Il miracolo sportivo di Jerzy Janowicz a Parigi-Bercy 2012

Jerzy Janowicz

Speranza, resa, consacrazione, fallimento, redenzione, disillusione, gloria. La storia del tennis, e per essa si intende l’insieme delle realtà umane e sportive che vanno a comporla, è fatta di milioni di momenti tutti estremamente differenti tra loro dati soprattutto dal differire delle singole storie personali e dal background di ciascun protagonista.

La storia che raccontiamo oggi ha in sé qualcosa di magico, soprattutto se presa come episodio unico, come quei film magnifici che spesso perdono la loro straordinarietà a causa di appendici lontanissime dalle aspettative: il protagonista è Jerzy Janowicz, tennista polacco allora 22enne che in una settimana ha letteralmente visto la sua vita cambiare da così a così, partendo ben lontano dalla Top50 ATP e ritrovandosi d’un tratto tra le punte di diamante dei suoi pari peso, scheggia impazzita con fare da vichingo e, a tratti, un sorriso sincero sulla faccia.

Janowicz arriva a Parigi – in occasione del Masters1000 di Parigi-Bercy – con tanti pensieri in testa: se il talento sembra davvero innato, i progressi fatti registrare fino a quel momento non hanno comunque permesso a lui ed al suo futuro di assicurarsi un aiuto adeguato da parte della Federazione polacca, con i suoi genitori Jerzy senior e Anna che hanno addirittura venduto la casa ed i sei negozi più redditizi per supportare la passione del figlio. Sembra forse arrivato il momento di pensare a voltare pagina, lasciando il tennis professionistico come un sogno irrealizzato, eppure sarà il suo penultimo viaggio “della speranza” a ravvivare la fiamma di quel sogno, con l’inseparabile coach Kim Tiilikainen a fungere da guida tecnica e da valvola di sfogo per il lato berserk di Jerzy.

Qualificazioni che non gli danno modo di beneficiare del sostegno del pubblico francese, con i risultati che tuttavia sembrano promettere davvero benissimo: due vittorie fotocopia, prima con il forte russo Dmitrij Tursunov e successivamente con la wild card di casa Florent Serra entrambi con il punteggio di 6-2 6-4, lo lanciano nel tabellone principale, con una grinta (forse) mai vista e nessun timore reverenziale.

Il vero e proprio miracolo sportivo, se così si può definire, avviene proprio nel main draw, ed i fattori per definirlo tale, con una connotazione quasi epica, sono molti.

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Jerzy Janowicz e Kim Tiilikainen

 

 

La vittoria nel primo turno contro il tedesco Philipp Kohlschreiber lascia già intravedere agli spettatori transalpini un gioco fresco ed aggressivo che sa tenere perfettamente testa all’esperienza ed alla concretezza del suo avversario, e dopo un primo set vinto grazie ad un tie-break mozzafiato, un break nel secondo parziale ottenuto grazie a risposte vincenti e palle corte millimetriche gli permette di conquistarsi la casella del secondo turno, con la testa di serie N.13 Marin Cilic ad attenderlo.

Con il croato l’incontro è insieme da sogno e da incubo: Cilic sta vivendo un’ottima fase di stagione visti i tre quarti di finale raggiunti a Cincinnati, a Shanghai ed agli U.S.Open, eppure l’ottima opportunità di confrontarsi con un tennista di tale livello è preziosa per mostrare ulteriormente le proprie potenzialità, visto che il percorso in un Masters1000 è fin da subito a dir poco proibitivo per gli unseeded.

Il primo set è una battaglia di solidità e consistenza da fondo campo, con le sole smorzate di Janowicz a scardinare di tanto in tanto lo schema senza macchie di Cilic, ed è solo al tie-break che si iniziano a vedere i primi capovolgimenti di fronte visto che i servizi hanno fatto la differenza fino a quel momento; Janowicz va sotto di un minibreak ma riesce a recuperare immediatamente grazie ad una profondissima risposta al corpo, e anche se non riesce a chiudere al primo set point sul suo servizio, l’appuntamento con l’1-0 è solo rimandato fino all’8-6 che sarebbe giunto di lì a poco.

