Ricordo il sottoscritto, qualche anno fa, prendere un foglio di carta per segnare i tennisti under 18 presenti in classifica. Come ogni settimana. Un piccolo lavoro statistico che mi appassionava e gratificava. E a rubare la mia attenzione, in quel periodo, era una ragazzina di appena 14 anni. Decisi che l’avrei seguita con grande attenzione. Sette anni dopo, però, siamo ancora al punto di partenza.
Lei è Michelle Larcher de Brito, nata a Lisbona nel gennaio del 1993. Appena 21 anni. Inizia a giocare a tennis all’età di tre, introdotta nell’ambiente dal padre-allenatore. A 9 inizia ad allenarsi presso la prestigiosa accademia di Bollettieri, in Florida.
Non passano molti anni prima dell’ingresso nel mondo professionistico. Primo Itf nel febbraio 2007, primo Wta il mese successivo. E, incredibile ma vero, al primo turno batte la numero 43 del mondo (Meghann Shaughnessy) 7-6 al terzo, mostrando un’autorevolezza spaventosa per i suoi 14 anni. Al secondo turno esce con la Hantuchova, dopo averla messa in difficoltà nel primo set (7-5 6-0).
A 15 anni torna a Miami per superare Makarova e Agnieszka Radwanska, all’epoca numero 16 del mondo (2-6 6-3 7-5). Dopo qualche risultato deludente, supera le qualificazioni a Stanford, batte al primo turno Gisela Dulko e strappa un set a Serena Williams. A Montreal sconfigge Flavia Pennetta al secondo turno per poi perdere dalla Kuznetsova (numero 4 del mondo) 6-4 al terzo set.
A 16 anni comincia a giocare i primi Slam, arrivando anche al terzo turno a Parigi.
Gli anni iniziano a passare, ma di affermazioni nette neanche l’ombra. Tra il 2011 e il 2012 gioca quasi solo Itf. Nel 2013 tutti parlano di lei in occasione del Wimblegeddon, il giorno in cui caddero tantissime teste di serie. Batte la numero 3 del mondo, Maria Sharapova, al secondo turno. Dopo, ancora delusioni e sei Itf consecutivi.
Nulla di rilevante da segnalare nel 2014, prima di Wimbledon of course. I maligni dicono sia affetta dalla sindrome Lisicki/Pironkova, malattia rara che garantisce risultati eccezionali solo in presenza del verde. Michelle supera le qualificazioni, batte la Kuznetsova e esce al terzo contro la più nobile Radwanska, che così vendica quella sconfitta di tanti anni prima.
Adesso Michelle è impegnata nelle qualificazioni degli imminenti Us Open, e io tifo per lei. Mi piace ricordarla giovanissima e sfacciata, urlatrice come poche (109 decibel raggiunti): “Fare versi fa parte del mio gioco, lo faccio da quando ho preso in mano la racchetta e non smetterò solo perché qualcuna sembra infastidita. Nessuno può vietarmelo. Se alla gente non piace, che se ne vada pure dallo stadio. E se vogliono multarmi, facciano pure».
Da subito, dai tempi del baby boom, l’avevano definita “nuova Seles” o – come tutte – “nuova Sharapova“. In comune le urla ossessive, colpi potentissimi e piatti, poca confidenza con la rete, servizio potente e carattere da lottatrice. In più, ad appena 12 anni vinse il torneo under 16 Eddie Herr, sottraendo il primato di precocità proprio alla Sharapova, vincitrice a 13. Ma niente paragoni, purtroppo.
Michelle continua ad amare Justin Timberlake e ad adorare “Il codice da Vinci“. E continua a sperare di emulare le gesta della Seles e della Hingis, suoi grandi miti. E continua ad annaspare nelle qualificazioni…
Sveglia, Michelle! Quelle statistiche di anni fa hanno ancora il tuo nome evidenziato.