Questo articolo pubblicato da tennisworldousa.org rimette al centro del dibattito tra gli aficionados il tema del match fixing, ma, vivaddio, facendo riferimento al problema non dal punto di vista gossipparo e, se permettete, un tantino voyeristico, col quale in genere si guarda all’argomento scommesse, piuttosto focalizzando il rischio enorme di perdita di credibilità che deriverà dal dilagare del fenomeno.
Ricostruendo la vicenda dall’esordio del problema, almeno a livello mediatico (perché tra gli addetti ai lavori se ne vociferava ben prima di quella data), con la famosa partita tra Nikolay Davydenko e Martin Vassallo Arguello. L’inizio della vicenda, col senno di poi del quale sono ben piene le note fosse, avrebbe dovuto già far riflettere i media: se due giocatori, uno addirittura top 5, e l’altro già da tempo top 100, sono “avvicinabili” da intermediari provenienti dal mondo delle scommesse, allora qualcosa di rotto nel giocattolo-tennis professionistico, ci deve essere.
Quel 2008, così lontano nel tempo ma così vicino al match oggi sotto i riflettori della TIU (Tennis Unit Integrity) che risale all’ultimo US Open, ovvero quello tra Timea Bacsinszky e Vitalia Diatchenko. L’opinione pubblica però guarda al fenomeno, guidata (male) dai media, ancora una volta dal punto di vista scandalistico: puntiamo il dito sul giocatore che ha “aggiustato” il match. Ricordo in rete le ironie su “Truffello Arguello”, perché molti scommettitori si sentivano, giustamente, truffati, dall’esito di un match truccato per il quale avevano investito dei soldi. Ma il problema, però, non è soltanto quello, di sicuro non il più grosso. Piuttosto: andare semplicimente a vedere un match, pagare un biglietto, abbonarsi ad una pay-tv per seguire i tornei, sedersi su un divano e guardare due giocatori o due giocatrici che sudano in campo, col dubbio, ormai piuttosto fondato, che quello che vediamo sia più virtuale che reale.
Da tempo, Tennis Circus sta seguendo la vicenda match-fixing, e sta sottolineando alcuni aspetti, grazie anche all’opera di esperti del settore come Stefano Berlincioni (a questo proposito vi segnalo questo suo interessante intervento), i quali stanno informando gli appassionati sul dilagare del fenomeno e sulle tecniche, per ora palesemente inadeguate, per arginare un fenomeno che è comunque difficilissimo da seguire data la mole di partite giocate nel mondo a livelli diversi e tutte, paradossalmente, interessate al fenomeno sia del match-fixing che del gambling, altro tema sul tappeto. Nell’articolo proposto da Tennis World USA è citato, finalmente, anche il tema dei costi legati allo svolgimento dell’attività professionistica: costi altissimi che, facilmente, in mancanza di supporti e\o vittorie adeguate, spingono molti atleti ed atlete a cadere nella trappola del match-fixing, dietro compensi che si aggirano su cifre a quattro zeri.
E siamo al punto di partenza: la soluzione è certamente nei controlli, nella repressione forte del fenomeno, passando attraverso sentenze sicure oltre ogni ragionevole dubbio, ma anche attraverso un’opera di supporto ai tennisti che si affacciano al professionismo: un supporto economico per i più meritevoli, ed uno etico, perché solo la cultura dello sport, del rispetto per se stessi, per il pubblico e per la legalità in generale, potranno salvare questo sport da una deriva drammatica. E, last but not least, un supporto culturale che non può mancare per chi, invece, quotidianamente affolla le sale scommesse, spuntate nelle nostre città come funghi, frequentate spesso da giovani, talvolta minorenni, ingannati dal mito dei soldi facili, così come propagandato dai tanti spot che nelle televisioni sportive vediamo sempre più invadenti.