C’è modo e modo di farsi un regalo per il compleanno. Kyle Edmund, giovanotto di belle speranze di Beverly, ridente cittadina della fascinosa regione dello Yorkshire, ha scelto di farsene uno bello grosso: un tabellone ATP a Doha conquistato passando attraverso le qualificazioni (citofonare Arnaboldi), un bel quarto di finale ed il proprio best ranking, che casualmente concide pure con l’ingresso nella TOP 100 del ranking. Non male.
In verità Edmund si era già affacciato al n. 99 della classifica, salvo poi farsi ricacciare indietro da quello strano gioco dell’oca che il tennis e le alchimie numeriche dei punteggi riservano ai nuovi arrivati nel gotha dello sport della racchetta. Quasi fosse una prova in più da superare per dimostrare che non si è capitati da quelle parti per caso. Accade così che il giovane tennista inglese (questa voltà sì, proprio inglese e non scozzese) dalla prossima settimana farà compagnia al sommo Andy Murray e ad Alliaz Bedene, balcanico convertito sulla via di St. James’s park e carnefice oggi del nostro Luca Vanni a Chennai, tra i 100 tennisti più forti del mondo.
Non sappiamo quanto valga il ventunenne classe ’95. Difficile fare una previsione, molto facile sbagliarla. Però c’è qualche elemento di certezza che emerge dal suo gioco: una discreta fisicità, una buona attitudine alla concentrazione, senza racchette svolazzanti ed imprecazioni random, un servizio solido ma ancora da rendere letale e privo di variazioni sul tema, dritto di buona qualità, rovescio che non fa male ma può tenere un discreto ritmo, una grande capacità di colpire in top spin. Una qualità, quest’ultima, che lo rende molto adatto sia ad un cemento non troppo rapido, sia alla terra battuta, sulla quale ha conquistato ottimi risultati nel 2015, come la vittoria nel challanger di Buenos Aires (con lo scalpo di Horacio Zeballos, non esattamente un giocatore che regala troppi match), l’ottima qualificazione al Roland Garros con primo turno superato ai danni del buon Stephan Robert, in un match davvero combattuto e vinto al quinto set. Una gran partita, infine, nel match di Coppa Davis contro David Goffin, in cui è riuscito a portarsi avanti di due set prima di crollare emotivamente e fisicamente secondo copione.
Ha frequentato nel 2015 anche il circuito challanger italiano, ben figurando quasi sempre, raccogliendo diversi quarti di finale tra i quali ricordiamo quello perso a Roma Garden contro Potito Starace in un match davvero combattuto (nonostante il punteggio possa far pensare al contrario, doppio 6-4 per il campano). E poi sul duro di Binghamton una bella vittoria che ha, per l’appunto, fatto da apripista alla vittoria in Sud America, accompagnata dalla semifinale di Aptos. Non meraviglia che con questa propensione al top spin l’erba (di casa) fosse abbastanza indigesta, visti i risultati piuttosto negativi dei suoi primi test in patria, con le sconfitte da Malek Jaziri e Alex Dolgopolov.
Dove può arrivare questo giocatore, ci interrogavamo. L’obiettivo di un top 50 atp è assolutamente alla portata: la differenza non è tanta al momento se guardiamo alla velocità di palla e al peso. Ieri, a Doha, ha tenuto il campo con grande dignità contro un colpitore del calibro di Thomas Berdych, mettendo il ceco più volte in difficoltà e venendo spesso punito dalla scarsa attitudine ed esperienza a questo livello di tennis. Ma crediamo sia un gap colmabile, specie se l’atteggiamento in campo sarà quello finora dimostrato.