Quasi un anno è passato oramai da quel sabato 27 gennaio che Caroline Wozniacki difficilmente dimenticherà. Dopo 2 ore e 49 di drammatico tennis, la danese cadeva a terra, stremata tra lacrime di gioia e liberazione: il primo Grand Slam non si scorda mai. Ancor di più se, come per Wozniacki, arriva dopo due finali perse a New York (2009 e 2014) e le eccessive critiche ricevute per aver sempre fallito nei grandi appuntamenti, nonostante le 67 settimane già trascorse alla vetta del ranking mondiale tra l’ottobre del 2010 e il febbraio 2012. Su quel trionfo, che nessuno potrà toglierle e che ha commosso tutti gli appassionati, un anno dopo il cielo si è però coperto di nubi oscure, con cui Wozniacki dovrà fare conti per il resto della sua vita, tennistica e non: l’artrite reumatoide. La numero 3 del seeding dell’Australian Open 2019 ha superato agevolmente i primi due turni, e noi, in attesa dell’interessantissima sfida di domani che la metterà di fronte a Maria Sharapova, abbiamo provato ad analizzare la sua situazione, complicatasi dopo la scoperta dello scorso autunno.
L’ANNUNCIO – Alla fine del 2018, infatti, dopo la sconfitta alle Wta Finals che l’ha fatta scendere all’attuale posizione numero 3 del ranking, la 28enne danese ha annunciato di aver scoperto di soffrire di artrite reumatoide, una malattia rara, che sa di maledizione a questa età. La patologia causa problemi alle articolazioni e affaticamento più o meno progressivo nel corso degli anni. La dolorosa scoperta era arrivata prima dello Us Open, in seguito, appunto, ai problemi fisici avvertiti da Wozniacki dopo Wimbledon. “Ci sono giorni in cui non mi sento benissimo, in cui non posso chiedere troppo al mio corpo, che altrimenti peggiorerebbe”, ha dichiarato la danese in conferenza ad ottobre. Una scoperta che complica non poco la situazione della campionessa degli Australian Open, che della forza fisica, della fase difensiva e dei recuperi impossibili ha sempre fatto il suo punto di forza, rimanendo, anche negli anni meno positivi dal punto di vista dei risultati, una delle migliori atlete nell’intero circuito Wta.
IL TENNIS GIOCATO – Un anno dopo il bellissimo trionfo, Wozniacki torna a Melbourne alla ricerca di quelle sensazioni in campo che nel resto del 2018 si sono leggermente sbiadite. Soprattutto dopo l’Australian Open, la ex numero 1 del mondo ha dovuto fare i conti con un piccolo calo, di natura mentale probabilmente, dopo essersi tolta quello che era sicuramente diventato un peso per la sua carriera. Dopo la semifinale a Doha, la danese ha avuto anche problemi fisici, che l’hanno costretta al ritiro nel torneo di Istanbul. Nei restanti Grand Slam del 2018, Wozniacki non è andata mai oltre gli ottavi, persi al Roland Garros da Daria Kasatkina, collezionando anche due sconfitte al secondo turno tra Wimbledon e lo Us Open. La rivelazione della malattia cambia nettamente le carte in tavola per la due volte finalista a New York. Il fatto di non poter contare su un fisico sempre al 100%, con giornate, durante la stagione, in cui potrebbe trovarsi a dover fare i conti con dolori fisici, può avere delle ripercussioni sia nel breve che, soprattutto, nel lungo termine. Perché dall’artrite reumatoide non si guarisce mai e quindi, con il passare del tempo, il fisico potrebbe pagarne amaramente le conseguenze, e quando si parla di Caroline Wozniacki, non si può prescindere dal fisico. Perché se si va ad indebolire il suo punto di forza, la situazione si complica non poco. La lezione di Andy Murray, d’altronde, è chiara. Giocare con il dolore non porta a nulla di buono, ma solo ad accorciare la propria permanenza sui campi di gioco. [fncvideo id=123389 autoplay=false]
LA REAZIONE E IL FUTURO – Ma Wozniacki, già dalla conferenza, si è detta pronta, più matura dopo la diagnosi. Dal punto di vista mentale bisogna lavorare su due livelli: capire, nel breve termine, che il proprio corpo ha ancora 28 anni, cercando di evitare che l’ansia prenda il controllo delle proprie giornate, godendosi il presente, ma dovendo pianificare con un’attenzione ancora più minuziosa il proprio futuro. Questi due piccoli step, Wozniacki sembra già averli compiuti, almeno per ora. Dopo aver scoperto la patologia, infatti, per la danese è arrivata comunque una vittoria molto importante, di enorme peso specifico dal punto di vista morale: vincendo 12 set consecutivi in quel di Pechino, la campionessa classe 1990 ha dominato il torneo, regalandosi il 29esimo trofeo in carriera. “Bisogna imparare ad ascoltare il proprio corpo”, la reazione e la strada seguite prendono forma nelle stesse parole della ragazza di Odense. Più problematica potrebbe essere invece la situazione dal punto di vista tecnico-tattico, dove sorgono diversi interrogativi. Wozniacki, che vuole ascoltare il proprio corpo, dovrà anche salvaguardarlo. Un atteggiamento più offensivo sul campo sarebbe un ottimo punto di partenza, ma cambiare da un giorno all’altro è impossibile, soprattutto se hai costruito i tuoi successi su un qualcosa di profondamente diverso, come la corsa – che la danese adora – la resistenza ed i colpi da fondo campo. Di certo il talento non manca a Wozniacki, ma immaginarla snaturata e con grande costanza propensa verso la rete, specie con un servizio che di certo non è dominante, è davvero difficile. Di sicuro però, anche le più piccole contromisure, che Wozniacki cercherà con grandissimo orgoglio, potrebbero addentrarla in una romantica lotta contro l’artrite in nome del gioco che tanto ama.
MELBOURNE – Il presente, in ogni caso, si chiama ancora Australian Open e la Wozniacki, che ha ancora tutte le armi per difendere il titolo, è attesa da una difficilissima sfida in terzo turno contro la testa di serie nuemro 30 del torneo, Maria Sharapova. Nei primi due turni, la numero 3 del mondo ha ostentato una buona condizione, superando molto agevolmente prima Alison Van Uytvanck e poi Johanna Larsson. Sul campo che le ha regalato la più grande gioia della sua vita a livello professionale, Wozniacki riparte e si prepara a grandi sfide. Quelle sfide che si combattono anche senza punteggio, cercando di rimanere impigliata e aggrappata alla sua racchetta, come spesso, regalandole un genuino sorriso, è accaduto alla treccia bionda.
Samuele Diodato