Il secondo set si mantiene su un binario più o meno simile al primo fino al 2-2, salvo poi vedere prima scricchiolare e poi cedere il gioco di Cilic, con Janowicz che riesce ad uscire fuori alla distanza. Cosa non da poco per un qualificato al torneo del “dentro o fuori”.

Terzo turno, ed ecco il N.3 del seeding Andy Murray. Il campo è il centrale, gremito, con qualche sostenitore di Andy e molti amanti del tennis interessati solo al bel gioco e senza una vera e propria propensione per l’uno o l’altro.

C’è chi dice che Murray aveva la testa alle ATP Finals, eppure c’è un punteggio che dopo poco più di un’ora di gioco si può leggere sul maxischermo a bordo campo: 7-5 5-4 40-30 Murray e servizio per lo scozzese, dopo che il polacco aveva concesso la prima palla break nel primo set dopo la mostruosa cifra di 26 games di servizio tenuti alla grande. Il match è finito, Janowicz guarda per la milionesima volta Tiilikainen con lo sguardo duro e sconfitto di chi pensa “Non è possibile, non può finire così”, che con il “come on!” dello scozzese sembra arrotondare un risultato già sicuro alla vigilia come in quel preciso istante. Le imprese memorabili, tuttavia, prendono qualcosa di già scritto e lo trasformano nello spettacolo più irreale che si possa immaginare: Murray gioca un back di rovescio sul diritto di Janowicz, rispedito al mittente, e quando Murray insiste da quella parte con più energia, il polacco è costretto ad un recupero in smorzata quasi disperato; in quel momento Janowicz si ferma, immaginando il suo colpo imbastito in un secondo già fuori dal campo, e se qualcosa tiene in campo quella pallina, allo stesso modo quel qualcosa spinge il facile diritto del britannico fuori dal campo, rimettendo in carreggiata le ormai defunte speranze dello sconosciuto polacco. Murray scaraventa la pallina a terra con forza dopo l’errore, il pubblico contesta il suo comportamento ed è proprio in quel momento che tutto diventa a favore di Janowicz, con gli spettatori che vorrebbero vederlo vincere quel match impossibile. Murray sbaglierà poi sopo uno scambio sull’asse del rovescio, consegnando il contro break a Janowicz, e da lì sarà trionfo, con le immagini sole che possono descrivere quanto accaduto.

 

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I quarti di finale con Janko Tipsarevic, N.9 del mondo a quel tempo, sono sicuramente viziati da un malessere che ha colpito il serbo durante il match, anche se Janowicz si dimostrerà tanto bravo quanto poi lo sarà nella semifinale vinta alla grande contro Gilles Simon, stella di casa con tutto lo stadio ovviamente dalla sua parte. Se dopo anni quelle immagini si trovano ancora così facilmente in rete, non è solo per una mera questione di archivio, bensì perché certi eventi non possono semplicemente andarsene con il tempo, ma devono ogni volta ricordare a qualsiasi agguerrito outsider che tutto è possibile, sempre e comunque.

La finale con David Ferrer sarà ancora una volta un grande spettacolo di tennis, e nonostante la vittoria del navigato tennista iberico, Janowicz sfoggerà un sorriso che dice tutto, che lui la sua coppa l’ha già vinta da giorni e che la sua strada è adesso ben chiara nella mente; molti grandi sono già stati sconfitti, e se c’è da lavorare comunque il sapere di poter vincere contro quasi chiunque non può che rendere più salda la voglia di lottare.

Janowicz è Parigi-Bercy, e Parigi-Bercy è stato Janowicz: con tutto ciò che è accaduto dopo questo nessuno potrà mai negarlo, soprattutto perché chi vive di tennis vive anche di emozioni, e quella settimana di Novembre ha elevato quelle stesse emozioni all’ennesima potenza.

 

 

 

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