Taylor Fritz è il classico “ragazzone” americano: altezza 1.93, peso 84 kg. Oggi diciannove anni. L’uso della punteggiatura così minimale, cari i miei 3 lettori, è voluto per rimarcare come questo giocatore, classe 1997 stia bruciando le tappe nella sua prima vera stagione da professionista, dopo aver concluso al primo posto la sua carriera da junior.
Ha iniziato a giocare a tennis a due anni (due, sì, avete letto bene) per colpa dei genitori, entrambi ex tennisti professionisti, in particolare sua madre Kathy, che ha avuto un passato da top 10 nella WTA. Ama tutte le superfici, e non disdegna, udite udite, la terra verde americana, per solito vituperata dai tennisti europei. Si allena a Carson, in California: ama il football NFL (ma no!) ma confessa di seguire il calcio giocato, in particolare le gesta dei Red Devils di Manchester (pazienza per il City). Ha come obiettivo, manco a dirlo, diventare numero 1 del mondo.
Insomma, idee chiare anche se non proprio originalissime (inclusa quella di diventare n. 1 del mondo). Per ora l’obiettivo è stato raggiunto, come dicevamo, a livello junior, con la vittoria negli US Open 2015 dei cadetti. Nel 2016 gli squilli di tromba non si sono fatti per niente attendere. Vittoria nel challanger di Sacramento battendo in finale uno come Dudi Sela, che non ama regalare le partite ai suoi avversari. Se l’israeliano può essere considerato un banco di prova interessante ma non decisivo, lo è di sicuro un duro come il suo connazionale Steve Johnson, battuto a Memphis nell’ATP 250. Non contento, Taylor ha collezionato quest’anno anche una qualificazione Slam, ovviamente in Australia, battendo gente come il tedesco Michael Berrer e portando al quinto set il connazionale Jack Sock, dopo avergli anche rifilato un bagel nel terzo set.