Gilles Müller, il gigante dalla mano fatata

Nella categoria dei bombardieri, giocatori che basano il loro gioco sul servizio, Gilles Müller rappresenta un'eccezione. Grande capacità di attaccare, sensibilità a rete seconda a pochi, oggi Müller è un giocatore amato soprattutto da chi rimpiange il tennis di una volta. Andiamo a scoprire la sua storia, di quando sedicenne lasciò il piccolo Lussemburgo per inseguire un sogno.

Nel tennis esistono varie categorie di giocatori, questo è un dato di fatto. Se ormai i giocatori baseliner dominano il circuito ed i serve&volleyer sono sempre più rari, non dimentichiamoci di una categoria. Sto parlando dei bombardieri. Kevin Anderson, John Isner, Ivo Karlovic. Questi sono i nomi che saltano subito in mente.

Tutti questi giocatori basano il loro gioco principalmente sul servizio. Ed è per questo che spesso vengono martoriati dall’appassionato medio che vuole vedere gioco, colpi, spettacolo. Non caterve di ace e risposte affossate in rete. Ma di eccezioni ce ne sono tante nel mondo, anche in quello del tennis moderno che sempre più tende all’uniformità. E Gilles Müller ne è un esempio lampante. 193 cm per 88 kg di peso, il mancino lussemburghese sembrerebbe avere la perfetta carta d’identità del bombardiere tutto servizio e poco altro, se non fosse per il fatto che giochi nei pressi della rete con una manualità ed una raffinatezza seconda davvero a pochi in tutto il circuito, un dritto solido, un back d’attacco molto efficace ed una grande capacità di imporre il proprio gioco aggressivo nonostante un fisico ingombrante. Ma partiamo dall’inizio.

Gilles Müller nasce nell’ultimo granducato esistente al mondo, Lussemburgo. Gilles inizia a giocare a tennis alla tenera età di cinque anni e man mano che cresce inizia a rendersi conto che il minuscolo stato racchiuso tra Francia, Germania e Belgio non è in grado di offrirgli i mezzi necessari per inseguire il suo sogno: diventare un tennista professionista. A sedici anni si trasferisce infatti in Francia e da lì prende il via la sua carriera. Il sogno comincia. Gioca un solo anno tra gli Juniores, più che sufficiente per mostrare le sue doti. Vince gli US Open, ottiene la finale a Wimbledon e raggiunge la vetta delle classifiche. Inizia quindi a farsi le ossa prima nei Futures ed in seguito nei Challenger, tra il 2002 ed il 2004. E proprio nel 2004 Gilles, che aveva vinto i suoi primi tornei cadetti ed era entrato nella top-200, si presenta da semi-sconosciuto ai nastri di partenza del Legg Mason Tennis Classic a Washington D.C . Sconfigge al primo turno Sjeng Schalken, poi Gambill e Kratochvil e si ritrova ad affrontare in semifinale un certo Andre Agassi. Il Kid di Las Vegas, numero sei delle classifiche, dimostra di essere ancora competitivo anche nel 2004, nonostante i trentaquattro anni. Ma il ragazzone di Schifflange, Lussemburgo sud-occidentale, lo batte per 6-4, 7-5, mettendosi in mostra come gran servitore ma anche attaccante puro dall’ottima sensibilità a rete. La finale contro Hewitt è rapida e a senso unico. L’australiano si impone 6-3, 6-3 ma Müller sfonda il muro dei primi cento giocatori e si inizia a vociferare di un futuro roseo per l’allora ventunenne.

 

mulles

Frequentando assiduamente il circuito maggiore, Gilles diviene un avversario ostico per molti. Tra i più illustri a cadere sotto i colpi del lussemburghese ricordiamo Nadal a Wimbledon e Roddick agli US Open, entrambi sconfitti nel 2005. Arrivato dunque alle porte del tennis che conta, Müller non è stato in grado di fare quel balzo in avanti che gli avrebbe permesso di dimostrare tutto il suo valore, anzi ha sentito fortemente la pressione di dover riconfermare gli ottimi risultati ottenuti. Il tennis è un mondo spietato e Gilles torna nell’anonimato, marchiato come una delle tante promesse non rispettate. Dopo qualche anno però, il nome di Mulles ritorna prepotentemente sul palcoscenico principale del circuito agli US Open del 2008.

