Roland Garros 1984, quando John McEnroe e Ivan Lendl a Parigi entrarono nella Leggenda del Tennis

Andy Marlin- USA TODAY Sports e Hannah MCkay/EPA/dpa

John McEnroe, sconfitto da Ivan Lendl a Parigi non finì a Sant’Elena come Napoleone. I grandi imperi non cadono da un giorno all’altro, ma la loro potenza si erode pian piano fino alla loro rovina definitiva.

Anzi, accadde proprio il contrario nel suo caso. Il 1984 fu per John un anno irripetibile. Lo chiuse con il 96,5% di vittorie, record insuperato, con 82 successi e 3 sconfitte: la finale parigina, il primo turno a Cincinnati contro l’indiano Vijay Amritraj e in Davis contro lo svedese Henrik Sundstrom.

Vinse ancora tantissimo quell’anno, tra cui il terzo Wimbledon e il quarto Us Open in finale proprio su Lendl. Il suo immenso talento ancora riusciva a portarlo a livelli di tennis irraggiungibili per i comuni tennisti mortali. Ma qualcosa dentro di lui si era spezzato, e la crepa pian piano diventò voragine.

Nel 1985 vinse ancora tanto, addirittura ad inizio anno il suo terzo Masters, ancora battendo Lendl. Un giocatore eccelso come lui non poteva non vincere, ma non arrivò nessuna vittoria Slam e si fermò per sempre a sette sigilli in singolare. Da qualunque altro giocatore, quella stagione sarebbe stata giudicata addirittura fantastica e avrebbe festeggiato a champagne ed ostriche per una settimana intera, ma non lui. Non era un’annata abbastanza vittoriosa per un genio tennistico del suo calibro.

Decise di fermarsi. Dopo parecchi mesi, infine riprese a giocare:” Mi sono concesso un periodo di stop: dovevo occuparmi di alcune cose off-tennis. Poi problemi fisici e la pressione di essere numero uno del mondo hanno contribuito a prolungare quei frangenti. Ora voglio dedicarmi al mio sport e a giocare il miglior tennis possibile”.

Rientrò nel Settembre 1986, agli amatissimi US Open, dove venne subito eliminato al primo turno a causa del suo stato di forma disastroso per la lunga inattività. Come volevasi dimostrare. Si ritirò infine nel 1992, quando occupava la ventesima posizione del Ranking, tranne una breve apparizione nel 1994 a Rotterdam dove venne superato al primo turno Magnus Gustafsson.

In quegli anni, ritornò persino numero quattro del mondo, vinse altri importanti tornei e nel 1991 ottenne l’ultimo successo della sua carriera in singolare, il suo 77º e ultimo trofeo, a Chicago, opposto al fratello Patrick. Mi ricordo quella partita. Ad un certo punto si sentì squillare un telefono e  Patrick disse: “ E’ mamma!”.

Dopo il rientro, riuscì spesso ad offrire miglior versione di se stesso, ma non fu mai più quel giocatore dominante e vincente del suo periodo d’oro: ad onor del vero gli avversari di quel periodo erano veramente duri e soprattutto più moderni di lui, nel senso che ho descritto in precedenza.

Alcuni osservatori asseriscono che patì molto il l’evoluzione dei materiali, non a caso molti concordano nel dire che il Mac sia il GOAT tra i tennisti che abbiano impugnato una racchetta di legno, ma al loro meglio, Lendl, Becker, Sampras, Agassi, Edberg diventarono troppo spesso troppo persino per uno come lui, baciato in fronte dagli dei del tennis.

Disse di Agassi:”Non ho mai giocato contro nessun giocatore che colpisca la palla così forte, così spesso e in maniera così accurata…”. Dunque, nel 1992, manifesta la volontà di chiudere col tennis giocato:” È sempre difficile prendere la decisione di smettere, ma se confronto il mio gioco col desiderio di rimanere tra i primi dieci, allora diventa più facile…”.

Cala il sipario, applausi e grazie di tutto, John. Ma vi chiedo: se non avesse perso quel Roland Garros, come sarebbero proseguita la carriera del mancino americano? Si sarebbe autosospeso nel 1986 o avrebbe continuato a vincere Slam su Slam? Io sono quasi certo che avrebbe dominato ancora, che non avrebbe mai e poi mai nutrito dubbi sul suo tennis, che non avrebbe mai perso tempo a zonzo per il mondo rimuginando sul perché avesse gettato nella Senna lo Slam di Parigi in quel modo. Se avesse vinto quella finale, la storia del tennis sarebbe andata probabilmente in maniera diversa.

“Penso che se avessi perso a Parigi avrei comunque vinto un po’ di major dopo. Ma in senso negativo fu il match più importante della carriera di McEnroe, perché se avesse vinto avrebbe provato a vincere l’Australian Open e magari sarebbe arrivato a 10 o 12 slam e oggi sarebbe considerato alla stessa stregua di Laver o Federer…”. Ivan Lendl, il Terminator.

“È stata la peggiore sconfitta della mia vita, una sconfitta devastante: a volte ancora mi tiene sveglio la notte. Persino adesso è dura per me commentare quel Roland Garros… Ci saranno dei giorni in cui starò letteralmente male solo a stare lì, ripensando a quella partita. Pensando a cosa ho gettato via e a come sarebbe stata diversa la mia vita se avessi vinto…”. The Genius, il Mac.

Sono ai saluti, cari amici di Tennis Circus. Rievocare la finale di Parigi per me e’ stato come rievocare i fantasmi del passato , ma sono felice di aver condiviso con voi ricordi e momenti straordinari legati ad un match irripetibile. Sono in chiusura, e vi lascio con una piccola citazione, che questa volta nessuno riconoscerà perché l’ho inventata io,  proprio ora e solo per voi, amici lettori.

“L’unico motivo per il quale milioni di persone si sono innamorate follemente della classe di Roger The King Federer è molto semplice: non hanno mai visto in campo John McEnroe, in arte The Genius”.

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