Jimmy Connors, buon compleanno al guerriero con la racchetta

di Nicola Pucci

Jimmy Connors – James Scott Connors all’anagrafe di East St.Louis dove è nato il 2 settembre 1952 – appartiene a quella ristretta cerchia degli esemplari estinti. Perché oggi, di guerrieri di tale sorta, in giro non ne troviamo di certo.

Azzannava gli avversari, “Jimbo”, travolgendoli con la sua indomabile carica agonistica. E di vittorie, in una carriera protrattasi fin oltre i quaranta anni, Connors ne ha ottenute più di chiunque altro. La bacheca dell’americano conta ben 109 tornei, dal primo trionfo a Jacksonville nel gennaio 1972 all’ultimo titolo a Tel Aviv nell’ottobre 1989, con otto tornei del Grande Slam distribuiti tra US Open (5 vittorie), Wimbledon (2 vittorie) e Australian Open (1 vittoria). Divenne numero 1 del mondo il 29 luglio 1974 e lo sarà, a più riprese, per 268 settimane chiudendo per cinque anni consecutivi, dal 1974 al 1978, in testa al ranking.

Non aveva l’inventiva del suo primo grande avversario, Ilie Nastase; non era impenetrabile e freddo come Bjorn Borg; non colpiva la pallina con la genialità di John McEnroe; non picchiava e sbuffava come Ivan Lendl. Ma tutti loro, indiscussi campioni, hanno pagato dazio alla feroce volontà di vincere di Connors che aveve un servizietto mancino che non incideva, un dritto che spesso lo tradiva, un gioco di volo che usava solo per definire punti già conquistati con un rovescio bimane meraviglioso, una risposta al servizio senza eguali ed un gioco di gambe invidiabile. E in quanto a personalità… beh, ne aveva da vendere, e gli incroci sul campo con l’altro grande americano, McEnroe, suo nemico giurato con cui rischiò di venire alle mani in una sfida al Queen’s, appartengono all’epica del tennis per contrasto di stili di gioco e temperamento.

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Antipatico e arrogante, senza dubbio, ma ha scritto pagine di tennis indimenticabile e sono molte le partite che vale la pena ricordare. Nel 1974 Connors vinse Wimbledon per la prima volta negando al “vecchio” Ken Rosewall un titolo inseguito per tutta una carriera; sempre sui prati verdi inglesi tornò a primeggiare nel 1982 al termine di cinque, memorabili set di finale con McEnroe; nel 1989 fermò la corsa del giovane Agassi, suo erede designato come attaccante da fondocampo, ai quarti di finale degli US Open; nel 1991, sempre a Flushing Meadows, alla veneranda età di 39 anni, raggiunse le semifinali infiammando il pubblico con le clamorose rimonte con Patrick McEnroe, fratellino di John, Krickstein e Haarhuis prima di arrendersi a Courier. E al grandissimo tennis appartiene anche una sfida con Panatta, sul centrale del Roland-Garros, al primo turno degli Internazionali di Francia del 1980.

Come è logico che sia Connors ha fatto la fortuna non solo degli appassionati di tennis ma anche dei tabloid, concedendosi una love-story da copertina con Chris Evert, quando entrambi erano all’apice della carriera e dominavano le classifiche. Così comeil matrimonio con la modella di Playboy Patti McGuire, che Connors abbracciò appassionatamente in mondovisione dopo l’ultimo punto vincente della finale di Wimbledon 1982, fu merce preziosa per le riviste patinate dell’epoca.

Terminata l’avventura agonistica Connors si ritirò con moglie e figli a Santa Barbara, in California, prima di tentare una breve carriera da allenatore a fianco di Andy Roddick prima, di Maria Sharapova poi. Da commentatore televisivo ha lavorato per NBC-TV, BBC e Tennis Channel ma il Connors che appartiene alla leggenda era il guerriero con la racchetta, ed al tennis di oggi un giocatore così manca tanto, ma proprio tanto.

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