasciato Parigi da qualche giorno, Roddick e Ferrero, quest’ultimo vincitore l’anno prima, non erano andati oltre il secondo turno, Federer, all’inizio del suo regno, era stato messo alla porta al terzo turno dal maestoso Guga Kuerten. Un’ecatombe inimmaginabile figlia però del classico periodo di transizione, all’inizio del 2000 la generazione Agassi-Kafelnikov-Sampras stava per essere sostituita dalla coppia Federer-Nadal e al Roland Garros c’erano stati 3 vincitori diversi; pertanto il torneo era aperto come non mai a qualsiasi soluzione e infatti ad profittarne furono gli outsider, in particolare gli Argentini Coria, Nanbaldian e “El Gato” Gaudio che si contesero lo Slam insieme allo specialista dell’erba Tim Henman.
Gaston Gaudio racconta gli incredibili giorni a Parigi ai microfoni di ESPN
Non è mai facile giocare contro un compatriota e per Gaston l’incontro in semifinale contro Nalbandian valeva già una scalata in solitaria dell’Everest, eppure, spinto probabilmente dall’incredibile settimana che l’aveva visto trionfare in modo inaspettato contro Jiri Novak (N°14) e soprattutto Lleyton Hewitt (N°12), Gaudio stracciò contro ogni previsione David in 3 set. Con molte più convinzioni nella testa El Gato si apprestava ad affrontare Guillermo Coria con il quale il rapporto non era esattamente dei migliori, soprattutto per un precedente che aveva certamente aumentato la tensione fra i due.
Nel 2003 ad Amburgo lo stesso Coria aveva cercato di imbrogliare durante il match facendo finta di accusare crampi per poi distruggere l’avversario con un 6-1, la stessa scena si ripresenta nella finale di Parigi all’inizio del quarto set, quando Gaudio era tornato a giocare spinto dal pubblico parigino, Guillermo si gira verso il suo staff con una smorfia dicendo “No puedo mas, no puedo mas”, lasciando qualche dubbio su un vero e proprio dolore o un ennesimo tentativo di bluff. Gaston che fino a qualche minuto prima aveva subito il peso dell’evento sembra liberarsi quando vede il connazionale con i crampi, e probabilmente fu proprio quell’episodio a far girare completamente il match.
Gaudio seppe evitare perfettamente la trappola tesa da Coria, in piedi su una gamba e mezza, e dopo aver cancellato due palle match concluse una finale incredibile con un delizioso rovescio incrociato: il più celebre Guillermo Vilas aveva trovato finalmente il suo successore al Roland Garros, probabilmente non quello che ci si poteva immaginare all’inizio del torneo. Il successo del Gato durò un solo giorno, Gaudio infatti non tornerà mai più a quel livello, ricadendo velocemente nel ventre della classifica ATP fino al suo ritiro nel 2011.
Il 2004 nel mondo sportivo fu in ogni caso un anno assolutamente eccezionale, dovuto ad una qualche coincidenza o ad un’eccezionale allineamento dei pianeti: Trulli aveva ottenuto la sua unica vittoria in Formula 1 sul prestigioso circuito di Monaco, il Porto di Mourinho un’incredibile e nettissima vittoria in finale di Champions League, la Grecia andò oltre conquistando addirittura il titolo Europeo: in mezzo a tutti questi eventi il Gaucho Gaston ottenne l’insperata Coppa dei Moschettieri.
Urla disumane, racchette frantumate, aggressioni verbali contro i suoi avversari e contro se stesso (“Sono mille anni che giochi a tennis e non hai ancora imparato nulla, come è possibile, mierda!” fu una delle tante frasi con cui Gaston inveì contro di se). Questo fu Gaston Gaudio, un matto invasato che condivise con Coria non solo quella finale ma anche il veloce declino, quasi come se Parigi avesse provocato in entrambi una sorta di rottura nell’animo, una convinzione che quella vetta non poteva essere raggiunta di nuovo.
Ma quella finale rimane li come una delle più incredibili mai vissute al Philippe-Chatrier, quella in cui un talentuoso argentino, ormai in completa balia dell’avversario, trovò la spinta incredibile del pubblico per accendersi e conquistare il suo momento di gloria eterna.