Il trionfo di Sofia Kenin agli Australian Open è stato inaspettato. Nonostante la statunitense fosse accreditata della quattordicesima testa di serie, nessuno o quasi avrebbe mai potuto ipotizzare un suo trionfo. Come si suol dire però non è tutto oro ciò che luccica perciò se da un lato ha coronato un sogno, entrando a far parte della ristretta cerchia delle campionesse slam, dall’altro dovrà fare i conti con tutte le pressioni e le difficoltà che ciò comporta. Per intenderci, il rovescio della medaglia. Purtroppo per la 21enne nativa di Mosca la sua stagione post Australian Open non è partita nel migliore dei modi. All’esordio nel Wta di Dubai, infatti, Sofia ha ceduto in rimonta a Elena Rybakina, collezionando la seconda sconfitta consecutiva dopo quella contro Ostapenko in Fed Cup.
Curiosamente, proprio la lettone è accomunata con la Kenin, o quantomeno rischia di esserlo. Ostapenko vinse il Roland Garros nel 2017 lasciando tutti a bocca aperta, ma non riuscì a confermarsi ed invece di un trampolino di lancio, quella vittoria fu solamente una piccola digressione all’interno di una carriera normale. L’impressione però è che la Ostapenko sia tornata alla sua dimensione, allontanandosi dalle posizioni di vertice semplicemente perché non aveva la costanza e la regolarità necessaria. Al di là delle pressioni relative alla vittoria slam, che avranno comunque giocato un ruolo più o meno importante all’interno del suo percorso, Jelena ha confermato la sua pericolosità nel singolo torneo, se inanella le due settimane giuste, ma non un rendimento sufficiente da permetterle di stabilirsi tra le migliori.
Diverso il caso di Sloane Stephens, che dopo l’exploit di Flushing Meadows è calata nettamente, ma soprattutto di Naomi Osaka, la quale dopo aver vinto due slam consecutivi – dato particolarmente rilevante a livello Wta – si è separata dal coach Sascha Bajin ed ha rallentato notevolmente. Probabilmente la giapponese è l’esempio più lampante di come non gestire una vittoria così importante. Ovviamente la Osaka è ancora giovane perciò la sua carriera è tutt’altro che compromessa. C’è da dire però che questo exploit inatteso, unito ad una fragilità che caratterizza la 22enne nipponica, probabilmente non le ha fatto troppo bene. Basti pensare che una giocatrice del suo livello è appena numero dieci del mondo.
Indubbiamente parlare di crisi per Kenin sarebbe sbagliato oltre che troppo presto. La statunitense dovrà essere brava a gestire la pressione – non sarà assolutamente facile – ed a non farsi sopraffare da tutto ciò che la circonderà nei prossimi mesi. Nel frattempo, in attesa di un banco di prova interessante come i due Premier americani di Indian Wells e Miami, Sofia si gode il best ranking di numero 5.