Dalla A di Alcaraz alla Z di Zverev: tutto ciò che c’è da sapere sulla finale del Roland Garros 2024

Germania contro Spagna, Sascha contro Carlitos, Zverev contro Alcaraz insomma. Ecco la finale del Roland Garros 2024, degno epilogo di un palpitante torneo che ci ha accompagnato senza respiro per due settimane.

Tante, tante le emozioni che in questi giorni hanno fatto battere all’impazzata i nostro cuori: gli addii di Thiem, di Schwartzman e soprattutto quello di Rafa Nadal, le rimonte disumane di Djoker, e per noi appassionati italiani, Jannik numero uno al mondo.

Con Novak Djokovic fuori dai giochi per infortunio e Jannik Sinner sconfitto ma non vinto in semifinale proprio dallo spagnolo dopo un’interminabile battaglia di 5 set, il match di Domenica è il meglio del meglio che lo Slam parigino potesse offrirci.

Carlitos, testa di serie n°3 in Francia, si presenta all’atto conclusivo dell’evento parigino da un lato con due scalpi prestigiosi alla cintura, quelli di Stefanos Tsitsipas e soprattutto dell’altoatesino, e dall’altro con nuovi mirabolanti record da segnare nel suo personalissimo curriculum.

A 21 anni e 35 giorni, infatti, lo spagnolo è il più giovane tennista dell’Era Open a conquistare almeno la finale Slam su tre superfici diverse – erba, cemento e terra battuta – cancellando così il record precedente del vecchietto Andre Agassi, con i suoi 22 anni e 67 giorni.

Per quanto riguarda Sascha, la testa di serie n° 4 del seeding francese sta attraversando sicuramente un periodo di forma smagliante: ha vinto gli Internazionali di Roma, ha vissuto l’onore e l’onere di incontrare e battere al primo turno il Signore e Padrone di Parigi, Rafa Nadal e nonostante abbia sudato sette camicie con Tallon Griekspoor e Holger Rune, è arrivato con grande merito all’atto conclusivo parigino.

È vero, dobbiamo dire che Zverev ha un poco approfittato dei problemi di stomaco di Casper Ruud patiti dal norvegese in semifinale, ma obiettivamente Sascha era alla vigilia il naturale favorito della loro sfida all’ultimo sangue.

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E dunque Domenica si troveranno di fronte l’uno contro l’altro due giocatori dalle caratteristiche tecniche assai differenti, ma perfettamente a loro agio su terra rossa, in eccezionali condizioni psico-fisiche e pronti alla battaglia per alzare infine nel tripudio generale la scintillante Coppa dei Moschettieri.

Naturalmente, l’ovvio favorito dell’imminente duello è senza dubbio lo spagnolo Alcaraz: non lo dico io, lo dice la carriera, lo dicono i risultati, lo dicono gli scontri diretti sull’argilla.

Zverev è un giocatore splendido, un grande fighter, ma pur avendo vinto negli anni moltissimo, battendo spesso e volentieri anche i leggendari Big3, non ha ancora alzato alcun trofeo Slam e nell’unica occasione in cui ha disputato una finale, quella del 2020 agli Us Open contro Dominic Thiem, ha fallito l’appuntamento con la storica vittoria.

Carlitos, invece, è già stato numero uno al Mondo, è alla sua terza finale Slam disputata, con Us Open e Wimbledon già belli che in bacheca, e nonostante il tedesco conduca per 5-4 negli scontri diretti, nelle tre occasioni in cui i due finalisti si sono incontrati sul rosso, due volte ha avuto la meglio proprio l’iberico.

Ad onor del vero, tuttavia, dobbiamo rilevare come l’unica vittoria di Sascha sull‘argilla con Carlitos sia stata colta proprio qui, ai quarti di finale del Roland Garros nel 2022.

Quell’anno il tedesco godeva di una forma strepitosa: molti osservatori credevano infatti che avrebbe potuto persino vincere Parigi, ma come tutti ricordiamo, in semifinale contro Nadal – Vico con i suoi corsi e ricorsi storici ne sarebbe felicissimo – subì quell’infortunio gravissimo alla caviglia che quasi pregiudicò in maniera irrimediabile la sua carriera.

©Julien Crosnier/FFT

Zverev pian piano è riuscito a tornare a livelli di rendimento pre-infortunio, anzi, probabilmente ancor meglio: è più resiliente in campo perché come filosofeggia Nietzsche “Ciò che non ti uccide, ti rende più forte”.

Tutte le traversie che il tedesco ha attraversato in questi anni, non solo fisiche, anche quelle giudiziarie – appena risolte in Madrepatria – lo hanno reso più roccioso mentalmente ed insensibile alle sofferenze che il Tennis in campo dona a piene mani ai suoi fedeli servitori.

Lo stesso giocatore tedesco ha dichiarato che perse a New York proprio perché non era maturo. Ora sente di esserlo, di essere pronto a cogliere finalmente il grande risultato che ancora manca al Palmares del tedesco, ovvero la vittoria in uno Slam, che dopotutto sarebbe il giusto e meritato coronamento di una carriera quasi eccezionale.

Riuscirà Sascha nell’ardua impresa di sconfiggere l’indiavolato Carlitos?
Forse, ma a condizioni ben precise, a mio avviso: solo due parole, servizio e profondità.

Da un lato, Zverev deve servire come lui sa e come pochi sanno fare, con percentuali pazzesche di prime, in modo da controllare lo scambio nei suoi turni di battuta. Dall’altro deve giocare profondo, perché se si concede campo alla spagnolo, quello che capita è ben documentato dalle statistiche post match: nugoli di traccianti infuocati di dritto e rovescio a pulire le linee.

Dunque, dicevamo, Alcaraz favorito naturale per la vittoria finale. Ma come recita quella saggia massima? “Dio dà, Dio toglie”, mi par di ricordare. Parigi nel 2022 tolse molto a Zverev e forse Domenica Parigi salderà il suo debito con il 27enne tedesco.

Buona Finale a tutti!

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