Avete presente quell’attimo in cui passi dall’esaltazione allo sconforto in una frazione di secondo?
Quando il portiere della tua squadra para un rigore, tu esulti ma la ribattuta crea un autogol, oppure il tuo pilota preferito guadagna la testa della corsa a due curve dal traguardo, ma si stende da solo all’ultima curva prima del rettilineo?
Oppure quel momento in cui ti inquadrano in televisione ed esulti pensando: “Wow quello in televisione sono io!”, ma un minuto dopo per una congiunzione astrale ti ritrovi a pensare: “Cazzo!quello in tv sono io…”
Probabilmente è ciò che è successo 12 mesi fa alla signora bionda che esultava, come l’80% dei presenti sul centrale di Wimbledon, nel momento in cui Roger Federer metteva a segno l’ace che lo portava ad un punto dal suo nono Wimbledon e al ventunesimo titolo dello Slam, quel fatidico 8-7 40-15.
In quel momento la regia trovava tra il pubblico una signora bionda, che esultava con il dito indice alzato, dal labiale si poteva leggere chiaramente il richiamo ad un ultimo punto, un ultimo sforzo per il campione elvetico “One More”, ancora uno, ancora un punto per un altro capitolo della storia leggendaria di questo sport e di Roger Federer.
Uno. Un altro ancora. One More.
Sappiamo tutti invece come è andata, dal momento che tanti tifosi dello svizzero ancora non sono usciti da quel pomeriggio e ne portano ancora oggi i drammatici segni interiori, non indugeremo sul risultato sportivo, ma sulla signora bionda che è diventata il simbolo di un epocale “Sliding Doors”.
Non sappiamo nulla di quella signora, sappiamo solo che da quel pomeriggio è diventata uno dei meme tennistici più utilizzati negli ultimi 12 mesi, la chiameremo Blondie per comodità.
Blondie sarà tornata a casa quel pomeriggio, nella casa di Londra, con la morte sportiva nel cuore, probabilmente ignara di esser diventata il simbolo della sconfitta più dolorosa della storia del suo preferito; magari la finale di Wimbledon era il coronamento di un sogno, un regalo che si era fatta dopo tanti sacrifici, il sogno di veder il suo campione preferito ad un attimo dal trionfo sgretolarsi davanti ai suoi occhi.
Chissà come è stata la sua vita dopo quel 14 luglio, probabilmente nei mesi successivi avrà avuto difficoltà nel quotidiano a ripetere quelle due parole, magari quando in pasticceria le chiedevano:”One More cookie?” un brivido le correva lungo la schiena e fissava pietrificata il banco dei dolci.
Gli inglesi hanno un loro naturale aplomb, probabilmente la sua vita sarà continuata senza nessun particolare scossone, senza appassionati che le chiedevano selfie, ma chissà in cuor suo quali sensazioni provava e prova quando girovagando in rete si rivede esultare all’ace di Federer.
Blondie in un attimo è diventata il simbolo per due tifoserie, per quella di Djokovic che la usano in qualsiasi battaglia sui social con le fazioni concorrenti, per i tifosi di Federer che sanguinano ogni volta che vedono quel frame.
Chissà se si è mai chiesta:“Perchè non sono stata seduta…?”
E’ passato un anno da quel 14 luglio, chissà se Blondie quest’anno avrebbe varcato i cancelli del torneo più famoso del mondo.
Un anno in cui purtroppo non si è giocato nemmeno un incontro all’ All England Lawn Club, dovremo aspettare un altro anno per poter rivedere i nostri beniamini darsi battaglia sui prati londinesi.
Un altro anno.
One More.