Flavia Pennetta, dall’ingresso tra le professioniste a quello tra le top ten

Flavia Pennetta, esempio dentro e fuori il campo, oggi compie 35 anni. Ripercorriamo la sua splendida carriera, dagli inizi del professionismo fino al primo ingresso tra le grandi

Flavia Pennetta diventa professionista il 25 febbraio del 2000, giorno del suo diciottesimo compleanno. Questo sarà anche l’anno della sua prima, importante, svolta professionale.

In quei mesi decide di lasciare il centro federale di Roma, dove si allena dall’età di 14 anni e dove non si trova più in sintonia con lo staff tecnico che la circonda. Flavia si sente soffocata da chi vuole per lei una vita dedita solo al tennis, chiedendole di lasciare da parte relazioni e sentimenti. Filosofia che contrasta con i suoi desideri. La Pennetta ragazzina, ribelle e poco amante delle regole, rompe così con l’ambiente romano e si trasferisce a Milano in una casa tutta sua, in cerca di una propria indipendenza. Nel capoluogo lombardo sposerà la guida tecnica di Barbara Rossi, l’allenatrice che ne guiderà i primi passi nel circuito professionistico. L’inizio però non è dei più semplici: Flavia va alla grande negli ITF ma fatica a superare le qualificazioni dei tornei WTA.

Durante gli allenamenti milanesi poi, complice forse un’intossicazione alimentare, si ammalerà di tifo, la malattia la terrà 40 giorni in isolamento e ferma per quasi un anno. Durante la convalescenza rifletterà a lungo sul suo futuro fino a stipulare un patto con se stessa: si dedicherà anima e corpo al tennis per un anno ma se i risultati non arriveranno abbandonerà la sua ambizione di diventare una campionessa. Un’inclinazione questa che accompagnerà tutta la sua carriera: a Flavia piace essere protagonista, tennista da palcoscenici importanti e mai comprimaria. Per questo nell’ estate del 2013 confessò pubblicamente di pensare al ritiro se il fisico non le avesse più permesso di lottare per i traguardi che contano: “non mi interessa essere n. 150 del mondo“.

Superata la brutta esperienza del tifo torna sui campi da tennis e si infila tra le prime 100 giocatrici del ranking mondiale. Ci resterà fino al marzo del 2013, quando un infortunio al polso la spingerà nell’abisso della classifica WTA. Entrare tra i primi cento è il primo step per un tennista professionista, ciò che ti rende “palpabile” come futuro campione. E lo è anche per Flavia che comincia a farsi notare dagli appassionati italiani, desiderosi di una promessa che possa riportare un po’ di interesse in uno sport dove nel maschile si fatica a trovare un degno portabandiera. Il nostro tennista più promettente in quel periodo è Filippo Volandri, che sulla terra rossa si muove come fosse un veterano, inoltre è carino e tremendamente mediatico.

Flavia dal canto suo vive un po’ nell’ombra del maschilismo che vige nell’Italia sportiva, sempre meno attenta ai successi femminili ma lei è vezzosa e simpatica ed ha una forte personalità, difficile che passi inosservata. Se ne accorgono di fatti gli addetti stampa, Gianni Clerici la ribatezza “piccola Penna” e qualche volta la chiama così ancora adesso. La permanenza nel dorato mondo dei cento le ragalerà nel 2003 anche la prima convocazione nella nazionale di Fed Cup, la Davis femminile, della quale Flavia diventerà in futuro una leader indiscussa.

Ma è nel 2004 che il nome di Flavia Pennetta cominicia ad echeggiare sempre di più negli articoli che trattano di tennis. Nell’estate di quell’anno vincerà a Sopot il suo primo WTA, la prima finale invece la giocherà in febbraio, ad Acapulco, torneo dove Flavia vanta altre sei finali e due titoli. “Questo posto deve avere qualcosa di magico”, disse un giorno parlando del torneo messicano, ambientato in una location da sogno. Ma non è solo il tennis che lega Flavia all’incantevole città sul porto di Guerrero. E’ li che si innamora del collega spagnolo Carlos Moya, ex n.1 del mondo, vincitore del Roland Garros e playboy a tempo perso. Una storia quella con il campione iberico che Flavia vivrà sempre lontano dai riflettori e che racconterà in seguito solo all’interno della sua autobiografia. L’attenzione mediatica sul gossip Pennetta-Moya scoppierà più tardi, agli Internazionali d’Italia, e sarà forte.

