Ed eccoci all’atto conclusivo più sperato, la finale tutta italiana, con un filo di preoccupazione per le condizioni fisiche di Jannik, uscito molto provato dalla maratona con Khachanov. Timori confermati dal linguaggio del corpo del ragazzo di San Candido, che aggiunge alle solite movenze dinoccolate un’aria di perenne affanno. Ma il più navigato dei teenager si arrangia con quello che ha, mette una pezza sul break subito nel terzo game e prolunga la partita fino alla solita zona tiebreak, che Travaglia è bravo a conquistarsi con un game fiume sul 6-5.
Jannik è sulle ginocchia, ma trova il minibreak con un passante di dritto incrociato da prestigiatore. Si gira sul 4-2 Sinner, poi Travaglia regala un doppio fallo suicida. Jannik non se lo fa ripetere e si porta sul 6-2. Fallisce i primi due bersagli, poi è il nastro a portare fuori il rovescio di Stefano e a consegnargli il sospirato punto. 7-6 pieno di rimpianti per Travaglia che non ha saputo approfittare della situazione, come a volte capita quando ci si rende conto che l’avversario non è al meglio. D’altra parte lo dicono tutti che questo è uno sport diabolico.
Adesso è il tennista marchigiano ad accusare il colpo; va sotto 15/40, annulla la prima con una deliziosa palla corta ma poi si fa strappare il servizio. Le fatiche di questa settimana sembrano emergere anche per lui che però con grande cuore riesce a portarsi a palla break per due volte e infine ad agguantare l’1-1. Terzo gioco, terzo break, in una sequela di errori non forzati su entrambi i fronti. Jannik non mette una prima e va sotto 0/40, poi si ritrova e sale ai vantaggi, dove afferra il 3-1 per questione di centimetri. Nemmeno il game numero cinque si sottrae alla legge dei vantaggi, ma Stefano riesca a tenere il servizio con un bel rovescio in salto in avanzamento: 3-2 e finalmente ci si siede. Dopo la mini sosta Travaglia azzanna il break e poi si porta 4-3.
Soffertissimo (ormai non è più una notizia) anche l’ottavo game in cui Sinner si salva e impatta. Il seguente sembra un gioco facile per Travaglia, ma Jannik risale dal 40/15 e tira fuori dalla spazzatura un break inatteso. Dopo la pausa andrà a servire per il match. La smorfia si trasforma in un ghigno e un rovescio di Travaglia fuori di niente regala tre match point. È finita: secondo titolo con il sollievo che forse prevale sulla gioia. Grande torneo per entrambi, che hanno mostrato un notevole carattere oltre al gioco.
Che dire di Jannik? Decima vittoria consecutiva, fa suoi gli ultimi sei tiebreak giocati, tira fuori con continuità l’impressionante cattiveria agonistica che prima mostrava (giustamente) solo a intermittenza, migliora a vista d’occhio nei suoi punti deboli. E mette quasi paura proprio il fatto che questi ultimi ancora esistano, perché nel suo caso ogni limite è un margine di crescita. La seconda di servizio non è abbastanza cattiva, la prima è poco affidabile, il dritto a volte va fuori giri, la mano a rete si può affinare… sì, va bene, ma dove vogliamo arrivare? La top ten è piena di giocatori così difettosi. I veri punti interrogativi riguardano la tenuta fisico-atletica; sappiamo che sta lavorando tantissimo su questo versante, ma l’abbiamo visto boccheggiare in modo preoccupante, sorretto dalla racchetta a mo’ di stampella in stile Monfils dopo gli scambi lunghi. L’impressione è che l’esordio con Shapovalov sarà una prova del fuoco ma adesso per un momento (molto breve) lasciamolo tranquillo a godersi il successo. Dicono che ripetersi sia l’impresa più difficile e lui puntualmente ci è riuscito.