“Se saprai riempire ogni inesorabile minuto
Dando valore ad ognuno dei sessanta secondi,
Tua sarà la Terra e tutto ciò che è in essa,
E — quel che più conta — sarai un Uomo, figlio mio!”
Rudyard Kipling, Se
Cinque mesi fa era un signor nessuno. Aveva già fatto i preparativi per trasferirsi negli Stati Uniti, dove avrebbe intrapreso la più modesta carriera di maestro di tennis in un anonimo circolo di Philadelphia. Poi un incontro inatteso, che avrebbe segnato la sua vita e la sua carriera: durante un concerto di Ellie Goulding conosce Jennifer, la sua attuale fidanzata, che lo ha spronato a non abbandonare le speranze. Poco più tardi, dopo lunghi anni di stenti nei tornei minori, il tennista britannico Marcus Willis, classe 1990 e n. 772 del mondo, batte nell’ordine il giapponese Yuichi Sugita e i russi Andrey Rublev e Daniil Medvedev. E accede, per la prima volta in carriera, nel tabellone principale del torneo di Wimbledon, il Tempio del tennis.
Quello di Marcus Willis è un vero e proprio miracolo, proprio come quello che sta accadendo all’Islanda qualche migliaio di chilometri più a Sud, agli Europei di calcio. Una bella favola che, per Willis come per gli islandesi, non è ancora giunta alla fine. Ieri i Signori del ghiaccio hanno battuto 2-1 l’Inghilterra, conquistando uno storico quarto di finale, dove affronteranno il team di casa, la Francia; ieri, Willis – un inglese – ha sconfitto il lituano Ricardas Berankis (un altro con una bella storia alle spalle) con il netto punteggio di 6-3 6-3 6-4. E domani, l’ex Carneade Willis, affronterà Roger Federer, forse il miglior giocatore della storia, sul Centrale di Wimbledon. Comunque vada, per entrambi gli outsider, è già una vittoria.
L’esultanza di Marcus Willis dopo la vittoria al primo turno di Wimbledon
Marcus Willis ha già scritto, a suo modo, un pezzo di storia del tennis britannico. Quante altre volte, prima di Wimbledon, avrà tenuto una conferenza stampa? Poche, forse nessuna, di quelle che meritano questo nome. Ieri, però, la sala stampa era gremita, tutta per lui. Le mani tremanti, un sorriso incredulo e nervoso, gli occhi che si spalancano quando un giornalista menziona il nome del suo prossimo avversario. Roger Federer. Lo sguardo gli si illumina, come quello di un bambino a cui gli è stato detto che potrà conoscere il suo idolo più grande. “Non credo che sappia giocare bene sull’erba”, scherza Marcus, per spazzare un po’ via la tensione. “Giocare sul Centrale di Wimbledon è il sogno di una vita” continua, con voce molto più seria. “Scenderò in campo e darò tutto me stesso per vincere, proprio come ho fatto nelle sette precedenti partite. Probabilmente non ci riuscirò, ma darò il massimo”.
Marco vive ancora con i genitori. Non ha mai guadagnato abbastanza per permettersi una casa o un appartamento in affitto. Con la conquista del secondo turno a Wimbledon, però, ha incassato 50mila sterline, oltre la metà del prize money ottenuto in tutta la sua carriera. Questi soldi gli permetteranno di allenarsi a tempo pieno, poter spostarsi nei tornei in giro per il mondo senza dover preoccuparsi ogni volta di risparmiare qualche decina di pounds. E forse potrà lasciare il suo attuale lavoro di maestro di tennis nel circolo tennis di Warwick, dove offre lezioni private a 30 sterline l’ora (segnatevelo, nel caso qualcuno dei lettori fosse interessato).
Ieri le poche centinaia di spettatori del Campo 17 hanno assistito a un match speciale. Dopo il match-point Willis si è lanciato ad abbracciare la sua ragazza, i suoi genitori e tutti i suoi amici che non hanno smesso un istante di sostenerlo durante le oltre due ore di partita. I suoi fan (esatto, ora ha dei fan), hanno intonato strani cori di incitamento: “Toglietevi le scarpe se amate Willis!” gridavano alcuni, con le sneakers in mano. “Anche io mi sono tolto le scarpe e le ho alzate – ha ammesso alla fine con un sorriso -, mi ha aiutato a scaricare la tensione”.
Marcus non è esattamente un parvenu nel tennis che conta. Da junior era stato uno dei maggiori prospetti del tennis britannico, aveva raggiunto la 15esima posizione mondiale. Poi, nel momento del grande passo verso il circuito pro, si era un po’ perso per strada, come succede a tanti. “Avevo talento, ma poi mi sono scontrato con il mondo reale. Ho giocato per diversi anni in Romania, e lì mi sono totalmente smarrito. Ho perso fiducia in me stesso, ho fatto un mucchio di scelte sbagliate e il mio stile di vita era diventato un po’ sregolato. Avevo perso il controllo…”.
