L’atto conclusivo del Challenger di Pau vede fronteggiarsi il numero 1039 – leggermente favorito dai bookmakers – e il numero 220 del ranking Atp. Detto così non sembra un match esaltante. Invece dietro questa classifica avara si celano due semifinalisti Slam, due ex top 20, due talenti che in un modo o nell’altro hanno visto sfilare via gli anni migliori senza mantenere le promesse e le premesse. Entrambi per risalire hanno scelto di sporcarsi le mani in tornei poco blasonati, il polacco fermo dal 2017 per infortuni vari, il lettone da tempo in crisi di risultati. Gulbis, già numero 10, ha in bacheca 6 titoli Atp oltre alla semifinale del Roland Garros 2013, mentre Janowicz conta una prestigiosa finale al Master 1000 di Parigi Bercy 2012 e la semifinale a Wimbledon 2013, che gli sono valsi la posizione numero 14. L’ultimo precedente (3-1 per Gulbis gli head to head nei main draw Atp) risale al primo turno del master 1000 di Madrid 2014 e l’ha vinto il lettone 2-1.
Tutto pronto. Sul piccolo schermo del mio cellulare la prospettiva è quella tipica degli streaming dei Challenger, talmente schiacciata che l’altro lato del campo è lasciato all’immaginazione. Riesco a distinguere i giocatori ed è già qualcosa. La partita scorre via scorbutica lungo il solco del servizio, con pochi scambi e tanti pugni. Sono qui che mi cavo gli occhi e mi domando quale strana malattia mentale mi abbia spinto prima a sognare per una settimana che il tabellone generasse questa finale, poi addirittura a guardarmela con tale entusiasmo. In realtà so già la risposta: è una romantica, eroica e decadente lotta per la resurrezione. Non una resurrezione fragorosa e sfavillante, insomma niente celebrazioni pasquali né banchetti, bensì una nuotata ansimante nei bassifondi. Ci vedo un’angoscia che mi piace. Stranamente non ho preferenze tra i due, mi fa solo piacere vederli qui a giocarsi un titolo.
Il primo set è avaro di punti in risposta, solo quattro per parte, Jerzy però li concede tutti nello stesso game, il sesto, dove un breve calo di concentrazione gli costa il parziale.
Il secondo set ha un andamento simile: nel settimo game Gulbis fa suo il break con un bel rovescio in contropiede sull’attacco di Janowicz. Da questo momento Ernesto gioca sul velluto, mostrando ottimi passanti e persino qualche risposta aggressiva sul tremendo servizio di Jerzy. C’è tempo per un sussulto nell’ultimo game, il più bello, quando Gulbis serve per il match e partono alcuni scambi lunghi in cui il polacco prova ad aggrapparsi alla partita e si guadagna l’unica palla break, poi scende a rete con coraggio ma sbaglia la volée. Il servizio vincente frutta il matchpoint, che il lettone trasforma con un bel rovescio in campo aperto: 6-3, 6-4.
Vince con merito il più solido dei due, con le idee più chiare e la maggior abitudine a stare in campo. D’altra parte Gulbis ha cominciato bene la stagione con la qualificazione e poi il terzo turno a Melbourne, battendo Auger Aliassime all’esordio. Questo trofeo non farà che aumentare la sua fiducia per il prosieguo della stagione. Dal canto suo, Jerzy si porta a casa una bella settimana, con sei partite consecutive di buon livello. Il suo problema, dopo una lunghissima inattività , è trovare ritmo e continuità , sia nel gioco sia – soprattutto – a livello fisico. Le indicazioni di oggi sono ben più concrete e rassicuranti rispetto a quelle delle prime comparsate di gennaio.
In ogni caso onore a questi due ex top venti dalle carriere accidentate che provano a riemergere per l’ennesima volta e speriamo di vederli presto lottare per traguardi più ambiziosi.