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Rublev, da pittore a martello

Un utente poco esperto della rete che volesse fare ricerca nel web per saperne di più sul talento russo Andrej Rublëv potrebbe imbattersi in un caso di omonimia. Ma non troppo.
Andiamo con ordine: siamo a Mosca nel 1350. La corte russa attende ancora il messia, colui che riunirà le popolazioni semi-nomadi della Russia Bianca in un regno destinato più tardi ad ispirarsi al mito della Terza Roma. Fa la sua comparsa nell’austera chiesa Ortodossa moscovita un giovane pittore, destinato a diventare ben presto non solo un maestro tra i più seguiti ed apprezzati della iconografia, ma addirittura un santo. Circa sei secoli e mezzo dopo compariva, sempre a Mosca, il nostro giocatore invece. Non ancora santificato all’ombra del Cremlino, ma decisamente in ascesa, quanto mai proromponte, nell’anno in cui si celebreranno a livello ATP i NextGen, talenti che, in ordine sempre più sparso e a latitudini e longitudini molto differenti, sono destinati a prendere il controllo del Circus Tennistico.

Andrej_Rublev, artista del XIV \ XV secolo

Rublev il tennista ha qualcosa però di molto iconico. Lo sguardo stralunato di un suo illustrissimo antesigano, “il Principino”, che gli affezionati più in là con gli anni ricorderanno al secolo col nome di Eugenio Kafelnikov, grande appassionato di poker e di rovesci e gesti di alta classe. Serio, determinato, dotato di un tennis tutto potenza e precisione da fondo campo, ha remato per un paio d’anni nel circuito, non disdegnando spesso il circuito Challenger italiano, navigando attorno al 150esima posizione mondiale a lungo, evidentemente preparando il grande salto nella top100. Gli appassionati italiano lo ricorderanno recentemente impegnato in una maratona sull’erba di Church Road contro il nostro Stefano Travaglia, e prima ancora, nel 2015, fotografato con una certa timidezza accanto a Fabio Fognini in occasione dello scontro Davis tra Italia e Russia. Fui pessimo profeta allora. Il ragazzo mi parve poca cosa per il tennis d’elitè ATP, molto leggero, dotato di un dritto devastante quanto poco affidabile, in balia in un Fognini attento, come spesso gli accade in Davis (e quasi mai altrove, purtroppo).

Andrei Rublev

Il passaggio dall top100 alla top50 è stato abbastanza veloce. Sarà per la concorrenza a livello NextGen, che in Russia non manca per nulla, sarà per l’energia e la determinazione che Rublev sprigiona, il primo titolo ATP è parso naturale conseguenza di questo processo di crescita (citofonare Lorenzi, e Fognini) ad Umago. Torneo vinto con la protezione dell’illustre omonimo, visto che l’ha conquistato addirittura da lucky loser. Ancora non a suo agio a rete e in generale nei movimenti verticali, preferisce muoversi molto bene da fondo, con gambe leggere ma veloci che gli consentono di colpire sempre molto bene con baricentro basso, e sfruttare una velocità di braccio rimarchevole. Un mix che gli permette di tirare vincenti, specie inside-in, da ogni parte del campo. Servizio buono, ancora non affidabilissimo e talvolta monocorde.

Dove può arrivare? Facilmente nella top20, quella attuale, che pare un magma vulcanico in perenne ebollizione, approfittando di una fase di transizione che il tennis mondiale sta vivendo in questo avvincente e quanto mai impronosticabile (per me, s’intende) 2017. Oltre dipenderà da lui, dalla carica per sacrificarsi e lottare che si porta dietro, da una buona dose di fortuna, e, magari, dalla protezione del suo omonimo artista e santo.

Alberto Maiale

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