Festeggiamo oggi il compleanno di Marin Cilic, di Kimiko Date e del sottoscritto. Se io mi devo limitare a una torta e a una scorribanda in discoteca, questi due meravigliosi tennisti possono godere di litri di inchiostro/pagine digitali atte a incensare le loro carriere e le loro gesta.
Quindi, se non vi dispiace, accantono per un attimo il mio compleanno. Perché ogni volta che sento nominare Kimiko Date o che la vedo in campo, un misto di ammirazione e di sincera sorpresa pervade i nervi del mio volto. Questa donna è uno straordinario esempio di passione e professionalità. A 44 anni, quando alcune fanno fatica a fare due rampe di scale per portare su la spesa, Kimiko se la gioca ancora con le migliori tenniste al mondo. Vedere questo scricciolino di poco più di un metro e sessanta per 55 chili riempie da anni il cuore degli appassionati.
Torna dopo oltre 12 anni, nel 2008, ai campi da tennis. Dodici lunghi anni dal ritiro annunciato nel 1996, dodici lunghi anni che per qualsiasi sportivo sarebbero un’eternità. Una condanna, forse. Lei torna, vince un torneo due mesi dopo e sei anni dopo siamo ancora qui a parlare di lei. Mi chiedo che divinità l’assista. Guardo ammirato senza sosta quelle gambette rapidissime e quella tenacia da samurai che la rendono la classica giocatrice orientale (e, c’è da dire, la migliore tennista giapponese di sempre).
Chissà cosa avrebbe potuto combinare se il nonno non l’avesse costretta a giocare con la mano destra. Le tradizioni (stupide) del Sol Levante. Tradizioni che portavano una giovanissima Kimiko Date a avvalersi a lungo di un interprete (non parlava appositamente una parola d’inglese), a rimpiangere il suo Giappone e a preparare personalmente riso e polpettine della sua terra. Una storia curiosa. La vita da nomade proprio non le piaceva, a 26 anni. Ora, a 44, sì.
Ma dicevo, è anche il compleanno di Marin Cilic. Avrete ben capito che il 28 settembre è una data molto importante, la classica giornata in cui nascono i migliori. Ho ancora negli occhi il pazzesco cammino fatto allo US Open dal tennista croato. Cilic è apparso finalmente sicuro dei propri mezzi, aggressivo, preciso, a tratti devastante in risposta e al servizio. Ha finalmente messo a frutto il suo potenziale per la prima vittoria in uno Slam. E ora? “Ora mancano 16 Slam per raggiungere Federer” ha scherzato (scherzava, vero?) al David Letterman Show un emozionato e dolce Marin.
Cilic sta vivendo ora una fase delicata. Il manager Stavaux, ex manager di Justine Henin, gli ha stravolto la vita lo scorso anno: ha scelto di seguirlo personalmente e di affiancargli finalmente un fisioterapista e un allenatore come Ivanisevic. Stavaux racconta glorioso ai giornali che tutti vogliono Marin, tutti lo cercano, gli sponsor fanno a gara per accaparrarselo. Non fatico a crederlo, ma questo a Marin non deve interessare. Deve ricordare che fino a un annetto fa prenotava personalmente i biglietti aerei e l’albergo per coloro che viaggiavano con lui. Poi qualcosa è cambiato, sino all’esplosione in terra americana. E ora questa delicata fase di transizione. Ogni imprecisione è un punto potenziale per l’avversario. Basta poco per cambiare tutto. Ancora meno per tornare nell’anonimato (concedetemi il termine). Pechino lo attende al varco. E noi con Pechino. Intanto buon compleanno anche a te, Marin.