Correva il maggio del 1993, ero al bar dei miei genitori, quando arrivano due amici tutti bardati da big match.
“Alex, guarda la tv dopo che magari ci vedi, andiamo a veder la Virtus”.
All’epoca la mia conoscenza della pallacanestro era confinata alla pubblicità dei succhi Billy con Meneghin e McAdoo, non sapevo nulla della Virtus Bologna, così spinto dalla curiosità guardai il primo appuntamento della finale scudetto di serie A.
L’avversaria della Virtus è Benetton Treviso, una delle potenze del panorama italiano di quell’epoca;il basket al primo impatto mi piace, non ci sono pause, è avvincente, non conosco le regole, ma a catturare maggiormente la mia attenzione è il giocatore con la canotta numero 5 che gioca nelle file bolognesi.
Si chiama Predrag “Sasha” Danilovic, è un talento serbo, giovanissimo, ed ha già vinto tutto quello che c’era da vincere con la sua squadra precedente, ma ha il fuoco negli occhi, uno di quelli che non ci sta a perdere nemmeno in allenamento, un trascinatore vero.
Con Bologna sotto si accende e porta la sua squadra a vincere agevolmente, è scattata la scintilla, finita la partita prendo un pallone di scarsa qualità vinto ad un carnevale e vado al campetto a giocare, Sasha mi ha fatto innamorare della pallacanestro.
Danilovic scriverà pagine indelebili del basket virtussino, dopo aver regalato 3 scudetti a Bologna partirà per l’Nba, tornerà qualche anno dopo per rivincere di nuovo tutto e mettere a “referto” quello che a Bologna è considerato come il tiro per eccellenza.
Vi starete chiedendo cosa c’entra tutto ciò con il tennis, bè ecco, mio padre ha sempre giocato, l’ho sempre seguito distaccatamente, ma nel 2011 comincio ad interessarmici di più, sento parlare di Federer, Nadal e di questo Novak Djokovic fino a che nel 2012 vedo la finale degli Australian Open.
La battaglia è epica, non riesco a staccarmi dallo schermo, i due sembrano due gladiatori, è uno scontro tra titani.
Negli occhi di Djokovic rivedo quelli di Sasha, gli stessi con quel fuoco dentro,l’esultanza con l’urlo a sottolineare un punto importante,quella maglia strappata alla fine del match, è scattata un’altra scintilla, un’altro serbo mi ha colpito.
Inizio a seguire costantemente il tennis e Nole diventa il mio preferito, non avrà la classe di Federer, ma non molla mai ed è una qualità che mi colpisce più della classe innata.
Gli ultimi anni li conosciamo tutti, Djokovic vince tanto, fino a Parigi di quest’anno, il tanto agognato Roland Garros dovrebbe finalmente toglierli l’angoscia dell’unico titolo che gli manca ed invece ha l’effetto diametralmente opposto.
A Wimbledon è scarico, e da lì in poi è un susseguirsi di brutte prestazioni, pettegolezzi e sconfitte cocenti, la testa è altrove e il suo punto di forza, i suoi nervi, son diventati il suo punto debole.
Ecco, tutto questo preambolo è per dirti caro Nole che mi manchi,mi manca la tua presenza sul campo, mi manca quello sguardo da “assassino” quando stai per sferrare il colpo decisivo al match.
Mi manca quel senso di impotenza negli occhi del tuo avversario quando dopo aver rispedito al mittente 3 colpi impossibili per chiunque, vinci il punto con un rovescio lungolinea che “pulisce” la riga.
Non è solo un fatto di vittorie, non son un fissato di statistiche, non mi interessa se batterei i record di Federer, cosa che invece sembra di vitale importanza per i suoi tifosi, ma mi fa male vedere quello sguardo assente in un match, quel fuoco che sembra essersi spento d’un colpo, senza lasciare traccia di una brace ancora attiva.
Un grande allenatore un giorno disse al suo assistito:”Non hai più avuto fame da quando hai vinto quella cintura”; era Mickey, l’allenatore di Rocky quando al pugile si presentava davanti la sfida di Clubber Lang in Rocky 3.
Non so se sia quello o se ti sia semplicemente stufato di giocare, nella vita le priorità cambiano, anche Borg si ritirò molto prima del preventivato, ma se hai ancora intenzione di giocare ti prego cerca di riaccendere quel fuoco che ho visto nei tuoi occhi quel mattino di gennaio, gli stessi che vidi nel tuo connazionale quel giorno di maggio di tanti anni fa.
Vi accomunano tante cose oltre la nazionalità, la dedizione al lavoro e uno spirito competitivo fuori dal comune;Danilovic finito l’allenamento tirava 100 tiri liberi, nel momento in cui era più stanco, per prepararsi se avesse dovuto tirarli alla fine di un match punto a punto, so che anche tu sei un perfezionista e che hai lavorato tantissimo per arrivare dove sei.
Spero che con le persone a te care sarai in grado di ritrovare quel furore agonistico che mi ha fatto appassionare al tuo gioco, lo stesso amore sportivo che caratterizza ogni componente della #Nolefam, che non si aspetta che tu vinca 18 slam, se lo augura, ma a cui andrai bene comunque perché abbiamo visto qualcosa che va oltre i numeri e i titoli vinti.
Per favore Nole cerca di riaccendere quel fuoco e ritrovare quella rabbia agonistica che ti caratterizza, ci mancano i tuoi urli e ci mancano quegli occhi, gli stessi di Rocky, gli occhi della tigre.