Nessuno probabilmente avrebbe scommesso su Quinzi come vincitore del mini-torneo di qualificazione che ha messo di fronte gli otto migliori under 21 italiani. Solo poche settimane fa si tentava in tutti i modi di non far sembrare scontata la qualificazione di Berrettini, di gran lunga il miglior prospetto italiano in circolazione, e per classifica e per mezzi tecnici. Troppo superiore, troppo esperto il romano per pensare che qualche giovane carneade azzurro potesse strappargli la possibilità di confrontarsi con Rublev e soci. Poi, il fattaccio. Matteo Berrettini esce clamorosamente di scena contro Filippo Baldi che di lì a poco si sarebbe guadagnato la ghiotta chance di giocarsi un posto al sole nel match finale al cospetto di Quinzi.
Eppure non si può dire che Gianluigi Quinzi meritasse a pieno titolo questa opportunità, almeno sul piano dei risultati ottenuti quest’anno: tanta fatica nei Challenger (due quarti di finale raggiunti, a Roma e a Venezia, una semifinale a Lisbona), l’esordio assoluto in un tabellone principale nel circuito maggiore condito da un buon successo contro Mathieu a Marrakech ed un best ranking di n.226 fatto registrare nel maggio di questa stagione. Un bilancio complessivo che non può certo entusiasmare un giocatore che qualche estate fa si portava a casa il prestigioso trofeo di Wimbledon junior, aggiudicandosi la prima piazza mondiale di categoria e diventando il secondo italiano della storia a sbaragliare Church Road dopo Diego Nargiso nell’edizione 1987.
Sulla carriera del tennista marchigiano si è scritto tanto, si è discusso forse troppo, sui suoi innumerevoli cambi di guida tecnica, sull’incapacità di gestire la sua crescita, sul suo futuro nebuloso in ottica professionistica, sui risultati che tardavano ad arrivare. Quinzi era il giocatore su cui il tennis italiano avrebbe dovuto puntare, la stella più luminosa di un firmamento nazionale scevro di talenti. Per quattro lunghi anni Gianluigi da Porto San Giorgio ha dovuto convivere con la pressione del predestinato che ad oggi gli ha precluso di vivere con tranquillità il suo percorso formativo, costellato da scarse performances a livello Challenger, collaborazioni fallimentari con coach di calibro internazionale e una tecnica che sembrava involvere a poco a poco.
Quinzi ha l’occasione della vita, un treno (forse non l’ultimo) da non lasciarsi sfuggire. Se da un lato è vero che il suo tennis non avrà la stessa efficacia dei suoi coetanei, è pur vero che anche una fugace apparizione su un palcoscenico del genere potrebbe rappresentare lo stimolo definitivo capace di dare una decisa svolta alla sua carriera.