Qui Gilles parte dalle qualificazioni e dopo aver centrato l’accesso al main draw ottiene due eclatanti vittorie in match mozzafiato contro Tommy Haas e Nicolas Almagro, rimontando in entrambi i match dal parziale di due set a zero. Non sazio, sconfigge negli ottavi anche Nikolay Davydenko, numero 5 del mondo, raggiungendo i quarti di finale, ancora oggi suo miglior risultato in uno Slam. Nonostante la scontata sconfitta contro Roger Federer, si pensava che per Gilles la gloria era stata soltanto rimandata. L’anagrafica era ancora dalla sua parte ed il talento ancor di più. Ma è qui che inizia il calvario. Gli infortuni si susseguono, gli alti e i bassi pure. Müller non riesce a trovare quella maledetta continuità e a belle vittorie e buoni risultati alterna sconfitte sonanti e cali vorticosi in classifica.

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Dopo il grave infortunio ad entrambe le ginocchia, patito al Roland Garros 2013, giunti al 2014 Müller è crollato al numero 366 e quel sogno sembra ormai svanito, il treno della gloria passato da secoli. Quello che però non gli è mai mancato è stata la voglia di crederci. D’altronde se nasci in Lussemburgo e vuoi diventare un tennista, quella non deve mai mancarti. Riparte addirittura dai Futures, con un unico obiettivo in testa: Rio 2016. Vuole che i figli lo vedano giocare e questo riaccende in lui un fuoco che pareva sopito. Tra aprile e luglio diviene l’incubo di tutto il circuito Challenger. Si aggiudica infatti ben cinque tornei e ritorna prepotentemente tra i primi cento giocatori al mondo. Alla fine dell’anno conclude tra i primi 50 al mondo e sembra un tennista diverso al ragazzino che dieci anni prima aveva sconfitto Agassi. Più cattivo, più determinato.  Il 2015 sarà il suo miglior anno. Raggiunge il best ranking di numero 34, torna ad ottenere vittorie importanti, sembra rinato. Passati i  trent’anni e scemati i propositi giovanili di battagliare con i migliori, oggi Gilles è riuscito nell’obiettivo che si era posto quando ormai sembrava tutto finire nel modo sbagliato: vedere i suoi figli orgogliosi di lui. Manca poco a Rio 2016 e Gilles ci è riuscito. E’ pronto a dare battaglia, consapevole di aver raggiunto il suo scopo.

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Quando Müller gioca sembra di ritornare indietro almeno di vent’anni, quando non era un reato seguire tre volte su quattro il servizio a rete. Quando Müller gioca, pachidermico e ciondolante, l’anello al collo, i completi old school Sergio Tacchini, i pochi capelli coperti da una fascia, tutto sembrerebbe tranne che un giocatore spettacolare. Ma quando, in maniera inaspettatamente leggiadra, lo si vede prendere campo e attaccare la rete, sembra davvero di essere tornati indietro nel tempo. Che sia di dritto o di rovescio, ma anche in demi-voléé, Gilles è in grado di far rivivere oggi quella che era l’antica essenza del tennis. Poi sia chiaro, la sua quantità di aces a partita la scaglia più che volentieri, ma guai a considerarlo soltanto un mero bombardiere. Gilles è di più. Il gigante dalla mano fatata.

0 comments
  1. Ma va là. È uno che ha scelto il minore dei mali.inesistente da fondo e mediocreca rete.colombo Federico Colombo

  2. Ha ragione Sergiomo Modolo,nn vedo tutta questa mano fatata.Regna una certa mediocrità e tutti hanno gli stessi schemi indipendentemente dai valori assoluti.Certo lui si distingue ma nn mi dice nulla.

  3. Come si fa a dire che muller non ha una bella mano, sotto rete farebbe pelo e contropelo a Djokovic, chiaro che da fondo non è come il serbo, ma a chi piace il tennis è assolutamente uno spettacolo, lo preferisco assolutamente al solito ping pong da fondo senza un minimo di variazioni

  4. Serve and volley come pochi, servizio in slice da sinistra come pochi, una bella sorpresa e sempre spettacoli quando va in battaglia con i top

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