Se lo merita. Timea Bacsinszky merita un articolo. Nonostante la sconfitta odierna contro la Wozniacki in quel di Wuhan.
E’ stato davvero un bel match: sembrava che la danese avesse trovato un muro più impenetrabile di lei. Bei colpi, naturalezza, freschezza e buona attitudine mentale, le stesse qualità che le avevano permesso di eliminare negli ottavi Maria Sharapova. La Bacsinszky mi è sembrata la Halep. Poi è tornata la Wozniacki praticamente imbattibile degli ultimi mesi: la preparazione della maratona di New York le sta facendo molto bene. E per una stanchissima Timea, proveniente dalle qualificazioni, c’è stato poco da fare.
Si è subito premurata a dire che fin dall’età di 11 anni scomodavano per lei paragoni con Martina Hingis. “Dominavo le mie avversarie proprio come succedeva a lei. Il talento è stata la mia condanna. Avrei preferito fare altro”. E’ interessante quello che la Bacsinszky ha raccontato. Sin dalla più tenera età, addetti ai lavori e personalità a lei vicine hanno puntato su di lei sogni e speranze. Capita a tanti e a tante. Tutti i campioni (e anche i non campioni, quelli scoppiati prima di un boom mai arrivato) sono passati per la stessa strada. Ma non tutti sono arrivati a odiare il tennis: “Mi sentivo privata di me stessa. E’ difficile da spiegare, ma sentivo che piano piano diventavo simile a un automa. Entravo in campo, giocavo, le conferenze stampa, gli sponsor… A 15 anni aveva già perso tutto l’interesse per questo sport, non mi piaceva proprio vivere così”. A 14 anni Timea aveva già battuto la numero 43 del mondo nel primo turno di qualificazione del Wta di Zurigo. Mica male.
La crescita è arrivata, lenta e costante, sino al primo successo Wta nel 2009. Ma di pari passo l’infelicità. Nel 2011 inizia il calvario: infortunio al piede. “Volete la verità? Sì, è stata la mia salvezza. Ben presto non avevo più gli occhi di tutti addosso e mi sentivo lentamente tornata a vivere una vita normale”. Arrivata al best ranking di numero 37, ha raccontato di aver vissuto due anni bruttissimi. Un nuovo stop, un nuovo infortunio, una nuova operazione alla spalla. “Ero triste, molto triste. Non sapevo il motivo e questo mi stava portando in una forte crisi personale. Ero arrivata a chiedermi cosa volessi realmente fare della mia vita“.
Decide quindi di dedicarsi a una sua grande passione, la ristorazione. Nasconde la propria identità, nasconde il passato di tennista e diventa barista in una cittadina svizzera.
Nel maggio 2013 riceve una mail: il Roland Garros accettava la sua partecipazione alle qualificazioni. Timea aveva già deciso. Da sola, però. Lei aveva capito da sola che il tennis era la sua vita. “Ho preso tutte le mie cose e mi sono fiondata giù dalle scale urlando di gioia. Ho detto a mia madre che volevo davvero giocare a tennis, che sarei andata a Parigi anche da sola in macchina (come poi è successo, ndr) e senza un giorno di allenamento, vincere o perdere non avrebbe avuto differenza. Per la prima volta, nella mia vita, ero io che decidevo cosa fare per me stessa. E’ stato un giorno meraviglioso”.
Parte così la nuova fase tennistica di Timea Bacsinszky, appena un anno fa. Tra tante incertezze, meno ansie (il clamore mediatico in patria si era decisamente affievolito nel frattempo) e tante speranze. Wta Lussemburgo 2013, Timea dichiara: “Voglio tornare dovero. Sarà difficile, forse sarà lunga, ma ce la farò. Me lo sento. E sarà ancora più bello riuscirci dopo essere ripartita da zero».
Neanche un anno dopo ecco dove è arrivata. Ci aveva visto giusto. Batte Maria Sharapova e battaglia con l’irresistibile Wozniacki degli ultimi tempi. Torna prepotentemente nelle prime 50 del mondo, non così lontana dal suo best ranking. Che supererà, siamo pronti a scommetterci. Perché ora sa godere delle vittorie: “Il preciso momento in cui i tuoi sentimenti sono confusi e non sai se ridere o piangere… Ho fatto entrambe le cose ed ho goduto» ha scritto su Twitter poco dopo l’exploit contro la Sharapova.