Dicono però che i momenti di difficoltà però fanno crescere. Forgiano il carattere, inducono a non perderti troppo in velleità e sogni, ti impongono di guardare per terra. Passo dopo passo, Marcus Willis ha preso in mano il suo destino, riducendo le aspettative e accettando di condurre una vita più ordinaria come istruttore di tennis, prima nel Warwickshire, Inghilterra, poi in un Tennis club nella grande America. E così sarebbe stato per sempre, se non fosse che le fortunate coincidenze – i miracoli, per i sognatori – esistono, e sono in grado di trasformare vite. L’incontro con Jennifer (dentista ed ex reginetta di bellezza), l’exploit a Wimbledon, la fama improvvisa, le centinaia di messaggi, di congratulazioni e di imponenti strette di mano. Compresa quella di Goran Ivanisevic, trionfatore a Wimbledon nel 2001, che ieri gli ha fatto visita nello spogliatoio, pochi minuti dopo la partita: “In quel momento mi sentivo come… whoa! È il mio giocatore preferito, il mio idolo… Che bella la vita, vero?”.
L’impresa di Marcus Willis ha affascinato proprio tutti, compreso il suo prossimo illustre avversario. “Credo che la sua sia una delle più belle storie recenti del nostro sport”, dichiara Roger Federer in conferenza stampa, pochi minuti dopo il match d’esordio vinto in tre set contro il tenace argentino Guido Pella. “Il tennis ha bisogno di questo tipo di favole. Sono molto entusiasta all’idea di poterlo affrontare”.
Per uno come Roger Federer giocare contro il n. 772 del mondo – per di più, sul Centrale del torneo più prestigioso del pianeta – è qualcosa di estremamente insolito. Il giocatore con il ranking Atp più basso che ha affrontato negli ultimi anni era stato il salvadoregno Rafael Arevalo, n. 447 del mondo, al secondo turno delle Olimpiadi di Pechino, nel 2008. “Gli exploit possono accadere, ma questo è diverso dagli altri”, ammette Roger. “Molti sono stati conquistati dalla sua storia e faranno il tifo per lui. Sarà un match complicato”. Il n. 3 del mondo ha anche avuto il tempo di vedere e apprezzare il tennis di Marcus: “Gioca bene, ha fatto dei bellissimi punti. Il suo stile mi piace molto: fa molti serve&volley e si trova perfettamente a suo agio sull’erba. D’altronde, se riesci a battere un giocatore come Berankis in tre set devi essere un osso duro”.
A volte i miracoli esistono, dicevamo. Capita che, fino a poche settimane prima, ti ritrovi costretto a insegnare ai bambini e a cinquantenni annoiate la corretta esecuzione di un servizio o di una volée nel piccolo circolo della cittadina di Warwick, Warwickshire, Inghilterra. E poi, come niente, sei a Wimbledon, da protagonista, e Roger Federer parla di te, dice di amare il tuo tennis e ti definisce un “osso duro”. Roger Federer, non chiunque: uno che prima d’ora Marcus aveva incrociato solo una volta di sfuggita tanto tempo fa, e che “gli era sembrato un uomo simpatico e molto educato”.
Durante tutta la conferenza stampa Marcus non può fare a meno di sorridere: e non si tratta, badate bene, del ghigno incredulo che si accenna per non dire: “Ehi, gente, ma io che ci faccio qui?”, perché Marcus Willis lo sa benissimo come ha fatto ad arrivare dov’è ora. Sacrificio, umiltà, accettazione dei propri limiti e determinazione a superarli: no, il suo exploit, per quanto sorprendente e improbabile, non è stato affatto un caso. Il suo sorriso, dicevamo, è soltanto la manifestazione – sincera e per nulla arrogante – di chi si sta godendo il momento. Lo sguardo serafico ma profondamente consapevole di un ragazzo inglese, tutto sommato ordinario, che ha vissuto i successi e le sconfitte affrontandoli con la stessa attitudine – tanto per citare vagamente un verso di If, la celeberrima poesia di Rudyard Kipling incisa a caratteri dorati proprio all’ingresso del Centre Court dell’All England Club.
“Nella mia vita non ho mai disprezzato me stesso né chi, in passato, mi ha dato del perdente”, spiega Marcus, con un altro, ennesimo sorriso. “Certo, non avrei mai creduto che una cosa del genere sarebbe potuta accadere proprio a me. Tre o quattro anni fa l’avrei proprio ritenuto impossibile. Ora però sono qui: voglio godermi ogni istante e sfruttare ogni minima chance”.