Classe 1990, da Slough, provincia britannica. Un buon giocatore, come tanti. Bravo a farsi largo tra i professionisti già tre anni or sono, Marcus Willis era approdato al suo best ranking nel 2014, alla posizione 344, migliorando già l’ottima prestazione del 2013, quando si fermò poco più indietro. Poi si spegne la voglia, si fanno i conti con il vero salto di qualità, il possibile ingrsso nella top 250, e perchè no?, anche più avanti. Investimenti, sacrifici, riprogrammazioni. E magari la voglia viene meno, la determinazione tentenna. Accade così che Marcus pensi di rallentare l’attività agonistica, la classifica arretra, ci si dedica all’insegnamento nel club: una vita più tranquilla, senza lo stress del circuito, lontano dagli affanni e dallo stress del circus.
Il 2015 però è l’anno della riconferma a buon livello: attività incentrata sul challenger e gli ITF in patria, senza disdegnare altre presenze in giro per l’Europa. Buoni risultati, che confermano una predilezione per le superfici veloci, con un buon servizio a supportare il proprio gioco. E invece il 2016 è l’anno dello stop: tutto era pronto per provare a riavvicinare il best ranking, ma Marcus non vuole più saperne. Troppo stress, troppo allenamento per mantenere il livello necessario a giocare a quel livello. Complice il ritiro in Tunisia, durante un torneo ITF, il lungo stop e la convinzione di mollare, che matura. Poi il diavolo ci metta la coda: arriva una telefonata, si profila una wild card per le qualificazioni di Wimbledon, la classifica è alta. Però la tentazione è forte. Si va.
Il resto è storia recente, lo sapete bene. La vittoria contra il giapponese Yuichi Sugita, un top 100. Si arriva nel maindraw, sale la pressione, si passa un turno e poi il centrale, con la leggenda del tennis all time, una passarella strameritata. Ma Marcus si ferma ancora. Si è trattato di un sogno, un bel sogno. Finchè si decide di riprovarci: qualificazioni a Vienna, un bel match perso contro Rudi Albot, e poi la vittoria in Kuwait, nel torneo F3 del circuito Futeres, senza perdere un set. Riprendere ancora un volta dopo un infortunio, ricominciare sapendo che è sempre più difficile, ma sempre maledettamente affasciante. Questa la sua sfida per il 2017, perché Marcus ci sarà.