l tennis è un pendolo che oscilla senza tregua dall’estasi alla disperazione, edificando grattacieli di granitiche certezze che, nel giro di una frazione di secondo, vengono impietosamente polverizzati. Questa non è solo la storia di una partita, ma anche la cronaca del riscatto di un campione, evaso dai propri spettri grazie ad un insano moto di ribellione, tanto dissennato quanto provvidenziale. L’annata 2009 del Roland Garros è senza dubbio la più gravida colpi di scena dell’ultima decade, caratterizzata fin dai primi turni da impronosticabili uscite di scena e abdicazioni detonanti.
Il prologo di quell’edizione dello Slam parigino vide la successione al vertice della classifica mondiale tra Roger Federer e Rafael Nadal, passato nel breve volgere di pochi mesi dal ruolo di più temibile contendente del monarca svizzero a quello di insuperabile ossessione. Roger, prima di cedere la prima posizione del ranking, è stato costretto ad un lascito ancor più doloroso, quello dell’amato feudo londinese; l’unica porzione di pianeta in cui poteva ancora sentirsi protetto ed invulnerabile. Dopo il successo di Nadal a Wimbledon le gerarchie cambiarono definitivamente, costringendo il più titolato tennista di tutti i tempi a fare da altolocato comprimario.
La somma di tutte queste scorie negative generò uno dei momenti più laceranti nella carriera di Federer. A seguito della sconfitta nella finale degli Australian Open 2009, ad opera dell’implacabile Nadal, Roger scoppiò in un pianto inconsolabile in mondovisione, evidenziando in maniera ancora più netta lo stato di impotenza che ormai lo paralizzava.
Rafael Nadal è quindi il vincitore annunciato del suo quarto Roland Garros consecutivo, resta solo da stabilire chi gli farà compagnia durante la premiazione finale. Nei primi tre turni il maiorchino concede un totale di 24 games ai malcapitati comprimari (Daniel,Gabashvili e Hewitt), apprestandosi a ridicolizzare, negli ottavi di finale, lo svedese Robin Soderling, uno dei suoi più accaniti denigratori. I due sono reduci da un leggendario sketch andato in scena sul centrale di Wimbledon, quando lo sfrontato scandinavo stuzzicò a più riprese Rafa, parodiando alcuni dei suoi più celebri tic.
Tutto si può dire tranne che l’iberico non abbia una buona memoria, ed è per questo che tutti si aspettano una furiosa vendetta da parte del vilipeso maiorchino. Come sempre però la realtà tennistica si diverte a farsi beffe delle nostre misere convinzioni, proponendo quella che, fino ad oggi, può essere considerata la più eclatante sconfitta dello spagnolo. Soderling gioca una partita ai limiti della perfezione, coadiuvato da un Nadal in precarie condizioni fisiche; ciò che ne consegue è un epilogo al quarto set in cui è Robin a trionfare, provocando un misto tra smarrimento ed eccitazione nel microcosmo del tennis.
Estromesso il vincitore in pectore i favori del pronostico convergono in un’unica direzione, quella del finalista delle ultime tre edizioni: Roger Federer. L’elvetico si trova nell’inimmaginabile condizione di obbligatorio vincitore, in virtù di un tabellone ormai plasmatosi a sua immagine e somiglianza. A poche ore dal tonfo più rumoroso della storia recente del Roland Garros Roger scende in campo per il suo ottavo di finale, opposto all’amico Tommy Haas.
Quello che sembrava essere un impareggiabile trampolino psicologico senza si rivelerà, nel corso dei primi due set, una tenaglia ancora più soffocante della presenza di Nadal. Federer appare svuotato, spento, a tratti irriconoscibile, incapace di gestire il cumulo di pressione piovutogli addosso così violentemente. Haas gioca in maniera diligente, sciorinando la consueta eleganza stilstica. Il tedesco però non ha mai creato particolari problemi a Federer, in considerazione dei precedenti a senso unico a favore dell’elvetico, oltre che per la manifesta superiorità agonistica di Roger.
In poco più di due ore ci si ritrova sul 7-6 7-5 4-3 per il tedesco, quando è Federer a servire per impattare sul 4-4. Sul 30-30 l’elvetico ratifica la propria angosciosa rassegnazione, fallendo il più facile degli approcci a rete, regalando così ad Haas la possibilità di servire per il match. Lo sguardo delle telecamere indugia ripetutamente su Mirka, storica fidanzata di Federer. Nei suoi occhi traspare tutta la consapevolezza di chi sa di dover sostenere e rialzare il compagno, dopo una sconfitta che lascerà infiniti strascichi.
Sul 30-40 Roger non è nemmeno più con le spalle al muro, è il muro stesso a dargli lo spalle, indignato dalla pavida prestazione di Fed. Lo svizzero serve una prima esterna, Haas risponde con un rovescio incrociato che costringe Federer ad una manovra non agevole per colpire con il dritto, inducendolo a giocare il colpo in precario equilibrio. L’insieme di queste imperfezioni da alla luce un bagliore che surclasserà tutte le brutture a cui gli appassionati, i tifosi e i familiari sono stato costretti ad assistere fino a quel preciso istante.
Il dritto ad uscire di Federer si deposita a pochi cm dalla riga, defibrillando tutti gli sconsolati spettatori presenti. Un punto giocato con innaturale spregiudicatezza, accorpando la classe del campione alla lucida follia di chi ha finalmente trovato il coraggio di guardare in faccia l’abisso e piegarlo alle proprie volontà. (video) Sarà questo il segnale della definitiva riscossa, capace di capolvogere le sorti della partita, del torneo e del prosieguo della carriera. Federer tiene il proprio turno di servizio, prima di effetturare il break che gli consentirà di aggiudicarsi il terzo set. Il quarto e il quinto parziale esulano dalla contesa tennistica.
Federer si è ormai impadronito del proscenio, dispensando pelibatezze balistiche in serie. Haas invece non è più in grado di tenere testa allo svizzero, ormai logoro e sfiduciato. Negli ultimi due set sarà in grado di conquistare appena due giochi, a conferma del totale disarmo subentrato a conclusione del terzo parziale. La partita finisce con un balzo liberatorio di Federer, affrancatosi da ogni paura e tentennamento, finalmente pronto ad aggiungere il tassello mancante alla sua irripetibile carriera.
Di G.Micottis