E alla fine arriva…Novak Djokovic. Il numero 1 del mondo, pochi giorni dopo il 34esimo compleanno, ha ripetuto l’impresa più difficile della storia del tennis, battere Rafael Nadal sul Court Philippe Chatrier, campo principale del Roland Garros. Uno straordinario spettacolo di 4 ore e undici minuti, vinto dal serbo per 3-6 6-3 7-6(4) 6-2. Il Re ha abdicato per la terza volta dopo le sconfitte nel 2009, contro Robin Soderling, e del 2015, proprio contro lo storico rivale, che raggiunge così Stefanos Tsitsipas per la finale dell’Open di Francia 2021.
All’inizio, a quasi tutti, la semifinale di ieri ricordava la sfida dello scorso ottobre, dominata da Nadal. Un Nadal che è partito con il turbo, vincendo cinque game consecutivi per issarsi – in maniera decisiva – fino al 5-0 nel primo set. La partita si è accesa finalmente dal sesto gioco in poi, con Djokovic in grado allungare non di poco la gittata dei propri colpi, fattore in grado di destabilizzare l’avversario, causandone i primi veri errori non forzati. Il distacco, però, ha aiutato Nadal a farcela, chiudendo per 6 giochi a 3 il primo set. Una vittoria tutta determinata dalla scarsa precisione delle variazioni di Djokovic, che ha usato spesso male la palla corta ed ha subito invece il grande cinismo dell’avversario sulle palle break. Sulla seconda di servizio, nella fattispecie, il tennista di Belgrado ha visto frantumarsi le sue speranze, vincendo solo tre punti su dodici.
I tre game vinti da Djokovic prima di perdere il parziale, tuttavia, hanno cambiato la fisionomia della partita, dando a Nole la consapevolezza di poter comandare il gioco da fondo campo, lavorando Nadal ai fianchi e cambiando continuamente gli angoli. L’intensità della partita, da qui in poi, è stata incredibile per quasi tre ore consecutive. Il piano tattico di Djokovic si è messo in moto e non ha mai veramente smesso di funzionare, sorretto da un tempismo sulla palla sempre perfetto. Nadal ha dovuto rincorrere quasi sempre, i cambi di ritmo non hanno creato l’effetto sperato e il serbo è salito in cattedra. La palla alta e lenta del maiorchino contro il suo rovescio ha fatto meno male delle ultime volte, la traiettoria meno profonda ha permesso al campione dell’Australian Open di anticipare l’impatto e sentirsi sempre più sicuro. Sul 2-0 avanti nel secondo parziale, solo un passaggio a vuoto ha rimesso Nadal in carreggiata. Se nella finale del 2020, però, la risposta di Djokovic era stata neutralizzata, questa volta è stato il serbo ad anticipare le intenzioni del suo avversario. Un passo sulla sinistra al momento di ricevere la curva mancina dell’iberico e la solita capacità di tagliare il campo hanno reso a Nadal difficilissima la sola idea di girarsi per colpire da subito col dritto. Era da tanto, precisamente dal 2016, che Djokovic non mostrava al mondo la sua forza nel dividere perfettamente il campo contro Nadal sulla terra battuta. È stato Nole ad impedire che Rafa prendesse confidenza col suo rovescio, un colpo molto più piatto rispetto al diritto e fondamentale nei trionfi da over-30 del tennista di Manacor. Il dritto di Djokovic ha dominato la diagonale contro il colpo bimane dell’avversario, gli angoli stretti e i cambi in lungolinea gli hanno consentito di tornare immediatamente avanti di un break. È stato lui a cercare di rallentare con parabole eccezionali, situazione a cui il Nadal di oggi non è riuscito a trovare un vero rimedio, tanto che il rovescio l’ha aiutato pochissime volte nelle fasi calde. Perché la testa non l’ha mai abbandonato, né nella grinta né nelle scelte, ma l’intensità l’ha stancato, penalizzandolo nelle esecuzioni e nel posizionamento prima di queste. Nei due successivi turni di servizio Djokovic ha annullato cinque palle del contro-break grazie proprio a dei rovesci impattati non al meglio da Nadal.