Flavia nel frattempo sta imparando a muoversi tra autografi, strette di mano e pagine dei tabloid e alle domande sulla love story con Moya glissa senza troppi giri di parole : “che importa raccontare come e dove ci siamo messi insieme…” . La curiosità sul suo privato la sorprende, la infastidisce che si parli di lei per faccende fuori dal campo. Questo la stimola a dare il meglio di sè, tanto da battere al primo turno la n.6 del mondo Nadia Petrova, la prima di tante top ten che in carriera capitoleranno sotto i suoi colpi. In futuro il gossip la colpirà diverse volte, senza mai travolgerla. Flavia manterrà sul suo privato sempre un profilo basso. Nel 2005 vincerà altri due titoli WTA, Bogotà ed Acapulco, e nel 2006 contribuirà alla conquista della prima storica Fed Cup italiana. Nella semifinale contro la Spagna ci regala il punto decisivo, in quello che per lei (che tiene a definirsi sempre italianissima), è un derby del cuore. La storia con Moya infatti è solida e presente e Flavia da due anni vive a Palma di Mallorca, per allenarsi a Barcellona. Lo spagnolo oramai è una seconda lingua, e tutt’ora Flavia tradisce spesso una cadenza catalana nella sua parlata.

Ma non sono solo le questioni di cuore ad allontanarla dall’Italia, ci sono anche e soprattutto quelle sportive, dettate dalla voglia di trovare una scuola che le faccia fare il salto di qualità (“20% per amore, 80% per il tennis” dirà Flavia un giorno parlando delle motivazioni legate al suo espatrio in Spagna). Così “divorzia” da Barbara Rossi e si affida alle “cure” di Gabriel Urpi, ex pro, amico di Moya. Per Flavia si rivelerà una scelta azzeccatissima: è in terra iberica che la Pennetta diventerà la giocatrice che tutti conosciamo. Urpi capisce i limiti del gioco dell’azzurra: troppo piatto, troppo pulito e prevedibile e le insegna a sporcare i colpi, a giocare alla pari con le top ten, a batterle e non più a metterle solo in difficoltà. Una svolta che porterà in seguito Flavia stessa tra le prime dieci giocatrici del mondo.

Alla vigilia della finale di Fed Cup in Belgio è tormentata da un’infiammazione al tendine del polso sinistro. Per amore della maglia azzurra salterà gli Us Open e si sottoporrà a cure mirate in vista della finalissima, che giocherà sotto gli effetti di un’infiltrazione. Nel primo ed unico singolare che la vedrà protagonista, sfiorerà la vittoria contro Justin Henin ma la butterà via, dimostrandosi ancora caratterialmente acerba per portare a casa scalpi importanti. L’operazione al polso però è solo rimandata. A fine stagione si sottopone all’intervento e il 2007 sarà l’anno più buio della sua carriera, ma anche quello che la cambierà come donna e come atleta. Vinta la Fed Cup da n.16 del mondo, scivola oltre la novantesima posizione: per un tennista stare fermo è come portare una croce, la convalescenza ti fa perdere il ritmo partita, la confidenza con il tuo gioco, con le avversarie. Flavia prova tutto questo sulla sua pelle. Una serie incredibile di sconfitte al primo turno ne mettono a dura prova nervi e pazienza e dopo il Roland Garros le prende uno scoramento talmente forte da falle pensare di mollare tutto.

Ma i guai non sono finiti, ai problemi sportivi si aggiungono quelli sentimentali. In estate Flavia scopre il tradimento del fidanzato Carlos Moya, capitolato tra le braccia di una prorompente e biondissima starlette della tv iberica, con tanto di paparazzata a dimostrare l’infedeltà del mallorchino. Il colpo è troppo duro. Flavia perde chili, sicurezza in se stessa e voglia di giocare. Vede la sua vita privata sbattuta su i giornali, deve difendersi dalla curiosità dei media, dalla corte dei rotocalchi spagnoli che le offrono l’opportunità di una vendetta mediatica. Ma lei preferisce non farne parola, gelosa del suo privato: non è Flavia una diva da copertina.

Di quella storia, che tanto sembra averla fatta soffrire, ne parlerà solo qualche anno dopo, incalzata dalle domande di qualche giornalista: “sono finita sotto un treno” dirà descrivendo la sua pena d’amore. Nel 2009 quando si arrampicherà ai vertici delle classifiche mondiali, ironizzerà sul tradimento dell’ex fidanzato “un giorno mi toccherà pure ringraziarlo...”. Quell’esperienza, dice lei, l’ha cambiata: si è scoperta più forte, più grintosa, più cosciente e più ambiziosa. Se il bel Carlos non avesse fatto saltare i loro progetti di vita insieme, probabilmente Flavia avrebbe appeso anzitempo la racchetta al chiodo, pronta a diventare moglie e madre e adesso staremmo raccontando un’altra storia.

Dopo l’ingresso in top ten, che ne inflazionerà la notorietà, intorno alla sua vita sentimentale comincerà ad alzarsi una strana curiosità, alimentata forse dall’assenza di una relazione ufficiale dopo la fine della love story con lo spagnolo. Flavia però si cela da sempre dietro la sua privacy, restia a parlare delle sue relazioni: “non ho mai dato spago sulla mia vita privata“, rispose tempo fa ad un giornalista troppo curioso. Spesso ha scherzato a proposito dei fidanzati, mai esistiti assicura, che la cronaca di tanto in tanto le ha affibbiato. A qualche discreto e graduale outing sembra essersi arresa solo ultimamente, come quello che la vede accanto al n.1 del tennis azzurro Fabio Fognini, sposato lo scorso giugno e che in primavera renderà papà. Gli addetti ai lavori della cronaca rosa dicono che sia terribilmente abile a seminare paparazzi e copertine patinate, a far parlare di lei come e quando vuole, quasi quanto nel piazzare in campo il suo micidiale rovescio lungolinea.

Nei mesi susseguenti alla rottura con Moya però, nemmeno quello che è il suo colpo migliore più le riesce. L’orgoglio di reagire alle ferite del cuore per fortuna non l’abbandona e il primo sentore della rinascita di Flavia lo si intravede a New York, quando, dopo tante sconfitte, supera il primo turno degli Us Open, ricominciando a provare sensazioni che non sentiva da tempo. Da allora il torneo newyorkese diventerà il “suo Slam”: li firmerà le imprese più epiche, incapperà nelle sconfitte più dolorose, rinascerà dopo ogni infortunio, tornerà tra le grandi dopo qualche capitombolo e ne diventerà regina. Il colpo di coda ad una stagione fino ad allora rivelatasi disastrosa, si consuma a Bangkok, torneo sul cemento, dove Flavia sconfigge in semifinale Venus Williams. La cronaca del match contro la leggenda americana è quasi da guerriglia. Un peso piuma, contro un peso massimo.Venus la sovrasta in tutto: muscoli, altezza, esperienza e tecnica. Flavia appare smagrita, causa le pene d’amore, ma è una donna cambiata: ora è cosciente della sua forza, di quello che può fare.

L’impresa contro Venus non rimarrà isolata, la batterà altre quattro volte su otto confronti e superare le più forti al mondo per lei diventerà una piacevole abitudine. La Pennetta resta tutt’ora l’italiana che ha sconfitto più top ten in carriera, i suoi picchi contro le top players non sono ancora stati eguagliati dalle colleghe. In carriera è scivolata diverse volte nei match da favorita, ma contro le avversarie più quotate (Sharapova, Mauresmo, Radwanska, Li Na, Stosur, solo per fare alcuni nomi) ha sempre avuto il braccio particolarmente caldo. La vittoria thailandese la riporterà a ridosso delle 40 del mondo e sancirà per Flavia il lasciapassare verso il tennis che conta. Da allora la tennista pugliese inizierà a scrivere la storia di questo sport, una storia azzurra condivisa con le amiche dei primi tornei regionali, Francesca Schiavone e Roberta Vinci, e con Sara Errani, la più giovane del quartetto d’oro di Fed Cup.