Dopo il reciproco scambio di 6-3, la partita ha vissuto il climax nel terzo parziale, andato avanti sui binari del secondo set, se possibile con un divario apparso ancora più netto tra i due dal punto vista delle energie fisiche. Dal quinto game però la battaglia è stata soprattutto mentale, ragion per cui lo stesso Djokovic non è mai riuscito a scrollarsi di dosso l’avversario. Ottenuto un primo break, i due sono andati un po’ a corrente alternata, con Nadal bravo a recuperare ma poi autore del peggior gioco della sua partita, che lo ha condannato a perdere di nuovo la battuta, a zero. In questi frangenti la sua stanchezza è sembrata evidente, con alcuni dropshot mal eseguiti per fuggire dagli scambi in cui Djokovic pareva sempre destinato ad avere la meglio. In questo momento di tensione da ambo le parti, dopo alcune scelte rivedibili, sono però arrivati i colpi più belli della partita, concentrati ovviamente nei giochi che ne hanno decretato l’esito. Avanti 5-4 e al servizio, Djokovic ha lasciato che Nadal riaprisse la contesa. Il pubblico si è fatto di nuovo dalla sua parte, i decibel dei grugniti sono di nuovo saliti e così è arrivato anche il break che ha riportato tutto in parità. Entrambi hanno alzato l’asticella in maniera esponenziale, Djokovic ha vinto scambi da cineteca e Nadal ha cancellato da fenomeno due palle break per salire sul 6-5. Subito dopo i ruoli si sono invertiti: è stato lo spagnolo ad accelerare e conquistarsi i punti, arrivando perfino alla palla set. Ma Djokovic ha risposto con altrettanta freddezza, cavandosi d’impiccio con una palla corta magistrale.
Il 18esimo tie-break della loro rivalità è stato tra i più indimenticabili in assoluto. A fare la differenza, come quasi sempre in partite così combattute, è stato un unico e grossolano errore. L’unico minibreak nel gioco più importante, che ha incanalato definitivamente la partita. Sotto 4-3 e al servizio, Nadal era riuscito a prendere in mano le redini del punto dopo una miracolosa fase difensiva, ma la volée di dritto è clamorosamente terminata lunga. Djokovic al servizio è stato impeccabile, e piegando le gambe all’avversario con un recupero profondissimo ha vinto per 7-6 un parziale durato la bellezza di 97 minuti.
Al rientro, l’euforia si è inizialmente spenta con un bellissimo break strappato da Nadal. Ma questo è stato l’ultimo scatto d’orgoglio di un Re ferito mortalmente nel suo regno. Avvelenato da un ribelle che lo ha svuotato di tutte le forze, facendo cadere a terra la corona. Dallo 0-2, Djokovic ha infilato sei game di finale, e ora tra lui e il secondo Roland Garros rimane solo Tsitsipas. Soltanto una performance così perfetta, da un giocatore apparso ieri invulnerabile nel suo equilibrio tra dritto e rovescio, poteva interrompere l’ennesima striscia vincente di Nadal. Non sappiamo se quest’ultimo fosse veramente al meglio, ma in fondo si sa che le energie spese si moltiplicano quando non si ha il controllo del gioco. Ed a differenza di otto mesi fa, il controllo l’ha quasi sempre avuto Djokovic. Più profondo, più veloce, più aggressivo e più preciso. Sei anni fa inflisse a Nadal la seconda sconfitta della sua storia a Bois du Boulogne, ieri gli ha inflitto la terza. Allora, Djokovic perse da Wawrinka in finale, così come Soderling perse dodici anni fa da Roger Federer nell’ultimo atto. Riuscirà il numero 1 a sfatare anche questo tabù per diventare l’unico tennista nell’Era Open a vincere almeno due volte tutte e quattro le prove del Grande Slam? Non ci resta che scoprirlo domenica.