Nel 2008 risale la china e punta la top ten. Accanto a lei c’è sempre Gabriel Urpi (diventato oramai un grande amico), anche dopo la separazione da Moya Flavia continua ad allenarsi in Spagna, trasferendosi a Barcellona. Diventa n.1 d’Italia, superando di parecchio Francesca Schiavone, nell’anno in cui scoppia di fatti la rivalità con la milanese. Francesca due anni prima aveva sfiorato l’olimpo del tennis, issandosi fino alla posizione n.11 del ranking mondiale. L’ingresso in top ten di un’ italiana è il traguardo che il tennis italico aspetta da tempo, soprattutto per colmare la lacuna di un movimento maschile avaro di risultati e Flavia e Francesca sembrano le predistinate a firmare l’impresa. Flavia comincia a diventare anche un volto piuttosto noto: in un sondaggio risulterà essere la sportiva più amata dietro ad Alessandro Del Piero. In finire di stagione, ad un anno dalla vittoria contro Venus Williams, è la n.12 del mondo e vede la concreta possibilità di prenotare un posto al Master di Doha, dove accedono le migliori giocatrici dell’anno.

Sarebbe un traguardo storico: nessuna italiana è mai riuscita nell’impresa da quando il torneo è stato ridotto a solo otto partecipanti. Inoltre l’accesso al tabellone di Doha le garantirebbe quasi certamente un posto tra le top ten. Per realizzare questo sogno Flavia però deve tentare un ultimo torneo a Quebec, in Canada, e fare risultato ma mentre si trova sul treno che la porterà all’areoporto, una telefonata, dolorosa ed inattesa, la sconvolge. L’amico e collega Federico Luzzi è entrato in coma e di li a poco una leucemia fulminante se lo porterà via a soli 28 anni. Flavia non ci pensa più di tanto, rinuncia alla gloria dei risultati e vola ad Arezzo per dare l’ultimo saluto a Federico.

Meno di un anno dopo trionferà al premier di Los Angeles, in quel momento il torneo più importante della sua carriera e il più prestigioso mai vinto da un’italiana. La vittoria la dedicherà proprio allo sfortunato amico. Il tabellone del torneo americano è degno di uno Slam e vede partecipare otto tra le prime quindici giocatrici del mondo. Flavia batte Zvonareva, Sharapova ed in finale Samantha Stosur, confermandosi tra le migliori racchette italiane sulle superfici rapide. Il 14 agosto del 2009 a Cincinnati, superando Daniela Hantuchova, e prima ancora battendo di nuovo Venus Williams, diventa la prima italiana ad entrare tra le prime 10 giocatrici del mondo.

Flavia Pennetta si consacrerà così come la “recordgirls” del tennis italiano e riporterà lo sport in racchetta sulle prime pagine dei giornali. I media tornano improvvisamente ad occuparsi di tennis, Flavia è il personaggio perfetto: carina, semplice, simpatica, sfacciata, con il tenero desiderio di diventare mamma. In un mondo, quello del tennis, fatto sempre più di starlette e vipperie da rotocalco, la normalità di Flavia è una piacevole eccezione che balza all’attenzione del pubblico, non solo tennistico.

Il 2009 per lei sarà rovente: se la litigheranno settimanali, quotidiani sportivi, passerelle d’alta moda e programmi tv. Dimostrerà di trovarsi a suo agio in palcoscenici diversi da quelli che è abituata a calcare, e non mancherà di apparire divertita ed orgogliosa di essere una rappresentante tanto corteggiata dello sport italiano. In questi anni Flavia però ha saputo non perdersi mai nei meandri di appuntamenti extrasportivi, la vita mondana non le si addice più di tanto ed alle serate glamour preferisce il relax in famiglia nella sua amata Brindisi.

Qualche distrazione di troppo le costò forse una permanenza più lunga nell’olimpo del tennis ma il 2009 si confermerà il suo anno magico. Agli Us Open bisserà i quarti raggiunti nel 2008 e lo farà grazie alla storica vittoria contro Vera Zvonareva, dove annullerà alla russa ben sei match point, in una sfida da libri di storia. A novembre vincerà da protagonista la sua seconda Fed Cup. Firmerà due dei tre punti, tra i quali quello decisivo, che a Reggio Calabria affonderanno gli Usa. Ai microfoni a fine partita dichiarerà con grande umiltà : “in Fed Cup, si vince sempre in gruppo”, prima di festeggiare con le compagne.

L’ingresso di Flavia tra le prime dieci del mondo farà da apripista al movimento femminile italiano e trascinerà le altre azzurre alla conquista di imprese importanti, prima fra tutte la vittoria del Roland Garros da parte di Francesca Schiavone. Non solo, Flavia apparirà esempio dentro e fuori il campo: disponibile con i tifosi, clemente con i giornalisti, mai polemica e sempre discreta.

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